Lucha Libre es México. México es Lucha Libre.
Si, sono imprescindibili. La Lucha Libre incarna perfettamente lo spirito del Messico. La Màscara è e rimane il simbolo della Lucha Libre messicana. La maschera per molti di noi è rappresentata solo da Rey Mysterio, mentre in Messico la maschera è LA LUCHA LIBRE.
Era il 2012 quando Ian Markiewicz ed Alex Hammond decisero di girare un documentario sulla tradizione della Lucha Libre in México. I due registi decisero di viaggiare per il Messico seguendo alcuni dei principali luchadores di CMLL e AAA, dentro e fuori dagli show. Si passa nella leggendaria Arena México, dove si sono dati battaglia i più grandi nomi della Lucha Libre messicana di tutti i tempi, per poi fare un salto nelle piccole fiere, fino ad arrivare ai grandi eventi targati CMLL o AAA, tra i quali Triplemania.
La Lucha è una religione. Lo è per i fan come lo è per i lottatori. La maschera è tutto. La privacy è tutto. Tutto questo ci viene raccontato attraverso gli occhi di chi lo vive questo sport. Tra i Ciceroni del documentario troviamo volti noti e meno noti della Lucha messicana: Shocker (el 1000% guapo), Blue Demon Jr, Sexy Star, Fabian “El Gitano” e il compianto El Hijo del Perro Aguayo.
Per noi europei non è facile capire perché la Lucha Libre è così amata in Messico. Tanto meno lo è per gli statunitensi. Ed è per questo che Markiewicz e Hammond riescono là dove hanno fallito tanti documentaristi prima di loro. I due cineasti decidono di partire dal fondo, dal pubblico e dalle piccole realtà per arrivare a trattare tempi più importanti. Non si parla di wrestling vero o falso. Non si tralasciano le difficili condizioni del Messico, anzi tendono a sottolinearle facendo capire il lavoro svolto dai lottatori. Alcune zone, come Tijuana o Ciudad Juarez, sono ormai off-limits. L’incolumità dei lottatori è tutto. Ogni federazione ha la propria fanbase, ogni show fa il pieno di pubblico. Tutto viene fatto in funzione dei fan e per i fan. Alcuni posti sono prestigiosi, come la già citata Arena México, altri sono semplicemente dei piccoli house show. Eppure gli stessi Luchadores sembrano metterci la stessa passione e la stessa grinta, ogni singola volta. Il fan è tutto.
Le storie si intrecciano portandoci a vedere le sfaccettature di un mondo variegato e variopinto formato da atleti che amano fare il loro lavoro e che sacrificano molto per divertire la gente. Tra le varie storie c’è quella di Shocker, atleta CMLL, che affronta un brutto infortunio ma che non vuole mollare e rinunciare ad una carriera ormai ventennale. C’è Fabian el Gitano, che, dopo aver perso la maschera in un match Màscara vs Caballera, pare sprofondare in una spirale di depressione che lo porta alla maschera. Ma si parla anche di Lucha femminile e della meravigliosa Sexy Star, prima di raggiungere l’apice della sua carriera. Si citano anche lottatori statunitensi come Jon Andersen e Matt Bloom, attuale coach del Performance Center WWE, conosciuto come A-Train e Tensai.
Ma il vero pezzo forte è dato dalla parte dedicata ad El Hijo del Perro Aguayo, la storia dei Perros del Mal, e alle sue parole profetiche: “La carriera di un Luchador può essere molto lunga o molto breve”. Triste come le parole di questo ragazzo siano state quasi uno scherzo tragico del destino. Proprio nel documentario si vede, infatti, la sua morte l’anno successivo e il suo lascito, la sua leggenda in AAA.
In definitiva, non posso che consigliarvi questo documentario. Necessario per farvi un’idea del mondo che c’è dietro la Lucha Libre messicana. Prendetevi due ore, aprite Netflix e godetevi le vite dei lottatori messicani. Vite fatte di sacrifici, di allenamenti, viaggi estenuanti e match infiniti. Fiere in cui si respira aria di Lucha. E la maschera, ovvero il simbolo del Luchador nudo e crudo. Onnipresente in Messico. E soprattutto la folla, un pubblico che ama i propri beniamini. Per non parlare della fama. E della leggenda. Perché come dice Blue Demon Jr alla fine del documentario:
Siamo leggende. E leggende non moriranno mai.