La AEW sta gestendo in maniera accettabile il periodo Covid, molto più di quanto la WWE stia facendo, considerando le difficoltà logistiche che possano esserci di questi tempi negli Stati Uniti.
Dynamite sta attraversando una fase di passaggio, a cavallo tra due modalità di scrivere gli show: finita la fase uno, dove gli show erano prodotti per il mercato nord-americano, adesso si vede qualche attenzione maggiore per rendere lo show più fruibile in ogni parte del mondo.
Fase di passaggio perché se il titolo mondiale e relative faide hanno sempre avuto uno sbilanciamento verso gli ex WWE, facce note al grande pubblico, si cerca comunque di mantenere viva quella atmosfera “anarco insurrezionalista” dei primi Being the Elite con l’open challenge senza soluzione di continuità di Cody.
Queste due anime, una populista e amichevole verso i vecchi fan del wrestling e l’altra più democratica e demagogica per attirare quella fetta di pubblico che proviene dalla cultura indy.
La AEW, in quest’ultimo caso, ha seguito l’idea della migliore incarnazione di NXT di qualche anno fa, che applicando la Blue Ocean Strategy, ha conquistato e creato una fetta di mercato mai considerata da una major nella storia.
La B.O.S. è quella strategia di mercato che ha fatto vendere a Nintendo milioni di Wii a persone che abitualmente non giocavano ai videogiochi, presentando il prodotto in maniera diversa, fresca e di facile utilizzo. La WWE applicò la stessa strategia nel momento in cui rese “cool” il fenomeno del wrestling indipendente, governandolo e rimpacchettandolo alle sue condizioni, aprendo uno spiraglio decisivo tra i fan più esigenti.
In questo momento, quest’idea sembra essere stata rimodulata, non molto bene a mio avviso a NXT e la AEW si trova in condizioni di vantaggio su questo fronte. Questo, naturalmente, porta con sé il rovescio della medaglia: come si può rendere mondiale un prodotto che propone gente semi sconosciuta anche a chi il wrestling lo segue più o meno abitualmente?
Faccio fatica a immaginare la telecronaca italiana presentarci in pochi secondi il debutto, per come è avvenuto, di Eddie Kingston o di Warhorse. Sotto questo punto di vista la scrittura dello show dovrà sicuramente adattarsi, non di certo perdendo quella attenzione a cui mi riferivo prima, ma nella forma in cui i debutti dovranno essere presentati.
In questo la storia della prima TNA ci insegna che il giusto mix di facce nuove e volti conosciuti, non sempre è sinonimo di successo, anzi. E in questo la AEW, mi sembra peschi a piene mani dall’insegnamento dalla vecchia compagnia di Nashville. Gli ex WWE che sono stati contrattualizzati, manager a parte ovviamente, sono tutti fisicamente integri e capaci di essere un valore anche sul ring per gli show.
Si può tranquillamente affermare che Shawn Spears, per fare un nome, non sia il miglior wrestler del mondo, tutt’altro, ma non si può negare che sia integro fisicamente e capace, in teoria, di andare avanti per un bel po’. È inevitabile ed innegabile, anche per i fan più radicali e anti WWE, quanto sia importante per il successo mondiale avere facce note.
La globalizzazione del marchio porterà compromessi, mi auguro che la AEW non rimanga schiacciata in questo in giochi di potere di backstage tra giovani, esperti e fondatori o progetti fallimentari come l’intera categoria femminile senza possibilità di chiudere contratti e rifondare tutto se necessario. Una totale mancanza di “cattiveria” nell’area dirigenziale, che per il momento mi fa preoccupare, questo clima di amici degli amici lo abbiamo già vissuto molte volte e sappiamo bene come è andata a finire…