Non è un buon momento per le indy americane. Dopo che alcune scomparse, ne sono rimaste altre che viaggiano su binari differenti da quelli visti in passato. Certamente il Covid ma anche la crisi economica hanno rimodulato lo schema che gli scorsi anni vedeva tutte le principali promotion partecipare al Wrestlemania weekend organizzato dal collettivo del WrestleCon. Super show con tutte le stelle più importanti rendevano ai fan almeno 3/4 giorni di fuoco in cui dire: è davvero bello essere qui.

Situazione diversa quest’anno. A sobbarcarsi l’attenzione è stata totalmente la GCW, che ha messo in piedi il suo “The Collective”, una sfilza di show di varia natura a cui ha messo il proprio cappello permettendo i suoi uomini migliori di scegliere card, abbinamenti e risultati. Allora ecco la Acid Cup (vinta da Jordan Oliver), Jimmy Lloyd’s D-Generation, For The Culture, Big Gay Brunch, Planet Death, Unsanctioned, Allie Kat’s Real Hot Girl Shit, Lucid Dreams e Shallow Graves.

Ma i momenti più attesi sono stati ovviamente due. Il primo è stato il Bloodsport, diretto ancora una volta da Josh Barnett. Sicuramente la sesta edizione è stata una delle più belle, per alcuni addirittura la più bella. Perché? Perché è davvero come un discorso che comincia piano ed ha l’esplosione nel finale. Tanti bei match, alcune conferme (Davey Boy Smith Jr, Chris Dickinson, Simon Grimm), qualche inaspettata sorpresa (vedere Chavo Guerrero lottare benissimo al tappeto è stato molto interessante) e la sensazione di essere davanti ad un fenomeno (Alex Coughlin, prospetto della NJPW). Poi il godimento più totale nel main event.

I fan stavano attendendo da due anni la sfida tra Moxley e Barnett. Vengono da due strade differenti eppure raggiungono benissimo lo stesso punto di arrivo. La loro sfida è stata intensa, violenta, sospesa, arrogante, tattica, emozionante. Hanno dato lo spettacolo che tutti si aspettavano ed hanno lasciato aperta la possibilità di un rematch.

Poi Jon Moxley ha impreziosito anche l’altro show, lo Spring Break – altro caposaldo ormai della scena indy. Da sempre organizzato da Joey Janela, quest’anno ha lasciato spazio ad un format più classico, meno devoto al trash e più ai valori che hanno contraddistinto la GCW in questi anni. Il direttore artistico è stato Nick Gage, ma nonostante ciò non c’è stato nulla di davvero violento fino al suo main event con Rickey Shane Page. Anzi si è assistito ad un incrocio di stili (lucha libre, tecnico, brawler) in grado di accontentare un po’ tutti.

Ma la vittoria di Gage non poteva bastare a mandare a casa contenti i fan. Serviva qualcosa di davvero pazzesco, e così quando i fan hanno visto Moxley passare in mezzo a loro per guadagnareil ring, hanno capito subito dove volesse andare a parare. Faccia a faccia con il nuovo campione GCW, la promessa di un deathmatch in futuro. Un momento di altissima tensione che sicuramente porterà, quando verrà organizzato, a vendere biglietti come se piovessero in pochi minuti. A quel punto si parlerà davvero di Once in a Lifetime.