Dopo un lungo periodo di pausa causato dallo Stop al Wrestling Italiano, eccomi nuovamente con l’editoriale dedicato alla scena italiana.
Ne ho approfittato in queste settimane per preparare un po di interviste ad alcuni protagonisti della scena, in particolare a coloro che, con le loro esperienze all’estero, aiutano a crescere il movimento e sono i nostri migliori “biglietti da visita” per la scena italiana fuori dai nostri confini.
Iniziamo oggi con Filippo Malvezzi, Referee e Manager, con un ricco palmares di esperienze internazionali e, probabilmente, uno dei migliori sul campo per spiegare il concetto di Wrestling Business.
Enrico: Ci conosciamo da diversi anni, da quando le primissime volte che ci incrociavamo agli Show italiani tu non eri ancora salito su un Ring, ma eri un Fan… quando è scattata la molla che ti ha fatto dire: voglio essere sopra quel Ring?
Malvezzi:Hai una pessima memoria! (ride) In verità noi due ci siamo conosciuti quando già avevo mosso i primi passi.
Ci eravamo incrociati in un piccolo show in Emilia Romagna – a occhio e croce tra 2007 e 2008 – e in quella occasione ero impegnato come “plant” tra il pubblico.
In quanto alla molla, l’idea di entrare a far parte di questo bizzarro mondo c’è letteralmente SEMPRE stata..!!
Enrico: Quando ti sei interessato alla professione di Referee? E quando hai compreso
che ti piaceva più dirigere il Match piuttosto che farlo?
Malvezzi: Rimando alla risposta precedente: l’idea era sempre stata quella di far parte di questo mondo.
Come e perché mi era relativamente indifferente.
Quando mi sono accorto che tutti vogliono fare i wrestler e nessuno vuole essere un non-wrestler degno, ho fatto 2+2 ed eccoci qua.
(Malvezzi in azione in Wrestling Megastars)
Enrico: Quanto è importante il Ruolo del Referee nella riuscita di un Match? E quanta preparazione richiede, sul piano organizzativo e teorico, rispetto alla preparazione del Wrestler?
Malvezzi: Parlo per la mia esperienza.
Mi sono sempre allenato e mi alleno tuttora come un wrestler.
Stessa identica formazione fisica, stessi esercizi durante gli allenamenti e cerco la stessa intensità in palestra.
Primo, perché fa sempre bene.
Secondo, perché è utile per assorbire posizionamenti, tempistiche e tutto il resto.
Terzo, per una sorta di rispetto verso il Professional Wrestling stesso, le fatiche che comporta e verso tutti gli altri Worker che sono arrivati prima di me.
Quarto, perché credo sia un ottimo fattore differenziante per separarmi da tutti gli altri non-wrestler, che ad esempio durante i propri seminari si limitano a grandi discorsi senza però non scendere nel pratico con drill veri e propri…ecc…
La formazione “teorica”, come la chiami tu, è uguale a quella di un wrestler se non maggiore perché bisogna incorporare dentro anche tutte le logiche da arbitro/manager.
Enrico: Sei stato probabilmente l’unico Referee italiano che si sia formato e perfezionato in USA, nello specifico alla Knox Pro di Rikishi… come sei arrivato a contattarlo e come è stata l’esperienza?
Malvezzi: Togli il probabilmente! (ride)
L’ho sempre presa molto seriamente e sapevo che lo step successivo sarebbe dovuto essere quello della formazione negli USA presso una fonte universalmente riconosciuta.
L’esperienza in se è stata impegnativa ed estremamente gratificante per il bagaglio enorme di conoscenza accumulata lì.
Sono passati alcuni anni ma ricordo di aver fatto un calcolo del monte ore di formazione e pratica e questo, in pochi mesi, era pari e oltre un anno e mezzo di formazione e pratica in Italia.
Con in più l’oggettiva qualità superiore degli insegnamenti.
Enrico: Hai lavorato negli USA oltre che alla Knox Pro, anche nel Brand Freakshow dell’Ex-WWE Kizarny… quanto di quello che hai appreso sul meccanismo organizzativo e lavorativo del Wrestling USA è applicabile qui da noi?
Malvezzi: Alcune cose sono replicabili facilmente, per altre è più complicato per varie ragioni.
Ad esempio il fatto che le autostrade costino (e costino tanto!) in Italia, non aiuta la logistica.
Il fatto che in Italia per vendere una qualsiasi cosa come extra (bibite, snack…ecc..) occorra passare per una trafila burocratica infinita, è un altro bastone tra le ruote.
E ci sono altri esempi che potrei fare.
Ciò nonostante da noi ci sono altre cose positive.
I trasporti pubblici per gli addetti ai lavori, ad esempio, sono molti di più e se organizzati con anticipo sono anche relativamente economici (anche quelli migliori, come i treni ad alta velocità).
La sanità è differente – ovvero non è totalmente privatizzata – il che aiuta la sicurezza con paramedici e simili a disposizione senza dover dedicarci una fetta importante di budget organizzativo.
Tolte queste distinzioni, il vero nocciolo della questione sta nella mentalità imprenditoriale statunitense: anche noi ormai abbiamo imparato a dire “è un business!” ma in fondo in fondo la maggior parte di noi non ha ancora quel chip mentale davvero bene inculcato nella testa.
(Malvezzi in IWA, nei panni di Manager della Difference)
Enrico: Hai avuto modo anche di lavorare e perfezionarti in Europa, come in Belgio alla Fed di Bellomo (Ex-WWF, scomparso lo scorso anno) e al momento nella NEW dell’EX-WCW Wright …. La scena Europea come è messa in questo Business, a fronte delle tue esperienze?
Malvezzi: In Europa le persone che hanno campato realmente solo di Professional Wrestling si contano sulle dita di una mano (e due le hai appena citate tu).
E a parer mio sono le uniche che dovrebbero essere prese come riferimento per andare sul sicuro e limitare il rischio di cantonate quando si cerca il proprio mentore.
Il vero problema della scena europea è che nella maggior parte dei casi si è sviluppata a suon di sessioni da autodidatta utilizzando le casette VHS.
Ad alcuni può anche andare bene, ma la questione è che così facendo si perpetua quel meccanismo vizioso per il quale i nuovi arrivati continueranno a fare quello che vogliono perché non c’è mai stata una figura autorevole in grado di dare istruzioni precise e inconfutabili.
E fare come si vuole nel Professional Wrestling è sbagliato perché esistono già delle linee guide che hanno sempre funzionato e che vanno seguite per evitare di danneggiare la delicata immagine del Professional Wrestling stesso.
Insomma, ricordiamolo, la ruota c’è già e non bisogna reinventarla.
E questo non vale solo per le performance sul ring, ma anche per il comportamento nel backstage, per l’arte di saper tessere collaborazioni e parlare con altri worker e promoter e mille altre cose.
Poi, intendiamoci, succede ovunque nel mondo e anche negli USA.
Ma la differenza è che negli USA c’è almeno una scuola/compagnia degna per Stato, gestita da qualcuno che ha pagato le bollette solo grazie al Professional Wresrtling.
In Europa, no.
In Europa c’è sempre stato questo vizio di costruire fondamenta faraginose, un po come i finti medici che finiscono nei servizi delle Iene e che si sono formati con l’Allegro Chirurgo e con Esploriamo il Corpo Umano.
Enrico: Recentemente hai lavorato nel circuito della Lucha Libre messicana, una scena con una forte tradizione storica e con un forte bagaglio e retaggio culturale legato al suo stile di lotta … rispetto a USA e Europa, che differenze organizzative hai trovato nel concetto di Business che hanno sul Wrestling?
Malvezzi: Penso sia una via di mezzo per chi conosce entrambi i mondi.
C’è una certa influenza statunitense nella volontà di fare business, ma sotto questo aspetto la tendenza culturale socio-culturale latina rimane comunque vicina all’Europa.
Rimane comunque un’area di mondo da esplorare per chi si cimenta nel Professional Wrestling, però – e questo va sottolineato – con estrema attenzione perché è anche un’area di mondo particolarmente pericolosa.
Enrico: Al momento l’Europa sta attirando molto l’interesse della WWE, tanto da fargli aprire un Perfomance Center e un Brand NXT nel Regno Unito …. Aspetti positivi e negativi dal punto di vista commerciale di questo investimento della WWE nel Vecchio Continente?
Malvezzi: Non ne vedo nessuno di negativo, solo positivi.
Enrico: Il Regno Unito ha firmato definitivamente la Brexit ed entro la fine del 2020, la chiusura degli accordi di libero scambio con la UE saranno fortemente rivisti, con problemi anche sul fronte passaporti/visti … che ripercussioni potrebbe avere sul Wrestling UK? E su quello Europeo?
Malvezzi:Si tratta della mia preoccupazione maggiore.
Ma d’altra parte chissà, magari potrebbe aprire a nuove possibilità.
NXT Europe?
Enrico: Il Wrestling Italiano ha compiuto i suoi primi 18 anni: Che bilancio possiamo fare della scena? Come sta crescendo il movimento? E quando, secondo te, potremmo ragionare di “business economico” vero e proprio anche da noi?
Malvezzi: Chiaramente ci sono stati tanti miglioramenti.
Ma rientriamo sempre nel discorso delle fondamenta faraginose costruite a colpi di studio autonomo di VHS.
Ci vorrà ancora del tempo prima che il panorama vada a regime, ma sono convinto prima che o poi ci arriveremo continuando così.
Enrico: La recente Pandemia di Covid-19 sta interessando purtroppo anche il Wrestling: spettacoli rinviati o annullati, tour sospesi, AEW e WWE stanno registrando show a porte chiuse, come accaduto anche per Wrestlemania …. Dal punto di vista economico, che danni provocherà a livello mondiale?
Malvezzi: Ahimè temo che a questa domanda nessuno sappia rispondere.
Enrico: In ultimo, che consigli vorresti dare a chi vuole approcciarsi al Wrestling in modo professionale e vuole farlo diventare un lavoro?
Malvezzi: Domandarsi se è tutto frutto di egocentrismo o se si ama davvero il Professional Wrestling, innanzitutto.
Iscriversi a una scuola riconosciuta all’unanimità come autorevole.
Farne uno stile di vita 24/7 tra rinunce per partecipare a seminari e allenamenti extra, dieta, palestra e libri e podcast di settore al posto di Netflix.
Essere disposti a fare scelte drastiche (spostarsi, cambiare lavoro in favore di uno con meno garanzie ma più flessibile…ecc…).
Pensare a un eventuale piano B, perché – ed è questa la cosa peggiore del Professional Wrestling – tutto quello che ho appena elencato non assicura nulla.
(Malvezzi in MWF)
Enrico: Grazie ancora & Buon Lavoro
Foto © Enrico Bertelli “Taigermen”