Jay White nuovo campione IWGP è stata una grande sorpresa, una di quelle che ti scombinano i piani, da fan, che mi ero già fatto mentalmente. Lo immaginavo campione, nella migliore delle ipotesi, nel corso del prossimo anno, ma così è andata.
Dopo un regno duro come la roccia di Okada, si era creata una sorta di aura magica intorno al titolo IWGP Heavyweight, come se lo stesso avesse senso di esistere solamente in funzione di lunghi regni strutturati su più mesi. Invece Tanahashi è stato un campione di transizione, utilissimo e capace di regalarci l’ultimo (?) canto del cigno di Kenny Omega al Tokyo Dome e evitare il brusco e antipatico passaggio Omega-White.
Dico antipatico perché è stato ritenuto opportuno rimanere nei migliori rapporti possibili, visto che in ballo c’è un accordo che vedrà il canadese comparire nuovamente; presumibilmente in eventi importanti come i futuri Wrestle Kingdom e magari qualche Dominion, ma è prestissimo e inutile pensarci.

White è un wrestler che non ha ancora conquistato i favori del pubblico NJPW in maniera univoca, anzi, in molti hanno la percezione che sia ancora immaturo per i risultati che ha ottenuto, le vittorie contro Omega, Okada e Tanahashi non sono cose da tutti; detto questo, è la scelta giusta fargli vincere il titolo adesso?
Potrei continuare l’editoriale in due maniere, rispondere sì spendendo parole dolci e di fiducia verso la dirigenza NJPW oppure rispondendo no e criticando la scelta azzardata di dare la cintura ad un lottatore ancora non all’altezza degli altri top. E questi sono sicuramente e legittimamente i pensieri di molti.
A me piace molto Jay White, trovo interessante la sua gimmick, mi piace come presenza scenica, mi da l’impressione di avere un grosso potenziale, che come ho detto in altre occasione può esprimere solo in un contesto come la NJPW e da nessun’altra parte, ma c’è qualcosa che non torna.

Questo qualcosa è forse il desiderio di vederlo ancora protetto e che già la leadership del Bullet Club per il 2019 sarebbe stato già un grande risultato. Ma, mi chiedo, se una compagnia come la NJPW ha voluto virare così decisamente in favore di un ventiseienne, c’è da avere speranza? Sì, di questo ne sono certo.
Abbiamo, e io per primo, la percezione comune che un wrestler moderno possa avere il suo apice tra i 30 e i 40 e che i ventenni siano sempre “ottimi prospetti”, che possono migliorare, sperimentare, rischiare e crescere in un contesto protetto come le indy o NXT; da questo dato si poteva immaginare che nella migliore della ipotesi White non vedesse il titolo per un bel pezzo. D’altronde lottatori homemade come SANADA e EVIL, appena trentenni ancora sono in attesa, dopo occasioni da sfidanti di transizione, di essere dei number one contender credibili.
La NJPW ha scelto di andare in contro tendenza rispetto al modo di creare main eventer degli ultimi anni; molto probabilmente sarà un caso isolato, su un lottatore più che discreto e blindato contrattualmente per anni; ma non posso non apprezzare l’aspetto romantico della vicenda. Quel brivido di puntare tutto e cercare di andare All In con un nome che non ti da le certezze che poteva dare l’Okada di qualche anno fa; Jay White al momento lo vivo in questa maniera.

È un rischio, che da una parte fa guardare con sfiducia e dall’altra crea tanta curiosità, per vedere come andrà a finire questa storia. Il personaggio funziona, il Bullet Club è tornato alle origini senza strafare o svenarsi per riprendersi minestre riscaldate, ha potenziale per svilupparsi bene e ha molte opzioni per creare un regno importante. Il neozelandese ha molti nomi che possono insidiare il suo regno, ma alla fine della storia, più che il futuro alla NJPW interessa il presente e il presente dice che nell’economia del roster un main eventer è andato via e nel giro di un mese è stato sostituito. Lasciamo perdere i valori e i confronti. Se la NJPW fa All in con White e si consacra come uno dei migliori lottatori del 2019, si potrebbe rischiare con la strategia Double or Nothing e guardarsi in casa per un altro top da creare, c’è da pensare a come gestire l’exit strategy del leone Tanahashi da qui ai prossimi anni d’altronde…