NXT è uno specchietto per le allodole. Allo stesso modo sono stati il Cruiserweight Classic e lo UK Tournament di quattro mesi fa. Un modo per certificare la nuova colonizzazione mondiale del wrestling, senza esser aggressivi verso le rivali ma piuttosto mettendo sul piatto una offerta che non potrai rifiutare con annessa stretta di mano con Triple H.

Quella stretta di mano dovrebbe rassicurare ed invece irretisce. Perché se l’intenzione era quella di coprire la colonizzazione di cui sopra con un prodotto indy adottato per il vasto pubblico, i risultati non si sono visti. Il Cruiserweight Classic ha fatto fatica a decollare e la presenza di alcune top star non ha agevolato lo spettacolo, forse poco avvezze ad essere incastonate in uno standard fuori dal loro comune. Quel torneo, che pareva essere il preludio di una nuova era e trasportato a Raw con tanto di categoria al seguito, non ha lasciato alcuna traccia. Anzi, tanti match cuscinetto con storyline di poco conto ed uno show dedicato (205 Live) che non è riuscito a catturare il grande pubblico certficando in sostanza un deciso flop. Non è bastato nemmeno il ritorno incisivo di Neville, passato da Mickey Mouse ai fasti del suo regno di NXT e opposto a vari atleti di spicco senza mai riuscire a far gridare wow a vecchi e nuovi sostenitori.

La categoria UK dov’è finita? Un torneo così così con un finale discreto non ha dato alcuna visione del wrestling britannico e tutti i presupposti sono svaniti nel vuoto. Si parla da tempo di tapings ma intanto il progetto è salito in soffitta e lì rischia di ammuffire fino a nuove indicazioni. Buono sapere che la WWE sta pensando a Pete Dunne nel main roster, ma senza ulteriore costruzione rischia di bruciarsi a soli 23 anni. Anche in questo caso non vi è stato un modo per progredire, solo un modo per farsi altri soldi con il minimo sforzo cercando di dire agli indy e i tifosi fidelizzati di Insane, Progress, WCPW e RevPro che esiste anche la WWE e che la WWE pensa agli alternativi

. I risultati però non sono stati granché, se non far pensare che a Stamford stessero cambiando veramente idea.

Ed NXT? Ve lo ricordate NXT? Si direbbe: si stava meglio quando c’era meno starpower. Quando il roster non era infarcito di superstar già viste altrove che qua lottano col freno a mano tirato sospinti soltanto dalle gesta nelle indy. Guardatelo quel roster: Robert Roode, Drew McIntyre, Kassius Ohno, Roderick Strong, Alistair Black, Andrade Almas, Oney Lorcan, Eric Young, Johnny Gargano, Tommaso Ciampa, Killian Dain. Leggendo tutti questi nomi pensereste ad uno show pieno di match da 5 stelle Meltzer, storie piene di pathos e grande hype. L’hype c’è ma rispetto al passato la WWE ha brandizzato NXT rendendolo un progetto al 100% proprio, dimostrando come il vero wrestling sia solo il proprio. Il brand giallo è così un bel vino, pregiato, che uno scriteriato beve versandoci dentro mezzo bicchiere d’acqua: il risultato è un caos di sapore, dove prevale il fastidio più che il piacere vero e vissuto. Viviamo nel piacere del momento: nel ritorno di Ohno e McIntyre, nell’addio di Nakamura, nei segmenti della Sanity o dei DYI. Momenti, intrattenimento. Ma il wrestling è altra cosa, e rispetto al passato anche i Takeover sono meno seguiti e meno aspettati. Volutamente ho omesso la categoria femminile, in mano ad una unica campionessa senza avversarie. La dimostrazione di come puntare subito e fortemente sulle 4 Horsewomen ha sì arricchito il main roster ma ha messo una pietra sopra a quella di NXT.