Il mondo è un posto splendido perché vive di momenti ciclici, di mode che tornano in auge di periodo in periodo con una forza preponderante. Non si può chiudere gli occhi dunque davanti al ritorno forte e devastante di una sana voglia di hardcore, espressa in tutto e per tutto dalla Game Changer Wrestling in questi ultimi due anni con un boom esagerato che, probabilmente, nemmeno loro si aspettavano.
In pratica, gli Stati Uniti hanno ripreso ad esser se stessi dopo aver accolto con entusiasmo le novità d’oltreoceano, essersi innamorati del periodo degli svolazzi tutto britannico: Will Ospreay, Zack Sabre, Jimmy Havoc, Marty Scurll, Morgan Webster, Mark Haskins e in seguito i British Strong Style erano stati precettati, coccolati ed esposti nelle maggiori compagnie indy a stelle e strisce, e dunque dati in pasto ai supervisori della WWE. Sono usciti fuori una serie di atleti niente male, come il Ricochet di turno che ha ottenuto tutto quel che poteva in questo ambiente. Tanto è bastato perché anche il Giappone avesse voglia di rincorrere la moda del momento, di contare nuovamente qualcosa a livello mondiale e non solo tra le mura amiche.
Nel mentre c’è stato lo spazio per la tecnica, per le prese di sottomissione. La EVOLVE aveva ripreso le sue origini ed aveva puntato fortemente sui Catch Point e Timothy Thatcher, imponendo in qualche modo la sua visione anche alle competitor – seppur ottenendo meno consensi di quel che avrebbe meritato. C’era però in questo periodo il germe che si annidiava, che cercava di uscire dal ventre materno. La tecnica è rimasta tale, gli svolazzi pure, ma tutti hanno capito che serviva qualcos’altro per sopravvivere: andare oltre i limiti. E ci vai, se vuoi, solo ed esclusivamente se attorno o dentro il ring ci metti qualcosa che non ci dovrebbe essere, se consenti al pubblico di divenire parte di una sorpresa.
Agli americani l’hardcore piace. Non importa quanto cruento, sicuramente non lo vogliono soft. Non vogliono essere presi in giro. Vogliono colpi, armi, dolore, sangue, sorprese. Vogliono verità, realtà, sadismo. Ma anche credibilità: gli hardcore che diventano un mero esercizio di crudeltà non vengono apprezzati. Ecco perché oggi la GCW ha dato le piste a tutti riportando in auge uno stile che pareva essersi perso nel tempo. Ecco perché i fan rivedono la vecchia e unica ECW, le storie e la pazzia. Non stupisca allora se i biglietti del “Tournament of Survival” stiano andando a ruba, se Nick Gage è il face più amato della scena, se davanti a G-Raver vs Shlak la gente grida “Holy shit!” invece che “What a crap!”.
Le altre compagnie stanno correndo dietro. PWG, AAW, AIW, ICW New York, Blackcraft e tante altre stanno riscoprendo il piacere dell’hardcore. Se vogliono vendere, devono saper prendere gli atleti giusti e dare al pubblico quello che il pubblico vuole vedere. Nessuno però riesce a pareggiare la GCW, che ha una unicità tutta sua. Di nicchia, ma di una nicchia destinata a continuare ad espandersi e ad imporsi sul resto della concorrenza. E una competitor l’ha già fatta fuori: la CZW, la compagnia riconosciuta come ultraviolent per eccellenza ma che negli ultimi cinque anni ha perso tutta la propria credibilità. I tempi cambiano, bisogna essere moderni. Bisogna essere… hardcore.