Lascia che ti dica una cosa Mean Gene, è da quando ti conosco che ti chiedo di raccontarmi delle storie, ed è da quando ti conosco che tu me le racconti. Ma se pensi di avermi lasciato nel momento opportuno,  andandotene adesso che sto diventando grande, ti sbagli. Le tue storie, aldilà della mia età e della mia maturità, saranno, sempre e comunque, una fantastica fantasia reale nel cuore di un bambino.

 

E già, perché è quando si è bambini che ci si affeziona a qualcosa, o a qualcuno. Quando tutto è rallentato dallo sviluppo delle idee e dalla conoscenza delle emozioni, ognuna più forte della precedente, nella nostra mente e nel nostro cuore si crea quel sentimento che ci riporterà sempre e comunque a quei momenti soffici, fatti di sicurezze. Mean Gene Okerlund non ci ha lasciato incontri spettacolari, classici indimenticabili. Non ci ha lasciato Promo entusiasmanti, momenti shockanti. Non ci ha lasciato quello che del Wrestling è la sostanza. Mean Gene Okerlund ci ha lasciato tutto il resto.

Ci ha lasciato l’immagine di un minuto uomo in mezzo ai giganti, uno scoiattolo che si è guadagnato il rispetto degli orsi, facendolo spesso accompagnato da una “donnola”. Ci ha lasciato quell’immagine un po’ antica, con un Look semplice, vecchio, poco avvezzo al sembrare Cool, poco incentrato sullo stile. Quell’immagine che da bambini potrebbe anche farlo passare in secondo piano, considerando che accanto a lui, sempre e comunque, c’erano statue alte due metri piene di muscoli, con i capelli lunghi e la voce grossa. Sin da piccoli però, in molti si sono sempre resi conto che, aldilà delle dimensioni, il vero gigante era lui.

Non è affatto facile spiegare con delle parole scritte, che cosa ha rappresentato Mean Gene per i fan di almeno due generazioni. Chi non l’ha vissuto potrebbe semplicemente pensare a uno senza fisico, senza voce, senza titoli. Una figura marginale. Però se ci si ferma un attimo, si può provare a leggere fra le povere righe di un articolo, per capire chi era.

Mean Gene Okerland era uno che ha lavorato nelle tre più importante compagnie che abbiano visto la luce negli anni della sua carriera negli Stati Uniti d’America: la American Wrestling Association, la World Wrestling Federation e la World Championship Wrestling. E’ sempre stato l’anello di congiunzione tra le persone normali e le stelle che intervistava. Chi guardava Mean Gene, poteva credere che al limite dell’impossibile si poteva arrivare. Con un animo forte come una roccia e un’educazione d’altri tempi, Gene Okerlund ha tenuto a bada decine di teste calde, si è guadagnato la stima di caratteri poco avvezzi all’umiltà e soprattutto, il rispetto delle folle.

E’ stato a dir poco enorme, il suo talento. Che nonostante non consistesse nell’avere le qualità che servono per spremere i frutti dai quali esce il succo del Wrestling, si è fatto notare, e come, incentrandosi nei suoi tempi, nei suoi sguardi, anche solo, e scusate se è poco, nel tenere quel microfono sempre un po’ più in alto del suo naso, spostando le sue pupille dall’intervistato al pubblico. Si è costruito un’identità, è diventato un simbolo.

E’ stato poi un comico, un burbero, un gentiluomo, uno sportivo pessimo, un ballerino avventato, un oratore nato, un giornalista prestato. Soprattutto però, è stato un amico, una leggenda e infine un’icona.

Mean Gene Okerlund vagherà eternamente in quello strato gelatinoso che c’è nel mezzo fra le nuvole e il paradiso. Lo farà con un microfono in mano, alla continua ricerca di un tacchino gigante, un atleta col quale allenarsi o un omone da redarguire. In eterno subirà le angherie della sua devota “donnola”, osserverà incontri immaginari su Ring immaginari seduto su sedie immaginarie. Si sistemerà nella mente di Vince McMahon, che immagazzina e immagazzina, piangendo lacrime amare ogni qualvolta qualcuno dei suoi lo lascia sempre più solo. Vagherà e vagherà ancora fino a quel momento tanto sperato, quando in questo zoo macroscopico, potrà prendere posto in un angolo fatto a posta per lui, accanto all’animale che più di tutti ha amato e che più di tutti lo ha amato, il Gorilla, quello con le spalle larghe, quello che sarà sempre e comunque pronto a difenderlo, ad abbracciarlo, a sostenerlo.

Adesso è proprio questo il suo destino, ritrovare Bobby Heenan, Gorilla Monsoon. Ritrovare i giganti che lo hanno lasciato troppo presto, André The Giant, Macho Man, Ultimate Warrior. Sarà li, in quella savana di bestie travestite da leoni, che lui condurrà tutti alla gioia, come un maestro d’orchestra che dirige la più bella e lunga delle sinfonie.

E lascia che ti dica l’ultima cosa Mean Gene: ti perdono. Anche se mi hai lasciato solo, ti perdono. Soltanto perché mi hai promesso, in fondo, che un giorno tornerai a raccontarmi le tue storie, quelle di cui non posso fare a meno, e che adesso, almeno per un po’, racconterai ai tuoi vecchi amici. Ciao Mean Gene, riposa in pace.