Aprile 2000, WCW. Nei giorni precedenti Vince Russo e Eric Bischoff hanno appena scritto una delle idee più belle della storia del wrestling mondiale: la contrapposizione tra i veterani e le giovani leve. Non una cosa nuova. Ma proposta su una scala più ampia, con gruppi di potere piuttosto evidenti. Fa la stessa cosa la TNA nel 2008 con la nascita della Main Event Mafia. In entrambi i casi, la storyline nasce bene e si perde via discorrendo.
Quello che leggerete è solo una mia sensazione. Ma ci sono da tempo tanti semi, tanti indizi, che la AEW sta dando per una storia che vada a ricalcare quelle passate (ovviamente non con gli stessi risultati). Ha messo nel roster tutta una serie di wrestler che col proprio status hanno tanto da dare a tutti, e altri che hanno tanto da prendere a tutti.
Il discorso dei Four Pillars non nasce a caso. E non sono solo quattro: a MJF, Darby Allin, Jungle Boy e Sammy Guevara si è aggiunta Britt Baker per meriti sul ring; e Lee Moriarty, Dante Martin, Wheeler Yuta, Wardlow, Ricky Starks, Hook, Daniel Garcia, gli Acclaimed, Santana e Ortiz, e Anna Jay per i vari tentativi che stanno facendo dal booking team. La pattuglia è folta e vorrà scalare le gerarchie nei prossimi tre anni.
E dall’altra parte? Un nucleo di atleti affermati che viaggiano verso o hanno superato i 40 anni. Chris Jericho, Kenny Omega, i Bucks, Danielson, Punk, Moxley, gli FTR, Christian Cage, Matt Hardy, (forse) Jeff Hardy, Lance Archer, Sting. Insomma, un bel gruppetto di main eventer pronti, non solo a parole, a lanciare i campioni del domani.
C’è tanto di quel materiale che questa storia potrebbe andare avanti almeno per un anno. Non accadrà ovviamente ora. Probabilmente più in là. Ma se dovessero metterla in atto, sarebbe la rivincita di una idea che meritava di più delle pernacchie che ha ricevuto per via della sua gestione.