Ormai ci siamo. Una settimana e le luci si accenderanno, oltre quattro ore di diretta per un compleanno da leoni. Con una card buona, non eccezionale, ma in linea con l'attuale WWE.
Io questa Wrestlemania 30 l'aspetto. Non sono così pessimista, e all'ultimo hanno risollevato situazioni un po' insensate. Il match tra Bryan e HHH è quello che risolve le sorti di un main event partito male, figlio della mente ottusa di una dirigenza poco al passo coi tempi mentali dei suoi fans. Fans che sono soliti, come già scritto qualche settimana fa, aggiornarsi su ciò che accade nel mondo, internet è uno strumento troppo ghiotto per non essere sfruttato. Non bisogna perciò stupirsi davanti ad un pubblico che va da una parte diversa rispetto allo show.
Non siamo più negli anni '80. Quando Jake The Snake Roberts divenne più apprezzato di Hulk Hogan, la WWF decise di stoppare ogni push. Negli house show Roberts veniva tifato pur essendo un heel e una vittima di passaggio del paffuto in giallo. Lo stesso accadde a Ted Di Biase, mai premiato come meritava. Oggi internet rende i fans più aperti, e la tv ingigantisce le loro volontà. Inutile editare i cori o abbassare il volume dell'arena. Che succede se fosse il pubblico ad abbassare il suo volume, a stare muto durante i match? Era il pericolo che stavano per correre col main event di quest'anno.
Un main event salvato, dicevo. Ma a questo punto vorrei spendere una parola sui part-timer. Basta. Basta davvero. Bello rivedere The Rock, buono rivedere Batista, ma basta vederli nel main event. Il revival è bello se è vario. Se Chris Jericho presenta un nuovo modo di abbigliarsi e di far wrestling, se entra in perfetta sintonia col nuovo che avanza. Qua abbiamo un quarantenne che entra con pantaloni attillati e spesso li strappa, che continua a vivere di rendita di una sola stagione (2005/2006) e che ha stufato un minuto dopo che lo hai sentito parlare. Il Batista che abbiamo oggi è quello che avevamo lasciato, senza versare alcuna lacrima. E' quello che non è riuscito sfondare nelle MMA e che l'unico modo che aveva era appellarsi all'amico Levesque, che aiuta tutti, anche quelli che non trovano spazio da nessun altra parte (leggasi Kevin Nash, New Age Outlaws).
Il revival è bello se è vario, diverso. Se propone cose nuove. Oggi Batista ha fallito, quanto non ha esaltato The Rock. Oggi il pubblico vuole altro, vuole altre emozioni, altri uomini. Vuole che ci si prenda un rischio, e magari la WWE avesse tenuto fede al main event iniziale: Bray Wyatt vs John Cena. Un rischio, davvero. Relegando il match per il titolo a metà card, come accadde nel 1992, quando Hulk Hogan si prese il match finale in una insensata sfida con Sid Justice. Lì non aveva alcun senso, a parte il ritorno di Ultimate Warror, visto che Flair aveva appena vinto una splendida Rumble e Randy Savage era negli anni migliori della sua carriera. Oggi sarebbe vero l'inverso, sarebbe vero un po' di adrenalina, di suspance. Poi per fortuna arriva Daniel Bryan, e forse Triple H. Per chiudere un vizio, e aprire un ciclo.