Si potrebbero raccontare tante storia quando si parla di Professional Wrestling. Si potrebbero imbastire discorsi su discorsi per elogiare o denigrare un lottatore. Si potrebbero anche mettere da parte gli amori e gli odi per cercare di capire cosa c’è scritto fra le righe di una carriera. Di una vita. Cercare di intendere come si cambia, come si cresce. Come si diventa grandi bruciando la candela dai due lati, annientando, o rischiando di farlo, il proprio essere, diventando l’abiura di se stessi. Talvolta nel bene, talvolta nel male. Si possono fare, dire e scrivere tante cose. Quando però si parla di un fenomeno, certe cose fatte, dette e scritte, dovrebbero essere interpretate, ripulite dal superfluo, asciugate dall’umidità degli aliti di chi spara a zero. Ci si dovrebbe avventurare con ciò che resta, poi, nell’esegesi di una vita al limite, non solo fuori, ma anche dentro al quadrato.
Il più grande Wrestler di tutti i tempi, probabilmente, ma anche il più strano caso che il nostro strano spettacolo possa offrire. Un uomo che ha diviso la sua vita, creando due facce della stessa medaglia, che in un vorticoso sorteggio, alla fine, ha deciso di cadere a terra dalla parte del sorriso, chiedendo scusa e mettendo fine a quello che era stato fino a quel momento. Non era facile, per niente, soprattutto perché quel sorriso era stato perso. Regalato e poi nascosto, all’altra faccia e dall’altra medaglia, in un gioco paradossale e crudele che però, alla fine dei conti, ha trovato il modo di mettere tutto a posto, centrando l’obbiettivo finale: quello di essere considerato una brava persona, pentita e affranta, risultando ancora più importante dei successi in scena, e se consideriamo che si parla dell’apoteosi della grandezza, allora stiamo dicendo che il cambio è un trionfo epocale.
Shawn Michaels è stato un lottatore esuberante. Tecnicamente quasi eccellente e dal carisma incommensurabile. Maestro nel farsi odiare, naturalmente adatto a farsi amare. Croce e delizia di tutti coloro che lo osservavano. Disprezzato dagli invidiosi e adorato dagli arrivisti. Ammirato, semplicemente, dalle persone comuni. Fratello d’armi di Marty Jannetty, uno che resterà indietro, troppo indietro per poter essere considerato un suo fratello anche nella vita. Parallelo che ha sempre caratterizzato HBK, che dietro alle telecamere mordeva l’esagerazione e davanti alle stesse mordeva gli amici. Parallelismo che si ferma, poi, quando paralleli diventano altri due fattori: la rivalità dentro e quella fuori. Bret Hart era il suo acerrimo nemico, e lo era in ogni contesto, lui però, aveva la forza che danno i poteri che contano. Condannabile? Forse, anche per sua stessa ammissione, ma Bret avrebbe fatto lo stesso se quei poteri fossero stati dalla sua parte? Difficile dirlo o immaginarlo.
Shawn ha sempre e comunque fatto ciò che doveva essere fatto, per la compagnia, ma soprattutto per lui. Unico uomo vero insieme al signor Mark Calaway, su questo non c’è chi possa contestare, ad aver rinunciato ai ponti d’oro della World Championship Wrestling. Unico uomo falso, ad aver pianto su un Ring mettendo in ginocchio una generazione di fan inscenando un ritiro, giusto per non cedere a quel Bret Hart la sua cintura di campione della World Wrestling Federation. Era cosi, all’epoca, il rosa e il nero per la Kliq erano come il rosso per i tori, bisognava caricare.
La verità però, che in pochi sanno, è che un toro non carica perché vede il rosso, un toro carica perché il torero sa come muovere il Capote, e il torero chiamato tempo è venuto a sistemare le cose, come sempre, da grande gentiluomo. Il ritiro arriva davvero per HBK, non molto più tardi di quel sorriso perso, o meglio nascosto. Non fu una vendetta, non fu una ripicca. Fu un’ancora di salvezza. Shawn Michaels capì che era arrivato il momento di darci un taglio. Era arrivato il momento di tirare in aria ancora una volta quella famigerata moneta, di tirare fuori di nuovo i denti e mostrarli con onore.
Il tempo diede a Shawn Michaels la possibilità di rendersi conto che la sua famiglia valeva più di un retaggio della gioventù mai passata. Era arrivato il momento di crescere. E lo fece, Shawn. Abbracciò la fede, in questo caso cattolica, e decise che grazie ad essa avrebbe messo fine al circolo vizioso creatosi intorno a lui. Capì, quando il fondo stava per diventare un buco, che si può risalire la china. Grazie a questo capì anche che le sue azioni autodistruttive non erano le sole alle quali porre rimedio, e quindi chiese scusa. Chiese scusa per i suoi comportamenti da prima donna. Chiese scusa per tutti coloro che avevano subito le angherie del primo della classe. Chiese scusa davanti ai suoi demoni trasformandoli in angeli. Loro, per tutta risposta, gli concessero il privilegio di tornare ad essere, in tutti i sensi, il migliore del mondo.
Shawn Michaels ha tagliato i capelli. Invecchiando tanto con un semplice colpo di forbice. Questo mi ha fatto pensare. Ho capito, anche io, che il tempo è inesorabile e che con quel taglio, il buon HBK, ha messo fine al personaggio che è sempre stato. Lascia in bacheca tutti i suoi trionfi, le sue schifezze e le sue grandiosità. Appende gli stivali su un chiodo che non avremmo mai voluto esistesse. L’Heart Breaker Kid, Mr Wrestlemania, Mr Hall of Fame. Da un Barber Shop ad Undertaker la strada è stata lunga e irta di spine, ma con scarponi grossi e faccia tosta, caparbietà e incoscienza, oggi possiamo parlare senza timore di essere smentiti, di uno dei più grandi, o forse, chi lo sa, il più grande Professional Wrestler di tutti i tempi.
Shawn Michaels cominciava ad esprimere il suo essere come Wrestler quando io ero un bambino. La WWF gli concesse una misera pagina in uno degli album di figurine dell’epoca. Sono cresciuto con lui, come con altri, come punto di riferimento di questa mia passione, e adesso, che la sua chioma decennale non c’è più, per la prima volta occupandomi di Wrestling, mi sento più vecchio anche io, tanto. Tristezza dolce, che arriva dopo la spensieratezza, dopo che guardi a certi uomini come se fossero immortali, ma ti rendi conto che la vita non si ferma, e nemmeno loro, immortali, lo sono.
Grazie Shawn Michaels, perché non te l’avevo ancora detto. Grazie per essere stato magnifico nel bene e nel male. Grazie per aver reso memorabili anche quei momenti nei quali eri l’uomo più scorretto del pianeta. Grazie per essertene andato, aver riposato ed essere tornato. Grazie per non aver mollato e avermi dato momenti felici per cosi tanti anni. Grazie per aver mantenuto fede alla tua parola questa volta, il vero, imprescindibile indizio, che oggi oltre ad essere il più grande uomo che sia mai passato su un Ring di Wrestling, sei anche un grande uomo comune. Grazie di cuore.