Cari lettori del wrestling ben ritrovati all’unica rubrica che in Italia rende conto degli show italiani. Questa volta torniamo a trattare di una federazione che da mesi sta attivando l’interesse di numerosi tifosi e che nel proprio evento di maggio ha avuto l’onore di poter ospitare Joe Legend, atleta di comprovata esperienza e capacità . A descrivere lo show ci pensa il nostro Juxhin Deliu, buona lettura!
“Ribellione” è stato il debutto bresciano della KOX. La realtà mantovana conta difatti tra le sue file alcuni allievi che furono dei poli ICW di Asola e Brescia. Un banco di prova inedito per la realtà , quindi, che a trenta chilometri e in contemporanea, si è vista contro la stessa ICW, prima in Lombardia per richiamo e decisamente più avanzata su più fronti. L’afflusso è sulla falsariga degli ultimi eventi, una settantina scarsa ma assortita e partecipante (risultato incoraggiante), sistemati sugli spalti a ridosso del campo, adibito alla sistemazione del quadrato e dello strumentario scenico.
Il presentatore (e commentatore dal vivo) di serata è l’oramai rodato Davide Rosselli (abile al microfono e perciò capace a richiamare e scaldare il pubblico), il quale presenta il decano della KOX Manuel Bottazzini.
Costui fa il suo ingresso con un lungo mantello nero e con confidenza, prende il microfono e s’introduce al pubblico. Innanzitutto ringrazia i presenti e poi dice la sua su alcune vicissitudini con altre realtà , asserendo che del panorama italiano non gli importi niente e che la KOX rimarrà una realtà ribelle (da qui il nome dell’evento) e autonoma (durante il corso della serata ci saranno svariati riferimenti a frecciate in ambito).
Il “Botta”, con particolare esaltazione, dice anche che per lui è tempo di non badare più a certi patemi perché ha un lavoro fisso e una famiglia lo aspetta, quindi invita a salire sul ring la sua fidanzata incinta, augurandole anche buon compleanno coi presenti.
Subito dopo annuncia però di aver sentito dentro sé un cambiamento, che non riuscendo a debellare il Black Cult, ha pensato di aggregarsi a loro. Risuona la musica e si presentano Nicolò Ferrari, Mr. PDP e il Buttafuori, tra la disapprovazione del pubblico. Il promo va un po’ troppo per le lunghe ma il messaggio è chiaro, il cambiamento di cuore del caposaldo KOX è definitivo, con Ferrari che come posseduto dal suo simile Rasputin, lo celebra e ricorda a tutti urlando con chi abbiano a che fare e che il wrestling italiano debba sentirsi minacciato. Una situazione alquanto imprevista sebbene sia stata accennata da alcuni precedenti trascorsi, che rafforza lo stato della stable antagonista, sebbene rimanga da chiarire chi vi possa opporre con credibilità ora come ora in KOX.
L’incontro di apertura è un tag team tra Mr. PDP, rimasto sul ring a schernire il pubblico (in coppia con l’insidioso membro dell’Arcadia Kyo Kazama) e Beniamino Malacarne (non più referente al ruolo di onorevole in quanto idolo locale della serata), accompagnato dal giovane talento Luke Zero.
La storia è semplice, con Pugno di Pollice e Kazama che pressano all’inizio Malacarne, che poi tagga Zero, il quale faccia a faccia con Kyo da’ vita alle fasi più spedite e godibili del match. Luke va in difficoltà per via di alcuni giochetti dei due heel ma riesce ad eseguire un tag di fortuna a Malacarne, il quale entra tra il tripudio del pubblico e fa piazza pulita, trovandosi poi faccia a faccia con PDP (mentre Zero porta via Kazama e lo stende con un tornado DDT fuori dal ring) e schienandolo pulito tra l’approvazione generale.
Un generico quanto adeguato canovaccio per aprire un evento, con del lottato dignitoso sebbene sia andato a due velocità a seconda dei partecipanti.
Il secondo match vede affrontarsi due giovanissimi ma promettenti novizi, l’astronauta Axe LightYear e il bovaro Bringo El Bandido (personaggi scelti in riferimento a “Toy Story”), i quali si affronteranno in una serie al meglio dei cinque incontri per inaugurare la sezione “Junior” della KOX.
Sebbene vi siano sbavature per l’ovvia inesperienza dei due, i ruoli vengono resi al puntino, con l’esile ed emaciato Axe che se la giostra con le sue notevoli doti ginniche e la sua agilità , cercando di tenere duro quando il più robusto e concreto Bringo riesce a bloccarlo con del bodywork e striking già netto per la sua situazione. Dopo alcuni falsi finali, Bringo ferma Axe per un’ultima volta e con prontezza sfodera una Package Side Slam impressionante andando sull’uno a zero. Uno dei picchi della serata, il lavoro da fare è ancora tanto ma come partenza per due novizi italiani è una chicca da non ignorare.
Il terzo incontro vede Nicolò Ferrari difendere il Titolo Estremo KOX, che in assenza di Golden Eagle e Alex Gory, dovrà farlo con un avversario ancora più ostico, l’asso della genovese IWE Skorpio.
La formula è la solita dei match di Ferrari ma più coesa e con qualche nuovo accorgimento. I due, dopo alcuni scambi puliti iniziali, vanno a risseggiare tra il pubblico con una buona intensità , rientrando poi sotto gli spalti di getto e dandosi guerra con alcuni oggetti contundenti. Ferrari riesce però a colpire la gamba di Skorpio con una mazza e questo comincia a gemere, cominciando a vendere la sofferenza in maniera credibile per il resto del match, trovando però alcune reazioni al filo della vittoria. Subentra poi la terza parte, una sorta di bombfest in qui ci si alterna a trademark e finisher con alcuni conteggi al limite. Nessuno dei due riesce ad avere la meglio nonostante l’uso di Superkick con oggetti, Rainmaker e sottomissioni, sino a quando Nicolò non approfitta della gamba malandata di Skorpio per fermarlo ed eseguire la Ferra Driver (One Winged Angel di Kenny Omega), spuntandola ancora una volta da un’ardua battaglia e portando ancora più in alto il suo stato da heel. Una prova solida anche da parte di Skorpio, alla prima volta che l’ho beccato dal vivo.
Rosselli annuncia la pausa e che a seguire vi sarà la Ribellione Battle Royal, una rissa a sei uomini con la sola possibilità di eliminare gli altri gettandoli oltre la terza corda, con in palio una shot.
Salgono gli adepti del Dojo Kazama di Almenno: Big Charles, Daniel e Lone Wolf, seguiti dall’ex-FCW Aaron Cage. Presente è anche l’altezzoso Alexander e per ultimo, il nerboruto Marduk, fisico possente e maschera simile a quella di Drago di Lucha Underground (il nome è un riferimento alla bestia taurina del mito di Gilgamesh).
Un’ordinaria battle royal con alcuni spot e interazioni godibili (altri meno), soprattutto da parte di Charles e Daniel mentre si scambiano una dura sequenza di gomitate, e Marduk (limitato nella mobilità da un infortunio e attivo per poco ma giusto quel che basta) che oltre ad alcune eliminazioni esilaranti rifila una Chokeslam spettacolare su Alexander (sempre una gioia vederlo bumpare e fare trash talk nel frattempo che sgattaiola) e verso la fine del match, rimasto da solo con un Cage inerme che nulla può anche con tre Codebreaker, una powerbomb assassina. Mentre si prepara a buttare fuori l’avversario, questo tiene duro e si appoggia alle corde facendo leva ed eliminando Marduk come Benoit con Big Show alla Royal Rumble 2004.
In seguito, Aaron comunica di voler sfidare Ferrari per il titolo estremo e che è pronto per levargli la cintura di dosso.
Il penultimo match della serata vede affrontarsi gli esponenti di due realtà esterne, da una parte gli Stalloni Italiani (Turbo e Saetta Nera) della WIVA e dall’altra Big Marcus e William Miller della IWE.
Un incontro buono, caratterizzato certo da un buon ritmo e soprattutto dal connubio di velocità e potenza dei due Stalloni, ma anche da vari errori nell’esecuzione e nella forma in sé, imputabile alla poca esperienza e formazione disorganica che purtroppo affliggono certe leghe. Marcus riesce a fermare lo strapotere di Turbo e riequilibrare la situazione, per poi taggare il più spedito Miller e concentrarsi sul minuto Saetta, facendo però l’errore di tornare al suo paletto e lasciare William in balia di una mossa combinata degli WIVA, senza lanciarsi al salvataggio del proprio compagno (non si capisce se per lentezza propria o incomprensione). Tutto sommato però il pubblico, nonostante il silenzio, dimostra poi interesse per i due Stalloni, i quali per presentazione sono una garanzia.
Il main event arriva e già dagli ingressi il pubblico comincia a fremere, specie per quello di Joe E. Legend, ultimo ad arrivare sul ring dopo il campione Shock (il quale ha annunciato però il suo ritiro entro dicembre) e un Bottazzini infortunato col Buttafuori al suo fianco come “enforcer”.
Il 4 way è annunciato a eliminazione. Il match si rivela forse il migliore e il più emozionante tra quelli visti in KOX (dopo Iceman vs. Shock per il titolo vacante) e si struttura bene in tre fasi distinte: nella prima Buttafuori va faccia a faccia sia con Shock e Legend senza mollare di un centimetro, rivelandosi ancora più rognoso delle precedenti occasioni (ricordiamoci che era di ritorno da una spalla lussata, a dimostrazione della sua fisicità e voglia di tutto rispetto). I due però si coalizzano e lo eliminano, lasciando Bottazzini come l’unico del Black Cult sul ring. Manuel però fila fuori dal ring per non esporsi ulteriormente come prima (nonostante abbia sfoggiato dello striking netto su Joe) e aspettare un momento propizio per aprofittarsene. La seconda fase, decisamente la migliore, vede invece Shock e Legend darsi battaglia sino alla fine. La Pietra di Rovigo ha dalla sua una miglior condizione fisica ed energia ma Legend lo spiazza con alcune gomitate nette e una Curb Stomp a sorpresa. Nella parte finale, i due vanno all-out con le proprie trademark e la tensione si può tagliare con un coltello, con dei falsi finali ben piazzati e un Bottazzini sempre all’erta che aspetta. Joe ha però la meglio e colpo di scena, Shock viene per la prima volta schienato pulito in un match titolato in KOX, proprio poco dopo l’annuncio del suo ritiro da campione indiscusso.
Manuel fila dentro il ring e nonostante l’incredibile spirito battagliero e il supporto del pubblico, Legend va giù dopo tre assalti col titolo, subendo uno schienamento e portando il Titolo Assoluto KOX in maniera rocambolesca nelle mani di Bottazzini e quindi, al Black Cult festante. Joe, comunque, è acclamato dalla gente mentre ripara stremato.
Un evento decente, soprattutto grazie al debutto dei due novellini e il main event a dir poco trascinante. Il maggior lavoro fatto dal nucleo KOX e del dojo Kazama si è notato sul quadrato, oltre a maggior concentrazione nei dettagli e dimestichezza nel gestire limiti e problemi che possono sorgere in un ambito tale, il quale grazie però al suo spirito ribelle, riesce ad andare avanti contro varie avversità e a portarsi una prova adeguata pure in un’inedita trasferta.