La WWE è una azienda che, come tutte le aziende del mondo, mira al solo scopo di guadagnare soldi. Per guadagnare soldi ha bisogno di crearsi un futuro stabile, e ciò attraverso l’unico espediente possibile: lanciare nuovi talenti. Ci sono talenti che si lanciano da “soli”, e talenti che hanno bisogno di essere lanciati. Scendendo nel particolare della seconda opzione, la WWE spesso decide di “pubblicizzarli” affiancandoli a delle leggende del ring. Questo ha un duplice valore: attirare l’attenzione rivolta generalmente alla leggenda e veicolarla verso il giovane lottatore, oppure applicare quello che gli americani amano definire “endorsement”.
L’endoorsment è una pratica di carattere politico, e serve a “certificare” la qualità di un uomo semisconosciuto attraverso l’affiancamento di uno più famoso. Il popolo, che dà la sua fiducia al politico benvoluto, la consegnerà automaticamente al giovane “delfino”, quasi per osmosi potremmo dire. Non fa alcuna differenza il mondo del Wrestling. Ricordiamo tutti l’ascesa di Randy Orton e Batista che, fino alla fine del 2002 erano pressoché due sconosciuti, e che grazie alla vicinanza di Triple H e Ric Flair si sono imposti in breve tempo come due astri nascenti del Roster di Raw. Purtroppo però, non sempre questa equazione funziona. Nella stessa misura di Orton e Batista, quasi contemporaneamente, Paul Heyman e Brock Lesnar (allora stella già affermata nel parco atleti WWE) venivano affiancati a gente come Mark Jindrak e Matt Morgan, due colossi con tante aspettative, che però non riuscirono mai a catalizzare su se stessi l’attenzione dei fan. Ciò ci dà un chiaro esempio di come il rapporto mentore-protègè non sempre funzioni.
Nell’ultima puntata di Smackdown abbiamo assistito al ritorno di Kurt Angle che sotto la cui egida (credo seguendo sempre la stessa filosofia sopra descritta) è stato posto un Gable Steveson ancora in erba. Il filo di Arianna che collega questi due atleti è il loro background sportivo, e nulla più. Però, nonostante ciò, Gable non mi pare abbia acquisito punti da questa collaborazione. Perlomeno ai miei occhi.
Ci sono casi e casi. Un lottatore giovane, sconosciuto ai più, con gran talento, ha bisogno di un “affiancatore” quando il suo passato non parla da sé, o quando ha bisogno di un aiuto nel raccontarlo. Quando però si presenta un lottatore dalle indubbie capacità, che non avrebbe bisogno di ausili esterni per dimostrarlo, con un passato affermato, allora il metodo del mentore risulta superfluo, quando non deleterio. Si rischierebbe infatti di offuscarne le capacità, di togliere quella luce di cui gode per spostarla sul manager di rilievo, e avvicinarlo ad un mentore di spessore lo farebbe risultate pateticamente incapace di brillare da sé. In definitiva susciterebbe il risultato opposto, che è un po’ quello che mi pare di vedere sull’altro versante con il duo Corbin-JBL. Gable si deve staccare il prima possibile da Angle e presentarsi da solo al grande pubblico. Ne ha il palmarès e le credenziali. A mio avviso, un eroe olimpico che entra nel ring WWE e con la sua confidenza in sé stesso, insieme ad una buona dose di alterigia, si impone al pubblico delle arene susciterebbe più interesse di un Gable costretto a fare da “paggetto” ad un Kurt Angle in là con l’età.