Ci avrei giurato che la vittoria ad Elimination Chamber sarebbe stata di LA Knight. Era l’unico che Rollins non aveva mai affrontato, e il solo che di questa sfida ne aveva ardentemente bisogno. Più di McIntyre anche. Perché lo scozzese, oltre ad avere forse qualche altra run titolata nel serbatoio, non ha più tanto altro da raccontare. Non sarà certo in questa fase della sua carriera che riuscirà a far fare il salto di qualità alla WWE, non  ce l’ha fatta durante il covid dove di concorrenza ce n’era poca, non riuscirà neppure adesso dove il “parterre” dei rivali in armi è florido come mai prima d’ora. Knight invece è in fase di lancio da tanti mesi, “congelato” in attesa del momento propizio per spiccare il volo. Ma la WWE, oltre ad averlo immolato all’altare del Tribal Chief 3 mesi fa, non gli ha concesso altri particolari “riguardi”. Lo ha relegato, suo malgrado, al ruolo di midcarder in continuo affanno per un posto nel Main Event. Non certo un posto ambito da tutti.

Lo dico più o meno da quel 4 Novembre (Crown Jewel) che si sta aspettando troppo per incanalare nel giusto modo il fenomeno LA Knight. Forte di un supporto popolare senza precedenti, il lottatore si è visto catapultato al centro dei riflettori più o meno inconsapevolmente, costringendo di fatto la Compagnia a puntare tutto su di lui. Tuttavia, come spesso è accaduto sotto il regno di Roman, Knight si è scontrato contro il “muro” in cemento armato rappresentato dalla Bloodline (più o meno alla maniera di Zayn), e da lì per lui c’è stato poco altro, portando inesorabilmente gli entusiasmi che lo circondavano a smorzarsi, e la sua carriera in una pericolosa fase di stallo. L’opinione che questa opportunità sia stata sprecata andava divenendo sempre più certezza, almeno fino a quando Knight

non ha conquistato un posto nella EC Australiana. Finalmente l’occasione ghiotta che lo avrebbe portato in trionfo verso Wrestlemania era arrivata, magari diretta verso il suo primo titolo mondiale. Certi amori, anche in WWE, fanno giri immensi e poi ritornano. Tutto era pronto per consacrarlo e per ripagarlo della bruciante sconfitta per mano di Roman. Invece no, Knight è stato eliminato quasi subito per colpa di AJ Styles e tanti cari saluti all’ennesima corsa perduta.

Forse Drew è la persona giusta per affrontare Seth, soprattutto perché è il “perdente” giusto per questo scenario. Forse perché Seth deve “sacrificarsi” in favore di Damien Priest e della sua valigetta, e lo scozzese è la persona adatta a preparare il terreno per questa eventualità. Forse Knight non andrà a WM contro Seth perché è in atto un estremo tentativo di “salvaguardarlo” da una ulteriore sconfitta titolata, e perché ritenuto ancora meno “credibile” come campione di Damien. O forse, volendo essere pessimisti, Knight non è ritenuto idoneo dalla WWE a ricoprire mai il posto più alto sul podio, e quindi le nostre resteranno vane speranze puerili. Sono stato tra i primi a sottolineare le varie incertezze sul ring di Mr. Yeah!, e a temere che proprio queste potessero rappresentare il suo più grosso “limite”. A fiato è meno prestante di molti altri, e talvolta la sua caparbietà lo rende un pelino impacciato. Tuttavia sono queste “sbavature” che rendono i suoi match piacevoli. L’idea che una contesa sia fatta anche di “errori” (quando non mettono in pericolo nessuno) e di fiati corti è un qualcosa a cui ci siamo disabituati, tanto che oggi la perfezione è talmente “costante” da rendere molti match noiosi. Ma il problema più grosso di Knight credo sia lo spogliatoio che si trova a frequentare oggi, colmo di un così elevato numero di wrestler iconici, come una spigola che si trova a dimenarsi in un banco di squali. La più grande pecca di Knight è quindi il contesto storico nel quale si cala: L’uomo giusto, nel posto giusto, ma al momento sbagliato.