La Super J-Cup quest’anno è stata letteralmente un lampo. Un bell’evento negli Stati Uniti che prosegue il processo di internazionalizzazione della NJPW.
Si leggono tante belle collaborazioni nel tabellone del torneo, che ovviamente ha valorizzato di più lottatori sotto contratto diretto con la compagnia nipponica, ma che comunque ha visto wrestler americani e messicani di promotion amiche farne parte.
Chiaramente la cosa più importante è stata quella di realizzare queste tre serate negli Stati Uniti, questo ha portato anche a soffrire praticamente zero la vicinanza con il G1 Climax.
Un processo, dicevo, che porta sempre più spesso la NJPW negli Stati Uniti, dopo l’evento al MSG di aprile e il day one del G1 Climax di quest’anno. E se gli altri eventi 2019 puntavano molto, molto alto, questo è stato qualcosa di più “normale”.
Certo, il brand “Super J-Cup” per un appassionato è qualcosa di leggendario ripensando alle edizioni del 1994 e del 1995, negli anni la magia si è persa a favore del Best of Super Jr., ma il fascino, almeno per me, rimane intatto.
E la scelta di “regalare” l’intera edizione ai fan statunitensi è un bel modo per dire che gli show negli USA sono tutti di estremo valore, una strategia di marketing basilare.
Questi sono stati show normali, con tolto Will Ospreay, senza top name a livello di Okada, Naito o White, per assurdo sono stati più significativi, da un certo punto di vista, di molti altri.
Dico così, perché le forze messe in campo sono state interessanti ma non entusiasmanti, il che ci dice che la NJPW nel territorio degli Stati Uniti non cerca minimamente di entrare nel mercato in maniera aggressiva. Sono occasioni per intessere rapporti commerciali con le altre compagnie (ROH), favorire una/due volte all’anno i performer occidentali stanziati in California e accontentare la richiesta sempre più alta dei fan americani di poter vedere dal vivo i propri beniamini. Senza “risse” con nessuno, semplicemente per arrotondare le entrate annuali cercando di ottimizzare il rapporto sforzo/beneficio.
E anche lo show del 31 agosto a Londra, avrò lo stesso identico approccio, sostituite ROH con RevPro e California con Inghilterra. Non si tratta perciò di un’invasione ostile nei territori, ma semplicemente di una serie di rapporti normali per una compagnia che si affaccia al mondo.
Nello specifico la Super J-Cup quest’anno se la porta a casa El Phantasmo, lottatore che io personalmente adoro, con una coraggiosa scelta da parte della compagnia nipponica di non vedere premiato Will Ospreay anche come premio di consolazione dopo l’eccellente G1.
Non è stata l’edizione della vita, ma sarebbe interessante se la NJPW riuscisse a renderlo tradizionale in terra straniera, proprio anche per dargli quel senso di mondialità che lo contraddistingue. La finale composta da un messicano e un canadese negli Stati Uniti in un torneo promosso da una compagnia giapponese, penso sia la fotografia più significativa.