I Manager nel Wrestling sono molto importanti perché, se bravi e in grado di fare bene il loro lavoro, coinvolgono l’audience in una storia, enfatizzano i sentimenti verso un wrestler, colmano le lacune dei loro assistiti e, infine, possono creare interesse attorno ad un match. Facendo tutto ciò, ovviamente traggono anche loro notevoli benefici, divenendo delle vere e proprie star al pari di chi lotta sul quadrato. Spesso i Manager nascono come tali, ma tante volte sono ex lottatori non più in grado di combattere per raggiunti limiti di età, o per impedimenti fisici più o meno gravi. In ogni caso, senza alcuni di questi Manager, oggi non avremmo molte leggende del ring, diventate tali proprio grazie all’aiuto dei loro “consiglieri”.

I Manager nella storia

Ora, i Manager vengono presentati nei modi più disparati al pubblico, ed ogni volta sempre in maniera “calzante” al personaggio da lanciare. In alcuni casi sono “consiglieri”, in altri “avvocati”, in altri ancora sono delle “vallette”, poi ci sono fidanzate, papà, mamme, shamani spirituali, scopritori di talenti e “ispiratori”. Ma nonostante la loro eterogeneità, tutti hanno in comune un unico obiettivo: aumentare la popolarità del wrestler assistito. Quando ci riescono, e ci riescono tante volte, allora rientrano “nell’olimpo” dei migliori Manager della storia del Wrestling. Oggi, negli show, abbiamo Paul Heyman che, oltre ad essere un Manager, è stato anche il chairman della ECW. Ma a lui si affianca un altro Manager di spessore, non meno bravo, e cioè Montel Vontavious Porter. MVP, a differenza del primo, non nasce certo come Manager. Ricordiamo più o meno tutti il suo breve stint negli anni 2007/2008/2009/2010, con diversi titoli Tag Team alle spalle, ed un regno da campione Statunitense durato 343 giorni.

Sapersi reinventare

Non faccio mistero che a me, MVP, sia sempre piaciuto. Sul ring mi piace, ha quel tocco da “wrestler-intrattenitore” che non è poi così scontato. Inoltre, ha delle capacità recitative buone e una ottima “mic-skill”. Insomma, non è il mio preferito, ma se dovessi salvarlo dal gettarlo giù dalla torre, lo farei tranquillamente. Confesso che rivederlo sul ring dopo quasi 10 anni di assenza è stato bello, e ho sperato di vederlo tornare in auge. Però i piani a Stamford erano diversi, e alla carriera da singolo (che obiettivamente, considerati i suoi limiti fisici di oggi, non sarebbe andata lontano) gli hanno preferito una carriera da Manager, affiancandolo a Bobby Lashley. Quest’ultimo ha saputo esprimersi del tutto, e diventare un pilastro dello show rosso oggi, soprattutto grazie ad MVP che ha saputo far risaltare ciò che aveva di positivo l’atleta, omettendo ciò che invece possedeva di negativo. Insomma, MVP, al pari di tanti Manager di statura più elevata, è riuscito a far “sbocciare” un atleta imprigionato nel suo stesso corpo, creando un futuro Hall of famer.

In nomen omen

Da qualche mese la WWE ha deciso di affiancarlo ad Omos, un altro atleta in difficoltà, ancora inesperto e che sono sicuro gioverà dalla vicinanza di MVP. Da qui a dire che Omos avrà la stessa carriera di Lashley ce ne passa, sia chiaro, ma sicuramente compirà un salto di qualità. MVP è un ottimo wrestler, che ha in sé le qualità più importanti che dovrebbe possedere un atleta WWE, buone doti sul ring, capacità di intrattenere, ottima parlantina e una personalità ben definita. Mi spiace non abbia potuto ambire a qualcosa di più da singolo, ma può sicuramente raggiungere le vette più alte nel ruolo di Manager. E meritatamente aggiungerei. Come si dice in taluni casi, meglio questo che niente.