Purtroppo non posso dire che Karrion Kross non sia atletico, o prestante, o abile sul ring. È un omone di quasi due metri che ha un fisico imponente e che riesce a dominare senza problemi l’avversario, con quel pizzico di cattiveria che non guasta mai per un heel. Eppure, nonostante lo slancio iniziale, e l’entusiasmo di una platea che lo voleva ardentemente rivedere su un ring WWE, la sua carriera sembra annaspare tra alti (pochissimi) e bassi (diversi), con lunghi periodi di stasi.
La sua rivalità con McIntyre doveva essere il suo endorsement ufficiale, data la caratura del suo antagonista. Infatti lo scozzese veniva da un paio di anni in cui aveva rappresentato la compagnia di Stamford, conquistando due volte il titolo dei pesi massimi, e dopo aver costituito, quando campione non lo era, contemporaneamente face di punta e rivale numero 1 al campione di turno. Quindi tutti i tasselli erano al loro posto nel grande mosaico che doveva essere la carriera iniziale di Karrion Kross, eppure questa auto, dopo diversi singhiozzi, è rimasta quasi subito senza carburante.
Vuoi una storia che non ha destato alcun coinvolgente interesse nei fan, vuoi i match “piatti”, e a tratti noiosi, ai quali ha preso parte, sta di fatto che Kross non è riuscito a ritagliarsi il posto che meritava nell’universo WWE (o quello che la dirigenza credeva dovesse meritare). Ma, se dessimo la colpa solo alla storyline con McIntyre e alla qualità di alcune sue contese, rischieremmo di essere fuori rotta. Ciò che c’è di “sminuente” nel personaggio, e in questo scorcio della sua permanenza in WWE, è il suo personaggio stesso. A mio avviso, un personaggio già visto in passato (mi ricorda a tratti il Kevin Thorn della ECW, con un pizzico di Gangrel), con la classica valletta dai vestiti succinti e dal chiaro richiamo al sado-vampirismo, non può ambire a “scomporre” più di tanto il pubblico. A maggior ragione se, i suoi precursori, non lo hanno sconvolto prima di lui.
È arduo immaginare cosa avrebbero potuto farne di Kross in alternativa a questo. Neppure il legionario romano sarebbe potuto andare più lontano di così onestamente, e il licenziamento subitaneo di allora ne è fu la riprova. Forse, e dico forse, una Gimmick più “asciutta” e meno “artefatta”, ma soprattutto meno ridondante, poteva essere un ottima strada da percorrere. Capisco però che, quando il lottatore non ha un carisma innato, bisogna “costruirglielo” con espedienti narrativi. Ma risultare originale diventa difficile quando hai una storia quarantennale alle spalle che ti rema contro, e che ha già esibito gran parte delle possibilità narrative che puoi raccontare.
In certi casi forse è meglio affidarsi alla fortuna, e lanciare sul palco qualcuno per così com’è, senza che sia stucchevolmente imbellettato nel dietro le quinte, correndo così il rischio di usare un trucco già visto. Temo per lui che, se non dovesse incanalare nella maniera giusta il suo personaggio alzando, la qualità dei suoi match e delle sue rivalità, ci sia molto poco da raccogliere in futuro per lui. E spiace, perché un atleta del genere può tranquillamente stare lì dove sta (e forse anche più in alto di dov’è ora), senza dover ricorrere ad espedienti narrativi che stancano o hanno già stancato. Noi siamo qui in speranzosa attesa, seguendo l’imperativo ricorrente della sua theme song: fall and prey! (for you Karrion)