Foley, Terry Funk, Tommy Dreamer, Abyss, i Dudleyz: tutti personaggi sinonimo di estremo, di violenza, di incontri sanguinolenti e bump improbabili. Dean Ambrose, girandoci molto poco intorno, è il personaggio individuato per trasportare la proverbiale fiaccola, possibilmente senza dar fuoco a nessuno. La scelta è quella corretta? Più inverosimile di una voce di mercato di Tuttosport, ecco a voi l’editoriale odierno.

Parliamo di Dean Ambrose. Impresa non semplice sotto molti punti vista: dovendosi basare sulla percezione che il pubblico ha di lui, possiamo trovare essenzialmente due frange. La prima che lo vede come un maineventer fatto e finito, in attesa dell’occasione giusta per proporsi come protagonista assoluto di Raw…e poi la seconda, probabilmente in netta minoranza, che qualche dubbio sul suo spessore da maineventer ce l’ha. Più passa il tempo, tuttavia, più mi convinco che il tempo di Dean potrebbe non arrivare mai, almeno per come la intendiamo noi.

Ed il tutto non è legato al performer, intendiamoci. Capace al microfono, carismatico, “differente” e più che discreto sul ring: gli ingredienti per un maineventer ci sarebbero tutti, senza starci a pensare troppo. Il problema principale riguarda, tanto per cambiare, la gestione che la WWE ha avuto di Dean dallo split dello Shield in poi: da tale gestione, sembra chiarissimo lo slot che la federazione vorrebbe affidargli da qui in avanti. Non è un caso che sia oramai l’unico membro dei mastini della giustizia a non aver ancora indossato il massimo alloro, pur avendone avuta l’occasione.

Lo slot in cui la WWE lo sta pian pianino inserendo non è il midcard, ma nemmeno il main event. Uppermidcard direbbe qualcuno di smaliziato, in mancanza di termini maggiormente precisi per descrivere la sua condizione. L’affidare un gimmick match ad un character, così come avverrà di qui a breve ad Extreme Rules con il primo Asylum Match, può esser visto in modo duplice: da un lato gli si offre la possibilità di “personalizzare”, in molti casi, la fase conclusiva di faide agguerrite, tuttavia dall’altro si inserisce lo stesso character in un alveo che poco si confà ad un main event, soprattutto se parliamo di un gimmick match “estremo”. Mi viene da pensare al Monster’s Ball di Abyss ed all’Inferno Match di Kane: incontri difficili da bookare, che identificano il loro creatore in chiave mark. Proprio questa collocazione di Dean, come erede di quello spirito folle, estremo, autolesionistico che fu di Foley e Funk prima di lui (non è un caso che prima del match contro Lesnar a Wrestlemania 32 vi siano stati dei segmenti proprio con questi due personaggi) mi fa pensare che nella visione futuristica della WWE Dean potrebbe avere un ruolo duraturo di charater di supporto, e non di protagonista. Considerando anche un altro fattore.

Mentre con il sangue, con l’ignoranza (catastrofica) circa gli effetti di un colpo alla testa non protetto e con diverse licenze (tavoli infuocati, filo spinato, puntine ed altro ancora) andare over come character estremo era tutto sommato semplice (vedasi l’ECW), in quest’epoca PG dove il sangue è severamente temuto e bandito ed il lato violento è abbassato decisamente di volume, è veramente complesso imporsi come stella sinonimo di rossa violenza. Non vi può essere lo stile selvaggio, indomabile e spaventosamente crudo di un Foley con limitazioni così stringenti (in molti casi sacrosante): lo stesso Foley, in quest’epoca, probabilmente non avrebbe nemmeno raggiunto il territorio di sviluppo. Dunque si, Dean Ambrose è stato individuato come erede morale di uno spirito passato, tuttavia questo spirito ha decisamente briglie troppo strette per poter essere trasmesso in modo efficace, è un dato di fatto ineludibile.

A questo aggiungerei un ulteriore fattore. Se Dean, in quel di Wrestlemania o contro HHH a Roadblock, avesse dimostrato una resistenza ed una resilienza fuori dal comune, sopravvivendo alle finisher dei suoi avversari sulle sedie o cose simili, magari perdendo lo stesso ma morendo sugli scudi, allora staremmo parlando di un character decisamente proposto in modo differente. Invece Dean è stato livellato in entrambe le occasioni senza eccessive difficoltà, non dimostrando nulla di sovraumano o di particolarmente superiore alla media. Dunque la gestione passata, sia remota che prossima, di Ambrose inficia non poco la sua percezione attuale, per quanto ci si possa illudere ed adagiare sulla memoria a breve termine del fan di wrestling generico medio, dove vittorie e sconfitte non hanno la minima importanza.

Cosa fare dunque? Io l’ho sostenuto e continuerò a sostenerlo sino alla nausea: DA ha nelle corde un heel assolutamente folle, maniacale, pericoloso ed incontrollabile. Questa sua tenacia quasi folle da babyface, condita da uscite comedy, ha raccontato tutto ciò che doveva, e mi sembra arrivato decisamente il momento di voltare pagina, proprio nel momento il cui è ancora over con il pubblico: i tradimenti dei personaggi amati sono sempre quelli più efficaci. Voi cosa ne dite?

Ultima richiesta: per l’amor del cielo, cassate la “A” di anarchia ed il giubetto di ecopelle una volta per tutte, il 1996 è bello che finito quattro lustri fa.

Danilo