“Ciao ho letto in giro che è morto Rey Mysterio, è vero?”
Questo messaggio, ricevuto oggi sulla pagina di Zona Wrestling, è l’ennesima conferma di quanto in basso sia caduta in basso l’informazione online. Una ragazza spaventata che crede sia morto uno dei suoi idoli, Rey Mysterio della WWE, vittima dell’ennesimo gioco al massacro dei click. Mi mostrava un post di una nota radio italiana, dove veniva mostrata spudoratamente la foto di Rey Mysterio, quello vivo, quello della WWE.
La verità? È morto Rey Mysterio Senior, lo zio del Rey Mysterio che tutti conoscono. Un lottatore leggendario della lucha libre messicana che ha prestato il suo nome al nipote, come vuole la tradizione in questo sport. Ma questa precisazione, così semplice e doverosa, in molti giornali italiani non la troverete. Lei mi ha ringraziato, dicendo “mi stavo già mettendo a piangere”.
Perché specificare “Senior”? Perché chiarire “lo zio di Rey Mysterio della WWE”? No, meglio cavalcare l’ambiguità. Meglio sperare che qualcuno, magari un fan preoccupato, clicchi sul titolo credendo sia morto il suo beniamino. Alcuni hanno persino osato utilizzare foto del Rey Mysterio della WWE, spingendosi oltre ogni limite dell’etica giornalistica. Sarebbe stato intelligente, magari, mettere la foto di entrambi insieme se proprio si voleva sfruttare l’immagine del “nostro” Rey.
È questa l’informazione mondiale online oggi, un sistema che si nutre di ambiguità, che prospera sulla confusione, che antepone il traffico alla verità. Un sistema dove persino la morte di un atleta diventa un’occasione per racimolare qualche visualizzazione in più. C’è chi parla di errore, ma per quanto mi riguarda non esistono mezze misure o giustificazioni: chi ha pubblicato questa notizia senza chiarire immediatamente nel titolo l’identità del defunto ha fatto una scelta precisa. Ha scelto di fuorviare i propri lettori. Poi qualcuno ha fatto peggio, confondendo i due Mysterio, altri invece hanno accennato la parentela tra i due.
Mi spingo a dire che giocare sul dubbio che sia morto il vero Rey Mysterio, quello che molti di noi hanno imparato ad amare in WWE, è l’unico motivo al mondo per cui una testata giornalistica nazionale può avere interesse nello scrivere della morte di un wrestler così poco rilevante al pubblico italiano. Tutti colpevoli quindi? Un po’ sì. Ma d’altronde si può fare tutto se lo si fa con trasparenza e correttezza. Molte testate hanno cavalcato l’onda, pur mettendo la foto corretta o scrivendo nel titolo che era lo zio del più famoso Hall of famer WWE. Potremmo fare una classifica di gravità, ma alla fine servirebbe a poco.
Un ultimo esempio per rendere bene la gravità di questa storia. Come se un giorno morisse il padre di Christian Vieri (ex calciatore soprannominato anche lui Bobo) e i giornali nazionali di massimo livello avessero pubblicato la notizia “Calcio in lutto, è morto Bobo Vieri” con la foto dell’ex bomber di Juve, Inter e Milan. Questo sarebbe ritenuto inaccettabile, ma ovviamente il wrestling non è il calcio e si pensa che giocare con la morte e i sentimenti dei lettori su in tema “secondario” sia accettabile.
Noi non siamo una testata giornalistica e non possiamo distribuire patenti di grande giornalismo a nessuno, ma voglio ricordare a tutti che il clickbait ha un prezzo. Ha un prezzo sulla percezione della realtà delle persone. Persone reali, non solo numeri.
La prossima volta che vedrete un titolo volutamente ambiguo, ricordatevi di quella ragazza spaventata che credeva fosse morto il suo idolo. Perché è questo il vero prezzo del clickbait: la fiducia dei lettori, sacrificata sull’altare dei numeri, che siano social, intoiiti pubblicitari o traffico sul sito.