Dopo aver vissuto il periodo della Summer Of Punk e l’esplosione di Samoa Joe, la Ring Of Honor pensa che sia giunto il momento di cambiare ancora, di fare un passetto in avanti per trovare nuova linfa da dare ai fan. Certo, sulle prime, non è che questi siano così convinti. Nel senso, a vincere il titolo mondiale si ritrova James Gibson che nella sua carriera è sempre stato un onesto mestierante e poco aveva di speciale. Poi dopo appena un mese di regno, la cintura passa ad un ragazzetto biondo che si ispirava ai wrestler giapponesi.
Bryan Danielson inizia la sua missione il 17 settembre del 2005. Ha appena 23 anni, è già entrato nei cuori del pubblico ma quello che si vedrà da quel punto in avanti sarà un vero e proprio tsunami. In un anno e mezzo da campione, con 40 difese che sfioravano i 32 minuti di media a match, si carica sulle spalle la Ring Of Honor in un contesto di passaggio fondamentale e la traghetta verso nuovi personaggi e dunque nuove storie. Non vincerà mai più la cintura, pur provandoci e riprovandoci più volte contro Nigel McGuinness e Takeshi Morishima. Ma intanto in quella stagione così lunga Gabe Sapolsky gli scrive attorno uno dei migliori feud che la storia del wrestling ricordi.
Dopo aver vinto il titolo, Danielson apre una challenge per chiunque voglia provare a strappargli la cintura. Anche di altre realtà. Supera Austin Aries, Steve Corino, Chris Sabin (TNA), Naomichi Marufuji (NOAH). In dicembre, durante lo show della CZW “Cage of Death”, Chris Hero prende il microfono accusando l’American Dragon di aver paura a sfidare gli atleti della federazione di cui faceva parte. Se riteneva di essere davvero così bravo, allora doveva combattere contro di lui. Prese un contratto lasciato in CZW proprio da Bryan e mise sopra la sua firma. Questo è il prologo del feud che ancora oggi viene ricordato come il più bello, ovvero quello che oppose la Ring Of Honor e la Combat Zone Wrestling.
Qui Danielson vive tre fasi, creando un capolavoro di storytelling. Ovviamente non perde mai, ma anzi impartisce una lezione a Chris Hero in un confronto accesissimo a Hell Freezes Over, decisiva la sua mossa finale Crossface Chickenwing. Al termine dello show Sapolsky, dal tavolo di commento, eleva il suo pupillo definendo Hero come “non abbastanza buono” per lottare in ROH. E in qualche modo lo sposta di lato dal feud tra fazioni, spostandolo verso Nigel McGuinness: i due si sfidano per tre volte, le uniche due che si chiudono con uno schienamento vedono Bryan superare il suo avversario unificando anche la sua cintura con quella Pure. Il britannico non è ancora quello che ne prenderà il testimone tre anni dopo, ma intanto si è fatto conoscere nel migliore dei modi.
Nel mezzo nasce un odio viscerale con Samoa Joe, che col feud ROH vs CZW è tornato a farsi notare ai piani alti. Si tratta di una questione di territorio: nello stesso spazio non ci possono essere due capitani, o due leader. Danielson glielo fa capire nel durissimo Cage Of Death che si tiene in Ring Of Honor il 15 luglio del 2006. Sul ring, dentro la gabbia, i due sono assieme contro i Kings Of Wrestling (Chris Hero & Claudio Castagnoli): si avvantaggiano sugli avversari, ma appena Joe imposta la Muscle Buster su Hero.. Danielson lo assale brutalmente. Sono tutti confusi, persino Cornette che lì è il commissioner della ROH. Il campione rende ai minimi termini Joe e lo costringe ad uscire dal match, rendendo così in inferiorità la sua squadra. La fuoriuscita di questi pesi massimi permette di elevarne un altro (su suggerimento di Bryan in sede di booking), quel Homicide che arriverà come ultimo membro della compagnia per vincere la guerra e assicurarsi una title shot.
Il feud con Samoa Joe si arriverà al match a “Fight Of The Century”: tenendo fede al nome dell’evento, i due mettono in piedi 60 minuti di incontro che finisce in pareggio e verrà definito come uno dei papabili alla palma dell’anno. Il finale in dicembre con uno steel cage che è l’ultimo atto di Danielson. Perché nel mentre è cresciuta la stella di Homicide, che si eleva definitivamente a Final Battle com’era giusto che fosse. Ci sono tutti i presupposti: Bryan ha vissuto un regno dove ha battuto tutti; ‘Cide invece ha fatto una rincorsa pressoché perfetta, si è distinto come un ideale avversario per il passaggio di titolo. Che accade, con una urgenza e una crescita progressiva nel match sostenuta dall’entusiasmo del pubblico per tutti i 30 minuti.
Nel 2006 vedere la Ring Of Honor non era un consiglio, ma un obbligo. Danielson la mandò over con un lavoro enorme dentro e fuori dal ring, dedicando tutto se stesso a quello che è stato il miglior regno della sua carriera. Dopo di che sarà tutto diverso, per lui e per la federazione.