Ben ritrovati amici di Zona Wrestling all’ultima edizione dell’anno dell’Indy City Beatdown, l’unica rubrica che vi racconta il wrestling indy americano. Se la scorsa settimana vi avevo presentato le aspettative del ppv della Ring Of Honor “Final Battle”, quest’oggi vi presento invece cosa è accaduto.
** FINAL BATTLE **
1) Matt Taven defeated Will Ospreay (7,5 / 10)
Leggasi alla voce: come si fa un opener di uno show? Ecco la risposta migliore per ogni fan di wrestling. Spunti veloci, una traccia sui rispettivi personaggi, qualche leggere near fall e due protagonisti assolutamente in palla. Si è visto come il britannico sia assolutamente fuori dal circolo vizioso del no selling-mille mosse aeree visto gli anni scorsi, si è calato in una realtà nuova e sta cercando di smussare gli angoli del proprio set in funzione degli show a cui partecipa. Taven ha saputo confermare le buone impressioni degli scorsi mesi, cosa che gli ha permesso di conquistare diverse vittorie di spicco: il 2018 potrebbe riservargli qualche lieta sorpresa. Finale con la Ouscutter a segno, match sporcato dalle interferenze del The Kingdom ma era inevitabile che ci fossero.
2) War Machine defeated The Addiction (7 / 10)
Come scrivere una storia semplice e portarla al lieto fine senza problemi. Non un incontro eccezionale ma giocato con intelligenza: un dominio iniziale dei due più esperti, parte centrale equilibrato e finale con il grande impatto del team fisicamente più forte. Hanno tutti confermato il loro status: i War Machine risultano discreti ma nulla più, hanno nel loro carniere mosse inusuali e particolari per ragazzi di quella stazza, ma continuano a dire poco e forse a ricevere più di quel che dimostrano. Andranno in WWE a prendersi un po’ di gloria. D’altro canto Daniels e Kazarian sono come Mignolo e Prof, storici personaggi dei cartoni animati che poco conquistano nonostante la voglia di spaccare il mondo. In particolare Daniels continua a parmi un grosso spreco di altri lidi in altri tempi, la sua esperienza si nota e fornisce risultati ottimi in ogni caso.
3) Jay Lethal defeated Marty Scurll (8 / 10)
Un risultato che non mi aspettavo, posso dirlo? Ecco, l’ho detto. Ma ci sono tante cose che che non mi aspettavo qui: ad esempio il tifo smodato a favore dell’uno o dell’altro atleta, come se ci fosse un curva pro BC e una pro ROH; la decisione di non proseguire sul solco dell’infortunio al braccio iniziale di Lethal, sul quale Scurll stava lavorando prima che i due cambiassero copione; le citazioni a Eddie Guerrero e Ric Flair; il finale molto veloce e poco intenso, tanto che è sembrata una conclusione veloce. Ref bump azzeccati e non invasivi, una chimica ottima in ogni fase, senza mai cadere di tono ma anzi tenendo una costanza degli scambi pregevole. Lethal, per poter vincere, ha dovuto riportare a galla le varie sfumature di sé, certo che non bastasse certo la versione vista di recente per poter vincere: il Lethal del passato si è dimostrato più forte dello Scurll del presente, ovvero di un notevole midcarder che si farà .
4) ROH Tag Team Title Match: ROH Tag Team Champions The Motor City Machine Guns defeated The Best Friends (6 / 10)
Uno dei match più attesi della serata messo a metà puzzava di minutaggio basso ed infatti tale è stato. Dieci minuti in cui nella prima parte vi è stato un mezzo squash dei campioni, fino alla seconda parte dove i contendenti hanno fatto vedere sì qualcosa, ma nulla di trascendentale. È stato come se le due coppie faticassero ad ingranare seriamente, rimanendo sempre nella superficie della storia pensata. Il finale poi è stato quanto di meno credibile ci potesse essere con un piledriver che si trasforma in un roll-up che lascia il pubblico con un magone dentro, la sensazione di delusione che si fa largo nell’anima di chi guarda, abbastanza anticlimatico. Sufficiente come incontro, ma sicuramente molto al di sotto delle possibilità di tutti e quattro i wrestler impegnati.
5) ROH TV Title Elimination Match: Silas Young defeated Kenny King (c), Punishment Martinez, and Shane Taylor (7 / 10)
Altra storia ben scritta, uno scontro a quattro non convenzionale, giocato inizialmente sugli spot e in seguito sul wrestling duro e puro. E chi meglio di Silas Young poteva vincere in un contesto così adatto? Un worker onesto che ha saputo aspettare la sua occasione, era un predestinato già dieci anni fa e poi si è ritrovato anzitempo ad aiutare altri colleghi a crescere. Ad oggi sarebbe potuto essere lui il nuovo campione assoluto della compagnia, ma ci accontentiamo di quest’altro titolo. Eliminazioni giuste, in particolare quella di King che ha concesso a Martinez lo spot finale in attesa che il prossimo anno sappia prendersi qualcosa di più (magari sgonfiando l’esuberanza che lo prende in certi frangenti e fortificando la memoria, dato che a metà match pareva essersi dimenticato lo script). Un bel risultato che non mi aspettavo e che spero dia lunga linfa al titolo televisivo.
6) New York City Street Fight: The Briscoes defeated Tommy Dreamer & Bully Ray (6,5 / 10)
Tutti hanno avuto ciò che speravano: un hardcore ignorante con un po’ di sangue e tanti spot mirati a far gridolare le prime file. Non è stato uno street fight, non ha esaltato più di tanto, è stato in alcuni frangenti molto lento e sicuramente troppo lungo. Per riuscire meglio avrebbe dovuto avere un minutaggio più compresso, improntato meno su alcuni scambi quasi comedy e più sull’azione. Anche perché davanti non avevamo quattro atleti giovani che in questi binari possono sguazzarci, ma quattro veterani che qualcosa dovrebbero aver imparato in tutti questi anni. In pratica è sembrato più un match da House of Hardcore che da Ring Of Honor, con la ciliegina del botch finale subìto corretta da Mark Briscoe con un volo dal paletto. L’esperienza serve anche a questo e per fortuna il match è stato salvato.
7) ROH Six Man Tag Team Title Match: ROH Six Man Tag Team Champions The Young Bucks & Adam Page defeated Flip Gordon, Dragon Lee, & Titan (8 / 10)
Rispettare le aspettative, questo è il risultato. Veloce, intenso, carismatico, spottoso al punto giusto, rispettoso dei ruoli e della necessità di far proseguire senza intoppi la crescita di Gordon: questo incontro è stata un po’ la summa del Ring Of Honor pensiero, con sei protagonisti che sapevano ciò che dovesse servire per rendere indimenticabile la loro serata. Gli Young Bucks ormai non sbagliano un colpo da dieci anni, Adam Page è buono ma avrebbe bisogno di staccarsi dalla cupola dell’Elite/Bullet Club per poter riflettere di luce propria. Gordon ha confermato di essere un wrestler dal sicuro affidamento, sempre che Delirious non sprechi un altro anno a dar spazio ai soliti noti. Funzionali i wrestler della CMLL per qualche spot ed un selling sempre accorto e dalla tempistica rispettata.
8) ROH Title Match: Dalton Castle defeated ROH Champion Cody Rhodes (4,5 / 10)
Poniamo il caso che voi vogliate far appassionare un vostro amico al wrestling e dovete scegliere un match: ecco, non scegliete questo. Non lo scegliete perché non ha proprio nulla di un serio match di wrestling. Non ha psicologia, non ha fasi alterne, non ha la suspance che dovrebbe richiedere un incontro come questo. Peggio elencare cos’ha: mancanza di chimica, mancanza di timing, ref bump a caso, interferenze ancora più a caso, bladejob fuori luogo, sequenze delle mosse random, finale totalmente anti-climatico dove il pubblico si mette le mani nei capelli non per la vittoria di Castle ma per la sconfitta di Cody. Ed è questo il problema principale di questo main event, il mancato passaggio della torcia. Castle rimane un midcarder senza appeal che sembra arrivato lì per mancanza d’altro; Rhodes conferma il suo status già alto, il suo stile poco consono alla ROH, la sua voglia di mandare in caciare le sorti dello scontro per evitare che il suo sfidante possa esser più over di lui. Male, molto male per essere il finale del ppv più importante dell’anno.