Che la Bloodline fosse in fase di rimpolpamento era chiaro anche ai non addetti. Da quando Roman è fuori dalle scene, e dopo la caduta del suo regno ad Aprile, il gruppo sta lentamente risorgendo dalle sue ceneri con a capo, come leader provvisorio, l’unico superstite della Bloodline che fù, ovvero Solo Sikoa. Poco importa che Paul Heyman, consigliere fidato del Tribal Chief e vero architetto dietro le sue vittorie, sia riottoso a questa nuova piega assunta dal gruppo. Sikoa ha preso pienamente le redini della storia e semina terrore negli spogliatoi WWE. Vittime illustri di questo regno del terrore sono nell’ordine: Jimmy Uso, Kevin Owens e Randy Orton. Proprio il duo composto da questi ultimi ha riportato una cocente sconfitta a Backlash lo scorso sabato in un match durissimo, il cui esito è stato determinato in favore dei Samoani dal nuovo innesto nella famiglia, Tanga Loa, intervenuto per riportare la situazione nella consueta iniquità tutta a favore della Bloodline. E così il gruppo raggiunge quota tre componenti e si staglia imponente, più violento e determinato che mai, su tutto il roster dello show blu della Compagnia.
Il problema di questa storia è che i suoi meccanismi si stanno ripetendo ciclicamente in maniera tediosa. Tutti i nuovi acquisti arrivano più o meno nella stessa maniera; verso la fine di un match in cui sono coinvolti i leader di turno, interrompendo l’apparente conteggio definitivo dell’arbitro e aggredendo l’avversario del caso, consentendo ai samoani di vincere sempre. È praticamente successo con tutti, escluso Tama Tonga che ha attaccato alle spalle Jimmy Uso durante un promo, e questo leitmotiv c’è il pericolo che diventi stucchevole. Ci sarebbero una infinità di modi per pubblicizzare l’assunzione di un membro nuovo, e ogni volta sarebbe originale. Se il modus operandi è sempre lo stesso, invece, si rischia di smorzare l’effetto schock e il conseguente interesse per il neoacquisto di turno. Il che è un peccato perché sono tutti atleti di valore e la storia, con questo nuovo capitolo, sta mantenendo alto l’interesse su di sé. Parliamo di quisquilie, ovvio, ma come sogliono dire gli Americani: “The devil is in the details”.
Quale sarà secondo me la prossima tappa di questo racconto ? Il match con Cody Rhodes per il titolo. L’evoluzione organica di questa narrativa è il confronto tra Cody Rhodes e il Tribal Chief pro tempore Solo Sikoa il quale, un po’ per vendicare Roman e un po’ per sostituirsi ad esso, lancia il guanto di sfida al campione WWE. Ciò costituirebbe un punto di non ritorno, rappresentando il motivo per cui Roman potrebbe rinnegare questa Bloodline 2.0 che non concepisce lui come unico Capo assoluto. A proposito di questa nuova versione del gruppo debbo rivelarvi quanto questa già mi piaccia parecchio. È davvero diversa dalla sua antesignana, e a renderla tale sono i due figli di Haku che apportano originalità a questo assetto. Tama Tonga è una mina vagante, un vero “selvaggio”, aggressivo e dinamico, e le sue espressioni da indemoniato lo rendono quasi pauroso. Tonga Loa ha dalla sua una stazza da Colosso di Rodi, una mimica da vero duro e una abilità sul ring seconda a nessuno. Unico appunto da fare: Solo Sikoa si deve impegnare a non diventare, soprattutto quando impugna un microfono, la parodia di sé stesso, evitando il più possibile il lato comedy (i botta e risposta col pubblico ne sono un esempio), profilandosi come degno erede della austerità di Roman Reigns. È colui che guiderà il gruppo nei mesi avvenire, ne traccerà la strada e ne esalterà le gesta, cercando di rendere, se possibile, questa nuova storia della Bloodline anche migliore della precedente. Ha un grosso fardello da trasportare. Ma si sa, i samoani si sono sempre dimostrati di spalle larghe.