Nel mentre sto per scrivervi del personaggio di The Fiend, mi trovo in preda ad un dubbio. Anche se, come consuetudine nelle storyline, il maligno dovrebbe rappresentare il face della situazione che difende la sua, cosiddetta, “debolezza”, so anche bene che egli rappresenti(siamo sicuri?) tutt’altro che un personaggio buono.
Perciò, mi immagino le domande di tutti mentre vengono qui a leggere questo editoriale: “secondo quali punti di vista dovremmo considerare l’alter ego di Bray Wyatt un babyface?”, “Cosa ha fatto per farcelo capire?” o “Perché io, spettatore, dovrei aspettarmi una lotta tra bene e male in questa rivalità tra The Fiend e The Viper?”. Spero di far cosa gradita nel tentare di spiegarvi tutto ciò secondo il mio punto di vista, per quanto mi è possibile.
La “debolezza”, di cui sopra, altri non è che Alexa Bliss, novella principessa da proteggere o salvare in questo scenario tutt’altro che solito nel wrestling WWE. Quindi, un personaggio da proteggere valorizza, di per sé, il carattere e la caratura morale di colui che interpreta la parte del protettore. Anche se questo personaggio rappresenta il male.
Se ci soffermiamo sull’etimologia del termine fiend, questa riporta il significato letterale di “malvagio” o “nemico”(più precisamente il “diavolo” stesso, ossia il nemico per eccellenza). Detto questo, un personaggio cattivo, un heel, perché dovrebbe avere una debolezza rappresentata dal legame con un’altra persona?
Di solito, il punto debole di un malvagio ‘fatto e finito’ dovrebbe essere legato all’avidità, all’ottenimento di fama, potere o soldi. Poco dovrebbe importargli, intrinsecamente, di altre persone. Ed è proprio qui che Bray Wyatt “The Fiend” eleva il suo personaggio. Lo fa entrare in una zona grigia, che tanto piace a chi usufruisce di prodotti basati sulla caratterizzazione profonda dei personaggi. Capiamo, dunque, che la rappresentazione fisica della malvagità ha a cuore un’altra persona.
Arrivati a questo punto, molti di voi potrebbero domandarsi “e allora?”, oppure “perché questa debolezza è arrivata proprio adesso e non prima?”. Io non sono qui a fare l’avvocato del diavolo(ba-dum-tss), ma posso dirvi che questa ascensione ha senso.
Perché il maligno ne ha passate tante. Ha provato, con le sue due armi, a distruggere(HURT) e curare(HEAL) le altre persone. Si è avvicinato a loro e, probabilmente, nella sua concezione stava facendo la cosa giusta. Ma nessuno dei suoi precedenti obiettivi se n’è mai accorto. Finchè non ha incontrato Alexa Bliss. La prima persona che lo ha capito. L’unica che è finalmente dalla sua parte.
Fino a poco tempo fa, le sole entità amichevoli erano rappresentate dai grotteschi pupazzetti della Fun House che non potevano supplire ad una delle più grandi sofferenze che può patire un uomo, la solitudine. Perché la dicotomia uomo/maligno è chiaramente presente in Bray Wyatt. E, seppur lui continui a riferirsi al Fiend in terza persona, noi spettatori sappiamo che questo è solo un modo per fuggire da una realtà di solitudine, ossia tramite la creazione di un alter ego che possa farlo sentire meno solo e che possa aiutarlo a varcare i confini della solitudine stessa, tramite la ricerca morbosa dell’altro.
Dunque, abbiamo un personaggio sfaccettato. Che ha provato in tutti i modi a fare del “bene”(dal suo punto di vista) e che adesso si trova ad affrontare la possibilità di perdere l’unica persona che conta. Quella persona che ha lottato per trovare. Ed abbiamo The Viper.
Randy Orton sarebbe dovuto essere l’ennesima “vittima”(a questo punto, ha senso definirlo così?) del maligno, ma è proprio nella scelta del bersaglio che, stavolta, Bray Wyatt ha peccato. Perché Orton è un heel ‘fatto e finito’. Come sopra, a lui interessa solo una cosa, il suo tornaconto personale. È lui ad usare gli altri, non il contrario. Non si farebbe mai indicare la via da nessun altro se non da sé stesso. E non a caso è chiamato The Viper.
La vipera è, nella maggior parte delle specie, un animale solitario che rifugge dalla socializzazione con i suoi simili e, anzi, vive e sopravvive grazie alla sottomissione e distruzione dell’altro. E questo, di per sé, non è affatto un male per questo rettile.
Chiarito questo, Orton è stato chiaro: non ha paura del Fiend e lo ha dimostrato. Ha dimostrato di voler fare di tutto pur di prevalere sul proprio avversario, minacciando subdolamente la sua unica(al momento) debolezza, Alexa Bliss.
Ma veniamo agli ultimi avvenimenti. Nella scorsa puntata di RAW, The Fiend ha approfittato del match tra Bray Wyatt e Randy Orton per passare all’offensiva. Ha aggredito la Vipera con la Mandible Claw ed il guanto con cui l’ha effettuata riportava la scritta HURT. I più attenti di voi avranno già capito dove voglio arrivare.
In questo contesto, sarebbe stato logico da parte del Fiend utilizzare l’altra arma a sua disposizione, HEAL, per riuscire a far cambiare la mente di Orton e mettere al sicuro la sua protetta. Ma, anche se vi ho fatto credere che stiamo parlando di un personaggio “buono”, lui è pur sempre la rappresentazione fisica della malvagità. Ed il guanto HURT è il modo che ha per distruggere chi minaccia la sua sfera personale, ovvero, in questo caso, ciò per cui ha combattuto. Per questo, mi sento di poter affermare che il Fiend ha voluto chiarire che, questa volta, non c’è nessuna intenzione di fare la cosa giusta per l’altro. Se il Bray Wyatt uomo della Fun House e del match è sembrato mantenere il controllo, il maligno ha dimostrato di essere accecato dalla rabbia. Adesso, l’unico obiettivo è la distruzione dell’altro. Guarda caso, la stessa determinazione che muove The Viper.
In conclusione, è, secondo me, palese che ci troviamo in mezzo ad una lotta tra due mondi. Opposti. La ricerca dell’altro contro l’assoluta dedizione a sé. Alla fine, vogliamo davvero continuare a parlare di bene contro male? Ne siamo sicuri? Inoltre, sappiamo dire con certezza se siano entrambi nella sfera del male o viceversa? Secondo l’opinione di chi scrive, non è davvero importante. L’importante è godersi questo spettacolo.