Si fa un gran parlare del professional wrestling negli uffici seri. Tanto parlano quelle persone, con quei vestiti, quelle cravatte, con quelle idee di correttezza e di morale. Si fa un gran parlare della morte, nel professional wrestling. Non esistono favole per chi giudica un mondo che non conosce.

Soltanto tragedie, di un qualcosa che dovrebbe essere abolito, schiacciato, cambiato. Un po’ questo mondo in effetti è cambiato, almeno la dove si può vedere, dove le luci dei riflettori sono luminose. Anche noi, noi che di questa disciplina quasi respiriamo, non ci rendiamo conto a volte, che le favole non sono solo quelle di chi solleva al cielo una cintura, o due, magari nella notte più importante dell’anno. Oggi non mi va, dopo tanto tempo, di chiedermi perché, di cercare di spiegare i motivi o capire come. Mi va solo di raccontare una storia, che parla di tante cose, anche di morte, una morte che però, per una volta, si è comportata quasi bene con un protagonista di questo maledetto professional wrestling. Questa storia parla di una stella, davvero una stella. Non solo per lo spettacolo, ma soprattutto per la sua vita. Perché come una stella è nata, ha brillato, bruciato tappe, gente, assorbito corpi celesti, ha mostrato raggi di luce, creato ombre, e proprio come una stella, è piena di macchie. La fine, come sappiamo e vedremo, è un canto del cigno importante e lucente, spentosi con la sua vita dopo l’ascesa finale. E’ arrivata la fine, anche per l’ultimo guerriero, un immortale, che ancora una volta, è morto.

Si chiamava James! Tutti voi avete capito di chi parlo.

Non vi dirò frasi retoriche come “Ultimate Warrior era in fondo un brav uomo”. “Ultimate Warrior era uno dei nostri”. “Era un grande wrestler”. No. Ultimate Warrior è diventato una leggenda per la concomitanza di tante variabili capitate tutte nel posto giusto. La suscettibilità della gente. Il momentaneo oscuramento fisiologico di Hulk Hogan. Un’energia che ha spiazzato tutti e un fisico, seppur frutto di un incredibile abuso, a dir poco perfetto. Ma soprattutto Warrior era una persona quasi spregevole. Uno che non aveva nessuna remora a chiedere migliaia di dollari cinque minuti prima di un main event. Era uno che sul ring colpiva duro per esaltare le sue doti non curante dell’incolumità dei suoi colleghi. Warrior, diciamocela tutta, è stato un grande in scena, ma osceno fuori. Questa è la realtà.

Sta di fatto che gli uomini sono nati anche per sbagliare, e lui, fra centinaia di luci ed ombre, ha sbagliato tanto, troppo. Nonostante questo però, quel signore che veglia sul nostro mondo chiamato wrestling, se c’è, ha deciso che per tutti coloro che sono diventati grandi guardandolo, e sono cresciuti pensando che tutta quella carica e tutta quell’energia potesse aiutarli nella vita, ha deciso che come una vera stella, doveva brillare più di tutte prima di implodere in se stessa. La vecchiaia di Vince McMahon e il suo relativo ammorbidimento, la mediazione di Triple H e soprattutto l’odore dei dollari, perché alla fine sempre di questo si parla, hanno avvicinato l’ultimo guerriero alla WWE, per l’ultimo grido, l’ultimo palcoscenico, per l’ultima volta. Per fortuna il “buon” James non ha chiesto 5000 dollari poco prima della sua introduzione nella Hall of Fame, ed è stato introdotto senza intoppi nell’olimpo dei lottatori. Qualche giorno dopo, all’età di 54 anni, ha sentito il suo cuore fermarsi. In quel momento avrà chiesto perdono, ne sono sicuro, per tutti gli errori della sua vita. Avrà pensato a Renegade, quel Richard Wilson suicidatosi dopo il fallimento di imitarlo, senza un briciolo di gloria. Avrà pensato alla morte che era davanti a lui, e stavolta senza nessuna pretesa arrivata poco prima del grande evento finale, ha semplicemente ringraziato, per avere aspettato qualche giorno in più prima di prenderlo, per avergli dato la possibilità di avere l’onore più grande per uno che ha vissuto come lui. Grazie anche a nome nostro morte, sappiamo che James ha sbagliato tanto, ma sappiamo anche il suo nome, “The Ultimate Warrior”, adesso, grazie alla tua pazienza, non verrà davvero, mai, dimenticato.

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Direttore di Zona Wrestling. Appassionato di vecchia data, una vita a rincorrere il Pro Wrestling, dal lontano 1990. Studioso della disciplina e della sua storia. Scrive su Zona Wrestling dal 2009, con articoli di ogni genere, storia, Preview, Review, Radio Show, attualità e all'occasione Report e News, dei quali ha fatto incetta nei primi anni su queste pagine. Segue da molti anni Major ed Indy americane e non.