Una carriera in ascesa, con un treno in corsa. Quello che sta vivendo Tom Lawlor è forse una delle vicende più fortunate esistano al momento nel mondo del wrestling. Si dirà che dipende tanto dalla pandemia, dall’assenza di vere stelle nelle indy, dal suo stile buono per ogni stagione. Certo è che farsi trovare al posto giusto al momento giusto spesso vale i titoli che si vincono. Diventare Strong Openweight Champion è stato un passo quasi obbligato.

A dire che aveva viaggiato su due binari paralleli. Wrestling e MMA, MMA e wrestling. Con fasi alterne in entrambe le categorie, con una gran voglia di emergere ma anche con un ostracismo simbolico verso la sua lotta, così tanto diversa da quella di tutti gli altri. A sdoganare la sua presenza c’è voluta una federazione in cui non ha lottato mai, la EVOLVE. Eppure ci starebbe stato molto bene, avrebbe potuto battagliare con tanti colleghi della stessa risma.

Quando è esplosa la mania del wrestling tecnico, lui c’era. Si muoveva tra la Beyond, la AIW, la GCW, la Defy. Soprattutto lo abbiamo visto in MLW dove è nata l’era del Team Filthy, creato con Dominic Garrini, Fred Yehi, Simon Gotch, Erick Stevens – tutta gente che si esalta nel lottare a terra, che conosce a menadito le regole e fa uscire fuori di testa i fan del genere. Il regno da campione heavyweight in Major League serve solo a lanciarlo, poi fa tutto lui.

Oggi è Strong Openweight champion. Ha tutti i crismi per per poter competere sia con avversari nipponici che con avversari americani. Ovviamente del suo stile, della sua portata. Difficile che la New Japan gli opponga Will Ospreay, ma è altamente possibile che gli metta davanti Zack Sabre Jr. Ma che bello sarebbe? Ecco perché Lawlor si inserisce bene nel disegno di una federazione che aveva bisogno di un corrispettivo forte in America: per poter alzare la bandiera di un certo modo di fare wrestling in un paese sempre poco avvezzo a ciò che non è intrattenimento.