Parlando, pensando, mangiando, bevendo e respirando Wrestling ogni santo giorno, mi rendo sempre più conto di come le Superstar, spesso e volentieri, hanno un Character, un modo di lottare o semplicemente un nome ben preciso, messo li per qualche motivo, per una ragione chiara. Nel farlo qualche tempo fa però, mi sono anche reso conto, attraverso un ragionamento che non sto qua a spiegarvi perché vi annoierei, che tante volte ci dimentichiamo di certe personalità che anche se non sembra, sono fondamentali, uomini che vivono per la disciplina e come purtroppo nel mondo e nella vita succede, ci lasciano. Succede ai Wrestler, ma non solo.
Tutti noi abbiamo conosciuto Santino Marella, Comedy Wrestler ex WWE che ci ha fatto tanto ridere e che forse avrebbe meritato un ruolo un po’ più serio di quello che ha avuto, almeno in certi frangenti. Conosciamo Marella specialmente qua in Italia, dove sempre ci siamo interessati a lui perché proposto appunto come italiano, e i più anziani ed esperti, sapranno che il cognome che la WWE gli ha dato non è un caso, ma è un tributo. Un tributo a Robert James Marella, detto Gino, meglio conosciuto come Gorilla Monsoon, ex Wrestler, commentatore e Commissioner della WWF. Ma non solo, è un tributo anche a Joey Marella, suo figlio.
Gino Marella muore dopo una sfolgorante carriera in diversi ruoli, muore all’età di 62 anni, dopo un infarto dato dalle complicazioni del diabete, malattia che lo affliggeva. Ma suo figlio Joey, morì a 31, tragicamente, improvvisamente, lasciando un vuoto che molti non ricordano mai, perché Joey era solo un arbitro. Solo un arbitro che però, come Mr. Perfect, Owen Hart o British Bulldog, era un uomo che dedicava la sua vita al nostro sport preferito, per meno denaro, meno gloria e quasi zero possibilità di diventare una stella.
Da quello che raccontano i lottatori che lavoravano con lui, in pochissimi come Joey sapevano lavorare sul Ring. Raggiunse i livelli dei fratelli Hebner ben presto, aiutando tantissimo la costruzione dei Match e recuperando grazie alla sua esperienza, nonostante la giovane età, anche parecchi errori, orrori e Botch. Insomma, stiamo parlando di una persona che proprio come i Wrestler è stato fondamentale per lo svolgimento di un incontro, e troppo spesso non viene, come quasi tutti gli arbitri del nostro mondo, ricordato a dovere.
Joey nasce nel New Jersey nel 1963 e ha sempre fatto l’arbitro, i suoi Try Out servivano a quello, non ha mai tentato di fare il Wrestler, come non ha mai tentato di sfruttare l’appoggio del padre, che ritenne opportuno non far sapere nemmeno nel Backstage che Joey era suo figlio. Arriva nella World Wrestling Federation nel 1983, e da li in poi comincia a scalare il Ranking arrivando ad arbitrare Match che sono entrati nella leggenda, come Huk Hogan contro Andrè the Giant a Wrestlemania III, o come Bret Hart contro British Bulldog a Summerslam 92. Insomma, un pezzo importantissimo della compagnia dell’epoca. Raggiunse un’importanza tale nella compagnia da essere scritturato per recitare nel film “No Holds Barred”, dove face appunto la parte di un arbitro in un Match di Wrestling.
Purtroppo la carriera di Joey si interrompe troppo presto, il 4 Luglio del 1994, quando tornando a casa in macchina da uno Show che la WWF aveva dedicato al giorno dell’indipendenza, un colpo di sonno fa impazzire la sua macchina. L’incidente è mortale, fortunatamente solo per lui e non per colui che lo accompagnava, ovvero Bruno Lauer, meglio conosciuto ai fan di vecchia data della WWF col nome di Harvey Wippleman, il manager dei perdenti. Il rapporto dell’incidente dirà che Lauer aveva la cintura di sicurezza, e nonostante le gravi ferite si salvò, mentre Marella ne era sprovvisto e perse la vita.
Joey Marella muore all’età di 31 anni, lasciando su questa terra il suo ricordo, e una carriera che era iniziata già da tanto, ma che molto di più aveva da dare al nostro Business. In suo onore, Tony Chimel chiamò suo figlio Joey, mentre il dolore per la morte del figlio, indebolì le forze di Gino, che non riuscì più a combattere come una volta con la sua malattia, lasciandoci il 6 Ottobre del 1999.
Joey è stato vittima non di droghe, alcol o steroidi, Joey è stato vittima esattamente del contrario. E’ stato vittima della pulizia del suo corpo, che purtroppo collassa nei punti critici, quando il dispendio di energie è esagerato, quando i viaggi e la vita On The Road portano al limite che la natura ci ha saggiamente consegnato il giorno nel quale siamo nati. Bisogna riflettere su questo punto. Bisogna riflettere e capire che non solo i vizi e gli abusi nel mondo della lotta professionistica possono portare alla morte. Bisogna capire che comunque sia, qualunque sia il modo nel quale ci si comporta, il Wrestling è una disciplina dura, segnata da uno stile di vita quasi insopportabile e che se non si sta davvero attenti, può calpestare anche se si ha la forza dei trent’anni. Joey è la rappresentazione di tutto ciò, ucciso dal sonno, ucciso dal suo essere onesto col suo corpo e integro con le sue regole di vita. Ucciso, purtroppo, dalla pulita passione che lo trascinava nelle notti stradali, con la luna come balia ma senza nessun sole a fargli abbastanza luce.