Con Roman fuori dai giochi per un po’, la Bloodline si riorganizza e fa pulizie nel suo organico. Lo scorso episodio di Smackdown ha visto la stable a ranghi ridotti, senza il suo leader Roman Reigns, che per la prima volta si è palesata davanti ai fan col capo cosparso di cenere dopo le cocenti sconfitte patite a Wrestlemania XL. In particolare, oltre a quella del Capotribù nel Main Event (parzialmente giustificata da Heyman), la sconfitta di Jimmy Uso nello scontro fratricida è parsa il motivo della loro presenza sul ring. E poiché nel Mondo della Bloodline la vittoria e la sconfitta contano, Jimmy si è reso colpevole di un’onta da lavare il prima possibile, anche col sangue. Il suo. Così Solo, che in questa puntata sembra aver assunto il ruolo di Capotribù, decide di estromettere dal gruppo il fratello grazie all’aiuto di un nuovo membro della stable, Tama Tonga, figlio del leggendario Haku nonché cugino degli Anoa’i. Il segmento termina con la “nuova” versione della Bloodline tornare negli spogliatoi, e con un Jimmy Uso esangue nel ring.

L’idea che Solo Sikoa possa, in assenza di Roman, essere il nuovo leader pro tempore della famiglia è accattivante. Ha ereditato il meglio della classe samoana sul ring e gode di una aura di temibilità che lo profila come  un avversario ostico per chiunque. In questo Heyman ha il solito compito di colmarne le lacune verbali, presentandolo come degno erede al trono e, al contempo, cercando di ridurre la nostalgia per il vero Tribal Chief. A far bene si potrebbe anche proporre, sulla scia della rivalità tra Cody e la Bloodline, una resa dei conti tra Solo e Rhodes per il titolo massimo. Per ciò che concerne Tama Tonga invece, ammetto di aver visto qualcosa qui e lì su di lui, ma non ho ben chiaro quali siano i suoi pregi e i suoi difetti. Sarà difficile che possa diventare il nuovo volto della Compagnia, avendo debuttato in WWE a quarant’anni. Questo non gli priva comunque di raggiungere discreti traguardi futuri. L’idea di “svecchiare” la storia della Bloodline è a mio avviso giusta, perché ritengo che si può ancora capitalizzare da questa in futuro, e rinverdirla con nuovi innesti permette di mantenerla ancora interessante agli occhi dei fan. Squadra che vince non necessariamente deve restare invariata.

La storyline che ha visto protagonista la famiglia degli Anoa’i è senza dubbio la più azzeccata degli ultimi 20 anni. Ce lo dicono i sold out delle arene e non solo. Ce lo dimostra la vendita del suo merchandising e anche il nostro spirito critico da fan della disciplina. Forse trova l’eguale solo nella NWO, per qualità e per “presa” sui fan. All’epoca la stable di Hogan aveva introiettato il concetto di “realismo narrativo” alla perfezione. Un gruppo di maniscalchi che cercava di prendere il potere (e i soldi) della federazione più importante in America, di proprietà di un magnate della finanza, facendosi strada a suon di prepotenze ed aggressioni ai danni dell’intero organigramma della Compagnia (quella ai danni di Rey scaraventato contro il bus da Kevin Nash è, come sostenuto a più riprese da Eric Bischoff, L’antesignano di un realismo scenico extra-ring che verrà adottato a più riprese in seguito). La Bloodline non fa alcuna differenza, attingendo al “sangue” familiare (un evergreen del realismo scenico) per cementare un sodalizio più forte del business stesso. Spero però che l’epilogo arrivi nel modo giusto e al momento giusto, e che non si ricicli questa storia come la WCW fece con la sua NWO. C’è chi immagina una resa dei conti tra due fazioni della Bloodline in futuro (capitanate una da The Rock e l’altra da Roman); Spero che si riveli il capitolo conclusivo di questo libro, e che non decidano di tirare per le lunghe una storia che ha già dimostrato di essere stata egregia. Inoltre mi farebbe piacere vedere questa nuova versione del gruppo ampliata, con nuovi innesti familiari come Jacob Fatu, Sefa Fatu (terzogenito di Rikishi) e Zilla Fatu (figlio di Umaga). Entrambi diretti discendenti di una famiglia che si è dimostrata la più importante e produttiva fucina di talenti del wrestling. Chi lo avrebbe mai detto che la mancanza in casa degli Anoa’i del televisore avrebbe consentito loro di diventarne protagonisti assoluti qualche decennio dopo.