Tutto bello, abbiamo avuto il match che desideravamo, la puntata è stata un successo, è andato tutto come doveva andare, finale impeccabile che lascia aperto un futuro rematch titolato. La AEW del D.P. (Dopo Punk) funziona bene e sta inanellando senza paura una bella strada, riprendendosi i principi fondatori del wrestling indie alla ribalta e tutte le altre questioni, annacquate dai soldi di TNT.
Ma aldilà di questo che è stato ampiamente sviscerato, volevo in questa occasione focalizzarmi su la cosa che più mi sta piacendo di questa AEW, il che non è una cosa oggettiva, anzi tutto il contrario. Fate bene a esaltarvi per Omega vs Danielson, per Adam Cole e CM Punk, fate benissimo, ognuno nel suo ruolo sta avendo un impatto più che positivo nella percezione di quello che è la AEW oggi, ma per me c’è Sting sopra a tutto.


A sessantadue anni sta facendo qualcosa che non ha precedenti nel pro-wrestling americano, considerate le premesse iniziali. Ricorderete il debutto e le prime apparizioni un po’ confusionarie, con la sensazione che la AEW si volesse comprare uno spicchio di storia e aggiungere una figurina “leggendaria” al suo album.
Settimana dopo settimana, con sincero spirito di servizio, ha fatto di tutto per non essere troppo ingombrante, amato sì, ma non un handicap per Darby Allin, anche nelle settimane meno riuscite era comunque lì. Ha fatto un passo indietro anche durante la fugace “rivalità” con CM Punk, poteva pretendere visibilità, data l’età, lo status, il fatto che è il fottuto Sting e invece ha lasciato spazio ai lottatori e al rientrante Punk e al suo pubblico affamato della sua presenza.
Grand Slam è stata l’occasione per stupirci, parlo di noi che abbiamo dato sempre seguito alla WWE e che ha un po’ addormentato le nostre aspettative, tutte le sorprese sono prevedibili e le cose sorprendenti sono insensate, questo è il mantra che ci accompagna da anni. La AEW invece, cerca, non sempre ci riesce, di smuovere la testa dei fan a partire da questo, non tanto dai match belli o brutti.


Che cosa aspettarsi da un match di Sting in tag team oggi? Soprattutto con due atleti di prima classe della categoria come gli FTR? Il pensiero è quello legato a immaginarsi tutti i trucchi possibili per non esporre un sessantaduenne e lasciare tutto il match a chi fisicamente integro e invece ciò che abbiamo visto ha dell’incredibile. Ovviamente in rapporto a tutte le condizioni sopra citate, ma la voglia di non essere una comparsa è stata concretamente tangibile. Quello “spirito di servizio” è esattamente questo, cercare di fare qualcosa che spiazzi lo spettatore; per quanto siamo abituati a vedere lottatori in là con gli anni in Giappone, negli Stati Uniti è qualcosa di estremamente raro, impossibile dopo il caso Lawler in WWE.


Ora non si tratta di esaltare la AEW per una scelta coraggiosa, ma un elogio alla forza di volontà di Sting che, nonostante il ricco conto in banca e dopo il pesante infortunio contro Seth Rollins, è riuscito trovare la forza per chiudere alle sue condizioni, mentre tutti i suoi coetanei sono fermi da decenni.
Detto questo, pensate realistico vederlo un’ultima volta per il titolo mondiale? Se lo meriterebbe sicuramente, con la giusta costruzione e un heel forte (come l’attuale Omega) si creerebbe una atmosfera magica, potrebbe essere l’ultimo match della sua carriera che potrebbe perdere senza rimpianti di nessuno.


La realtà è che oggi la AEW ha l’occasione per ripetere qualcosa simile a HBK vs Flair, qualcosa che potrebbe rimanere veramente della storia. Se inizialmente l’ingaggio di Sting poteva essere stato sottovalutato da addetti ai lavori e fan, adesso la consapevolezza di avere un colpo in canna unico e irripetibile c’è e deve essere colta.