Quando iniziai a parlare di indy con questa piccola rubrica, vi misi di fronte ad una seria novità nel wrestling americano: Billy Corgan aveva acquistato la storica NWA e aveva tutta l’intenzione di rilanciarla. Un proposito da lato semplice ma anche arduo: era da tanto che questo progetto non rialzava la testa, ma c’era lo spazio adatto – sul finire del 2017 – per lavorarci su.

L’introduzione fu da manuale, molto moderna: una striscia bi-settimanale in cui si ragionava sul titolo mondiale. Uscì dal guscio un vecchio ma sempre verde Tim Storm, con una storia corretta, coerente e ben orchestrata. Intelligente anche il passaggio di consegne a Nick Aldis, certamente più conosciuto, e la sua lunga run da campione con una serie di difese giuste e interessanti. Ogni quattro giorni questi video promo di 4/5 minuti erano diventati un must da seguire, con una serie tv.

Dopo i tanti disastri degli ultimi trent’anni, la National Wrestling Alliance aveva assunto le fattezze di un progetto ben impostato, coi promotori (lo stesso Corgan e Lagana) che avevano ben chiaro la strada da seguire. Il passo successivo è stato All In, il cui titolo rispecchiava esattamente il bivio che la compagnia si trovava di fronte: o si faceva il salto di qualità o si continuava ad essere la piccola e ininfluente serie di YouTube.

All In è stata una bolla. Corgan e Lagana avevano pensato che il successo di Cody vs Aldis fosse solo farina del loro sacco, e invece la realtà ha dimostrato che il buon Rhodes aveva trascinato il feud come nessuno mai avrebbe potuto fare. Ecco perché da quel punto in poi il figlio di Dusty ha continuato a scalare le montagne mentre la NWA ha fatto più fatica, molta di più.

Oggi è difficile ragionare sulle sorti della compagnia. Il primo vero show, quello del 70esimo anniversario, è stato buono per la risposta del pubblico ma un disastro dal punto di vista organizzativo. I titoli reintrodotti (e i loro campioni) non hanno appassionato il pubblico, Jazz li ha da poco mollati per non dover jobbare ad Allysin Kay, la Crockett Cup è vista come un torneo triste e nemmeno la partnership con la ROH ha saputo dare una spinta al prodotto.

Verso il futuro non si vede nulla. Non si capisce se vogliano essere una federazione o una promotion. Non si capisce se vogliano avere un roster, se i campioni verranno gestiti allo stesso modo, se ci saranno show mensili, se basteranno le collaborazioni. Non si vede nulla. E il proposito di ragione sul lungo periodo di 20 anni era palesemente una sparata: se non faranno un passo in avanti, tra un anno staranno già chiudendo i battenti.

Giornalista professionista ed esperto di comunicazione, dal dicembre del 2006 è redattore di Zona Wrestling. Negli anni è stato autore di rubriche di successo come il Pick The Speak, Wrestling Superstars, The Corey Side, Giro d'Italia tra le fed italiane, Uno sguardo in Italia, Coppa dei Campioni, Indy City Beatdown e tante altre. Il primo giornalista in Italia ad aver parlato diffusamente di TNA ed AEW su un sito italiano di wrestling.