Ospite da Rene Paquette, Nyla Rose ha discusso di diversi temi, tra cui la sua esperienza con AEW e la separazione tra il suo io privato e il suo personaggio nel ring.

La firma per AEW

“È stata una cosa veramente incredibile. Neanche in un milione di anni avrei pensato che sarebbe successo. Prima di AEW ero in crisi, bazzicavo per le Indie cercando di farmi un nome e di attirare l’attenzione delle federazioni più grandi. Ma era sempre un ‘non abbiamo nulla per te’. Mi sono detta che dovevo fare qualcosa, specialmente perché veniva presa gente che so per certo non avere più di tre mesi di allenamento alle spalle. Ho iniziato a parlare dell’elefante nella stanza. Non mi prendevano per questioni femminili? Questioni legate alla mia pelle? Questioni trans? Sicuramente c’è un motivo perché non mi stanno assumendo e preferirei una risposta più diretta e assoluta sul motivo. Iniziai a dire loro: ‘Non me ne vado. Datemi qualche avanzo, datemi qualche dark match. Lasciatemi dimostrare il mio valore.‘”

Le risposte più oneste che ho ricevuto le rispetto. Quando mi dicono ‘Ehi, non possiamo usarti. Rispettiamo la tua identità e cosa stai facendo, ma non sappiamo cosa farcene’ lo apprezzo. Sono risposte molto oneste, mi stai guardando in faccia e dando una motivazione valida. Ma quando giri attorno al motivo, quando mi si lascia appesa, allora è lì che mi infastidisce perché è un comportamento che t’incasina il cervello.

“Il mio gender definisce la mia persona, ma non il mio lavoro.”

La risposta è molto semplice e vorrei che fosse un po’ più approfondita, ma non vinco i match con il mio genere. Non è importante. E credo anche che, a un livello puramente teatrale, non sia una cosa intrattenente. È importante di fatto per chi sono io, ma quello che faccio sul ring, il motivo per cui mi esibisco, il motivo per cui sono là fuori a lottare, non ha alcuna attinenza con questo. Allora perché renderlo parte del personaggio? Fa parte di ciò che sono, ma non di ciò che faccio.