Finalmente è tornato. Bray Wyatt è in WWE. Da quando è andato via, in maniera non poco rocambolesca, improvvisa e mai del tutto chiarita, un pensiero ricorreva incessante nelle menti di tutti gli appassionati, e sinceramente, anche nella mia: Che diavolo ha nel cervello Vince? Trova un diamante nel deserto, dopo aver passato decenni a cercarlo, proprio ora che una Leggenda del Wrestling se ne va (Taker) e che ha bisogno di rimpiazzare, e lo getta nella spazzatura perché “voleva fare troppo di testa sua”? Mica parliamo di un Ellsworth qualunque. Dopotutto, anche un sito autorevole come “The Wrap” ha notato che il ritorno di Wyatt è stato una manna dal cielo in termini di ascolti. E pure di soldi.

Bray Wyatt è un diamante. È bravo sul ring, è un mostro sacro al microfono ed è un personaggio (finalmente!) con una storia ben costruita alle spalle. Mi sembra il connubio perfetto tra Undertaker (manco a farlo apposta) e Mick Foley. Del primo prende lo spessore del personaggio e la sua “ombrosità”, del secondo invece le capacità di rendere “estremo” un segmento al microfono (andatevi a vedere il promo di Foley contro Orton prima di Backlash 2004, giusto per farvi un’idea). Insomma, un’eccellenza mica da niente. Eppure è stato licenziato. Ora, mettere nella stessa frase Bray Wyatt e “licenziato” è un ossimoro di per sé. Ma la motivazione non mi è mai sembrata convincente.

Secondo me c’è dell’altro. Bray ha una mente geniale, cosa confermata anche dagli addetti ai lavori. Vede oltre, e vede lontano, e questo poteva essere un problema in un mondo pieno di limiti ed inibizioni come quello della WWE del 2020. Forse alcuni segmenti sono stati troppo “forti”, e forse ci si stava “focalizzando” troppo su di lui, tralasciando il resto. Questa, per esempio, oggi è una paura di molti “fruitori” di wrestling anche italiani. Come se questo fosse davvero un problema. Come se la WWE degli anni ’80/’90 non si fosse concentrata troppo su Hogan, o la WWE della prima decade del 2000 non fosse imperniata sulla figura di John Cena. Forse, e dico forse, con quelli si poteva fare, perché dopotutto erano due personaggi “culturalmente e socialmente” accettabili. Dare troppo spazio ad un mostro che parla con pupazzi spaventosi, che getta fiumi di sangue sugli avversari, che si fa bruciare vivo su un ring, che usa maschere orripilanti e tiene discorsi degni di Freddy Kruger, il tutto imbellettato in maniera tale da renderlo prodotto per famiglie, forse, e dico forse, è un tantino “troppo”. Anche in un momento in cui su Netflix impazza una serie tv che racconta la vita del “Cannibale di Milwuakee”. E ci sta pure, figuriamoci. Però per anni ci siamo lamentati che il prodotto fosse “piatto” e monotono, ed una volta che ci danno la cioccolata, rispondiamo “si grazie, ma non tutta insieme”.

Però c’è dell’altro, sicuramente c’è dell’altro nel licenziamento di Wyatt. Altro che ancora non ci è dato sapere. Uno così le federazioni dovrebbero tenerselo stretto. Uno così ti rende spettacolare anche una lanterna. Uno così ti fa venir voglia di sentire parlare una poiana giocattolo. Uno così è un diamante. Ora è tornato ed ha tenuto un promo a Smackdown visibilmente commosso, ringraziando tutti quanti lo hanno supportato in questa assenza (troppo) prolungata. E speriamo che stavolta il motore non si inceppi nuovamente. Io non ho paura di vedere uno show che si basa per un buon 70% su di un unico personaggio, purché mi Intrattenga, perché creerebbe ancor più competizione. E non ho neppure paura che qualcuno resti indietro. La WWE, spinta al massimo, si scervellerebbe su come far risaltare gli altri, e darebbe vita a storie sempre più avvincenti. “La competizione è sempre buona” come dice Triple H. Per cui, prendendo in prestito le parole della cara Orietta Berti, mi verrebbe da fare un sollecito, quasi un consiglio spassionato: Finché la barca va, lasciala andare.