Bray Wyatt a Smackdown è stato salutato, praticamente da tutti, come una buonissima notizia, non tanto come ottimisticamente vorrebbe sotto intendere il titolo ma ho appena rivisto la trilogia di Nolan e quindi dovevo necessariamente riutilizzarlo in modo gratuito (estratto di vita reale, su un po’ di pazienza…). Faccio una premessa: come sapete ho una certa età (sigh!) e come quelli della mia generazione sono cresciuto a pane e WWF Superstars of Wrestling in televisione ed è una cosa che ricordo con una certa nostalgia, sicuramente aumentata proprio dal tempo che è passato, erano le gimmick dell’epoca: marcate, esagerate, ma che quasi tutte portavano con sé delle backstory, spesso stupide, ma comunque affascinanti.
Un fascino che ovviamente si è perso nel tempo, ma a cui sono comunque legato, tanto da avere tentato in ogni modo apprezzare Bray Wyatt, ma di non avere superato il pregiudizio iniziale di questa gimmick che galleggia nello spazio tempo, senza trovare un ancora dove legarsi con solidità.
La mia visione del wrestling è parziale, lo dico senza troppa difficoltà. Lo seguo da non so più quanti anni, ho vissuto ogni innamoramento possibile per ogni stile, competizione e ho visto tutto ciò che è definibile rilevante nell’ultimo quarto di secolo, la mia scala di valutazione e requisiti per farmi piacere un lottatore è quasi sempre lontana da ciò che dovrebbe, lo so. Il giusto mix tra microfono e capacità di lottare, che se sbilanciate ridicolizza e toglie molta “magia” al performer: Enzo Amore fantastico al microfono e imbarazzante come lottatore e Finn Balor l’esatto opposto. Bray Wyatt ha quell’effetto nostalgia, di cui sopra, evidente e per nulla nascosto, come una puntata di Stranger Things. Parte della “simpatia” che abbiamo deriva anche dal fatto che fino a questo momento è stato incompreso e utilizzato al di sotto delle sue capacità e quindi un disgraziato. Amichevolmente parlando.
Ricordo con piacere gli incontri contro Daniel Bryan e poco altro di altissimo livello, dimostrazione che non ha capacità eccelse per “guidare” un match e un avversario in un incontro, ma non ha mai peccato in maniera evidente come altri. La gimmick stessa richiede uno stile di lotta “pesante” e compassato, la stessa gimmick che da una parte lo caratterizza così bene, rendendolo unico nel roster e dall’altra lo inchioda a percorsi concentrici e senza sbocchi significativi.
La Family non ha funzionato come avrebbe potuto nel multiverso WWE e adesso che si è alleggerita in numero di componenti, il multiverso è diventato una dimensione meno competitiva e in un roster con pochissime pressioni e concorrenza, potrebbe magicamente diventare la colonna portante dello show. Una presenza che accompagna lo show per buona parte e lo potrebbe caratterizzare ancora di più rispetto a Raw. Infatti, anche se di difficile comprensione, se vista a pochissima distanza, l’interazione di queste settimane in zona main event con Ambrose e Ziggler è una delle cose che più mi sta piacendo.
Sapete perché? Perché rompe gli schemi classici delle faide con un titolo in palio. Non è necessariamente una cosa buona o da ripetere, ma indubbiamente vedere un terzo incomodo che viene preparato a diventare sfidante in questo modo è qualcosa di diverso. E Wyatt sta recitando la parte molto bene, come gli altri due del resto.
Messa alle spalle la sfortuna e gli infortuni, Wyatt ha l’occasione di togliersi delle belle soddisfazioni nel mare blu di Smackdown, mettendo in piedi faide fresche e nuove e se usato in maniera così sperimentale negli show televisivi della WWE, meglio ancora.