“Il sogno di una fenice” è il romanzo d’esordio di Gabriele Michelazzo, classe 1995. Si tratta di un vero e proprio racconto di formazione, in cui il Wrestling passa da passione a lavoro e occasione di riscatto.
Quella di Gioele – il protagonista del libro – è una storia che potrebbe benissimo appartenere a qualsiasi ragazzo della sua età: uno di quelli, cioè, che ha scoperto lo sport-spettacolo più famoso del mondo grazie a SmackDown su Italia 1. Questo finchè il Wrestling non diventa parte integrante della crescita umana e professionale di Giole, ma ovviamente non faremo spoiler.
Il romanzo si svolge a Latina e, fin dalle prime pagine, veniamo a conoscenza del ragazzo e del suo microcosmo fatto di amici, famiglia e voglia di mettersi alla prova nel mondo della comunicazione e del giornalismo sportivo, dopo la laurea. Il mondo reale e quello idealizzato, però, si scontrano presto, in una situazione molto “italiana” (citando il sempiterno Boris del mai abbastanza rimpianto Mattia Torre) tra tirocini mal retribuiti, frustrazioni, orari oltre l’orario e tanta passione. La sicurezza si sgretola nel momento in cui la proposta innovativa che sembrava dare slancio a una futura carriera viene brutalmente accantonata, a causa di un cambio al vertice. Da questo momento, come in ogni romanzo di formazione o storyline lineare che si rispetti, le difficoltà sembrano insormontabili, ma fanno parte del percorso di rafforzamento del protagonista. Senza addentrarci troppo nel prosieguo dell’intreccio, aggiungiamo solo che l’apparizione di un inaspettato Deus Ex-Machina fa deviare completamente il percorso iniziale verso un obiettivo nuovo e sorprendente.
“Il sogno della fenice” è scritto con uno stile molto scorrevole e coinvolgente, con un protagonista ben delineato e la presenza di personaggi secondari e di contorno facilmente riconducibili alle categorie di amici o nemici. Si tratta sicuramente di una lettura piacevole per gli appassionati di Wrestling e, per certi versi, mette in luce anche gli aspetti meno noti e più riservati agli addetti ai lavori, come l’allenamento, la formazione attoriale, la preprazione delle esibizioni e la macchina economica. Un rovescio della medaglia, però, potrebbero essere le numerose pagine totali (oltre 300) e, soprattutto, la presenza di interi capitoli dedicati a telecronache e tecnicismi della disciplina che rischiano di allontanare potenziali lettori generici. Un altro consiglio che mi sento di dare al bravo Michelazzo è di lasciare di più all’immaginazione del lettore ed evitare di rendere espliciti e ripetuti alcuni concetti o emozioni dei protagonisti.
Detto ciò, però, “Il sogno di una fenice” è sicuramente un felice esordio e un romanzo che piacerà agli amanti del Wrestling e a tutti coloro che apprezzano una lettura scorrevole e ben strutturata, per perdersi tra le pagine di carta, sognando ring e palazzetti.