I Match e i Tour di ritiro hanno sempre valutazioni dolceamare.
C’è chi li vede come il gran finale di una carriera, chi come una mera operazione commerciale in cui un lottatore cerca di monetizzare le ultime cartucce buone prima di “chiudere” la carriera.
Anche se poi, nel wrestling, come nella musica, la parola “fine” non è mai veritiera fino in fondo (sì Terry Funk, stanno indicando tutti te in sala).
Keiji Muto/Great Muta è indiscutibilmente un lottatore iconico nel panorama del Puroresu: lo testimonia il grande palmares di titoli vinti, in singolo e in coppia, con entrambe le sue identità, fra AJPW, NJPW e NOAH.
Muto è stato anche un personaggio molto discusso: se da un lato, nei primi anni 2000, salvò l’AJPW appena lasciata dalla vedova Baba da un fallimento quasi sicuro, molti imputano la crisi che la investì (e la portò poi quasi alla chiusura nel secondo decennio) a livello qualitativo, proprio per la gestione quasi a personam che Muto ebbe.
Show e faide quasi incentrate su di lui, favoritismi verso gli allievi e amici, collaborazioni con sponsor alquanto dubbie (molti ricordano le serie di show e eventi sponsorizzate da case e brand legati alle produzioni “per adulti” giapponesi, con AV Idol coinvolte nei Match), che distrussero l’immagine “tradizionale” e “purista” della federazione fondata da Giant Baba.
O il progetto WRESTLE1, la fede creata da Muto, che svuotò l’AJPW stessa di una fetta abbastanza ampia del suo Roster, partita con grandi ambizioni e diventato l’ennesimo progetto personalistico visto in giro, senza arte ne parte (sì Onita, stiamo guardando tutti te in sala), il cui culmine fu l’orrendo PPV fatto con la TNA in Giappone.
Muto però ha saputo sempre reinventarsi, prendersi anche poco sul serio (come non ricordare i suoi Match e siparietti in HUSTLE con Muta, una federazione a carattere prettamente Comedy), che lo ha portato a crearsi, specie con Muta, una lunga schiera di Fan e cloni (ricordo ancora con piacere, ai tempi di PuroresuMission, il grande lavoro di Giovanni Vinci sui “figli” – più o meno riconosciuti – di Muta nel panorama Puroresu).
Però, sarà proprio per il suo egocentrismo e mania di protagonismo, sarà che ogni volta che lo davamo per finito, magicamente è riuscito a ritagliarsi sempre, ovunque ha lottato, il suo spazio e preso le luci della ribalta (a volte meritatamente, a volte a discapito di chi quelle luci le meritava), non possiamo non essere tristi per quello che sembra essere stato (almeno per ora) l’ultimo capitolo di 38 anni di carriera praticamente ininterrotta.
Gli ultimi due Match con Nakamura (come Muta) e con Naito (come Muto) hanno evidenziato gli acciacchi e una forma fisica non più eccellente, ma hanno comunque comunicato emozioni e momenti molto intensi, con due lottatori che, in qualche maniera, hanno in parte raccolto, nel loro stile o nel loro porsi sul ring, lo stile e il modus di Muto.
Dei due, sicuramente ho visto più in Naito quell’ideale passaggio di torcia fra Old e New School, con lo Stardust Genius, ora anche freelance, che ha davanti ancora tutta una carriera per poter eguagliare quella di Muto, in termini di titoli e vittorie.
Con il ritiro di Muto, si chiude anche davvero l’epoca del Puroresu 70-80, i cui protagonisti sono ormai tutti scomparsi o ritirati: Baba, Inoki, Chono, Misawa, Onita,Sayama, Tenryu, solo per citarne alcuni, icone della “golden age” del Puroresu.
Il futuro, al momento, sembra in buone mani, grazie all’eredità della generazione di Muto e soci.
Hold Out, for the Last Time, Natural Born Master.
Enrico Bertelli “Taigermen”