Quando si parla di atleti del futuro, il nome di Cesaro è sempre tra i più quotati sia da noi fans che dagli addetti ai lavori. Il suo momentaneo depush è solo frutto di un pessimo tempismo? Più roccioso di Morata, ecco a voi l’editoriale odierno!

Antonio Cesaro è in assoluto uno dei worker migliori attualmente sotto contratto in WWE. Acquisito dalla ROH come Claudio Castagnoli, specialista dei Tag Team Match assieme al suo partner (e mentore) Chris Hero, in WWE ha assunto l’identità di Antonio Cesaro, ex giocatore di rugby “amico” di Aksana cacciato dalla sua Federazione Nazionale per l’eccessiva violenza dimostrata. Da qui, pian piano, il nostro semi compatriota è riuscito ad emergere non come talento da indy ma come talento assoluto, perdendo il proprio nome di battesimo ma conquistando molto di più: a Wrestlemania XXX, Cesaro vince la prima “Andre The Giant Battle Royal”, acquisendo gloria, fama, un bruttissimo premio ed un manager. Mi correggo, IL manager.

Essere un Paul Heyman Guy, per un talentuoso come Cesaro, sarebbe dovuta essere la più grande delle fortune, soprattutto considerata l’affascinante e nostalgica vittoria ottenuta in quel di WMXXX. Invece, l’essere accostato al manager considerato “la mente” dietro la più grande conquista ipotizzabile nel mondo del wrestling, ossia la fine della streak, è stato qualcosa capace di impoverire un personaggio potenzialmente caldissimo. Paradossalmente, Cesaro è satato reso un mero strumento per mantenere Heyman un personaggio costante in questi 5 mesi nell’attesa del ritorno della vera superstar, ossia Lesnar: il Genio del Male dal canto suo, complice un pericoloso e pigrissimo vuoto creativo, non è riuscito suo malgrado a mandare over Cesaro con i suoi eccellentissimi promo, piuttosto ha finito con il rendere il suo “cliente” un mero sostituto, surrogato di quello che sarebbe dovuto essere in questi mesi ed assolutamente non è stato. La grandezza della fine della streak, forse, è stata troppo pesante anche solo di riverbero per Cesaro, che da Big Man è passato ad essere un piccolo Davide di fianco ad un gargantuesco Golia.

A questo va aggiunto un altro elemento, chiamato “Shield Factor”. Il break dello Shield e l’enorme livello di Talento distribuito tra i tre ha portato, per forza di cose, il focus del team creativo quasi esclusivamente su di loro. Ambrose, Reigns e Rollins vanno costruiti in quanto patrimonio certo per il prossimo lustro e più, e “purtroppo” l’unico modo per costruire e rinsaldare lo status di star emergenti si basa su mattoni ben conosciuti, ossia le schiene degli altri talenti. Per ogni vittoria di Reigns c’è un lottatore schienato, per ogni trionfo riabilitativo di Ambrose c’è un Cesaro che vince solo per squalifica e scappa con la coda tra le gambe. La consapevolezza della solidità di Cesaro porta ad un pensiero purtroppo comune nel booking team WWE, ossia “ancora no

.”. Il problema è che questo pensiero è tanto comune quanto pericoloso ed allo stato attuale, dopo questi 5 mesi di semi oblio, il momento trionfale così ben costruito in quel di Wrestlemania appare essere un lontanissimo ricordo sbiadito e reso vano dal più inesorabile degli heel: il tempo.

D’accordo che per Cesarò c’è tempo, va bene che allo stato attuale si stanno pushando altri talenti, tuttavia un minimo di “protezione” questo lottatore l’avrebbe meritata. Basti rivedere la sua gestione in quel di NXT: nello show giallonero si è molto calcato sul suoi punto di forza, ossia la qualità del lavoro in ring. Match dal buon minutaggio, con avversari degni alle spalle come Sami Zayn, qualche promo essenziale ed infine una storyline semplice ma logica: con questi pochissimi ingredienti la figura di Cesaro è riuscita ad assumere spessore con una rapidità impressionante, mostrando i bagliori di quel main eventer che, poche storie, è destinato ad essere.

Anche perché sul ring si è guadagnato rispetto ed ammirazione da molti suoi pari, John Cena in primis (che adora qualsiasi wrestler che sia in grado di fargli disputare un match a 5 stelle, chiedere a Bryan e Punk) ed al microfono, in tutta sincerità, non vedo tutti questi limiti a cui troppo spesso si fa riferimento. Cesaro è disinvolto, agile ed ha una delivery assolutamente credibile considerato quanto siano, generalmente, scriptati i suoi promo: certo non è ne sarà mai Punk o tantomeno Cena, tuttavia la sua mic skill può essere tranquillamente asservita alla fisicità delle sue mosse sul quadrato ed al suo innegabile carisma fisico.

Questo depush, dunque, pare essere dettato da un unico ed ineluttabile fattore: un pessimo tempismo. Al quale, tuttavia, si è aggiunta anche un’eccessiva pigrizia da parte del booking team che in 5 mesi è stato totalmente incapace di inserire Cesaro in una storyline, assieme ad un coefficiente di afflittività evitabile, vedasi l’eliminazione nella Battle Royal tenuta a Battleground valida per l’IC Title ad opera di Heath Slater, che la sera successiva è stato livellato dal tamarrissimo Flo-Rida con uno spintone degno del miglior Bud Spencer.

Uno dei modi che mi vengono in mente per poter “rilanciare” Cesaro potrebbe essere sceglierlo come unificatore dei due Titoli minori della Federazione: il suo profilo corrisponde alla perfezione a quello dei gloriosi IC Champion passati, veri “workhorse” della Federazione in attesa di ascendere al livello successivo, ossia quello del main event. Lo stile di questo ottimo performer, inoltre, si presta tranquillamente sia ad un tipo di lotta da heel che da face (sembrerebbe essere quest’ultimo il suo futuro), non ricorrendo eccessivamente a scorrettezze o stratagemmi ma solo ed esclusivamente usando la sua forza bruta e le sue mosse ad impatto.

 Cesaro in fin dei conti è come una pianta robusta, in grado di poter resistere alle intemperie ed all’incuria del proprio padrone in modo abbastanza facile. Nonostante ciò, per poter germogliare, qualsiasi pianta ha bisogno di attenzione, acqua, humus e concime: seppellire Cesaro sotto una fumante pila di sterco, tuttavia, non è il modo corretto per farlo, pochi dubbi in merito.

Danilo