Settimana scorsa ho deciso di spendere due parole per Heath Slater ed ho accennato all’importanza del lavoro del jobber; quest’oggi vorrei approfondire la questione e spiegare perché, per me, in WWE la gestione dei jobber dovrebbe cambiare.
Prima di tutto è necessario fare una premessa. Indubbiamente esistono wrestler più o meno bravi e più o meno talentuosi e indubbiamente non possono essere tutti bravi allo stesso modo; tuttavia, ritengo che se la WWE ti ritiene degno di salire su un suo ring ed intrattenere i suoi milioni di spettatori, io non sono nessuno per ritenerti un wrestler insufficiente. Poi anche la WWE può sbagliare ed affidare ad un wrestler un compito per cui ancora non è pronto, o decidere di buttare sul ring qualcuno che sarebbe meglio si facesse le ossa al Performance Center ancora per qualche mese, ma vorrei che facessimo tutti finta che tutti wrestler attualmente sotto contratto con la WWE siano potenzialmente validi.
In WWE i wrestler sono tanti e anche contando i licenziamenti delle ultime settimane si sta comunque parlando di un roster immenso. Stanti così le cose è impossibile utilizzare tutti allo stesso tempo e allo stesso modo. Anche di questo abbiamo parlato spesso: qualcuno ha avuto da ridire quando AJ Styles dal titolo WWE è stato dirottato al titolo degli Stati Uniti, ma ovviamente non poteva monopolizzare la zona main event per il resto della sua carriera, così come in pochi si scandalizzano se ad un Dolph Ziggler dal mid-card ogni tanto viene data un’opportunità titolata. Il caso di Kofi Kingston ha fatto storcere il naso a tanti, mentre tanti altri hanno trovato giusto che ad un re del mid-card, un pluricampione secondario e di coppia, venisse data una chance nel main event. La ruota gira insomma.
Emblematico, invece, è stato il caso di Jinder Mahal, il quale è passato nel giro di un mese a jobbare a Mojo Rawley nella ATGMBR (quanto mi è mancata quest’anno, sigh) a diventare il nuovo campione WWE. Quasi a nessuno è piaciuta l’idea e anche chi l’ha accettato ha ammesso che avrebbe preferito una costruzione meno frenetica per Mahal. Perché tutto ciò?
Passare dal main event al mid-card è facile, è una ruota che gira, passare dal mid-card al main event è visto come un premio per il buon lavoro svolto fino ad ora; ben più complicato invece è uscire da quell’abisso in cui ti ritrovi se vieni considerato niente più di un jobber. Persino avere una title shot a un titolo secondario appare quasi un crimine se fino a ieri vegetavi nel low-card. Perché succede questo?
Il ruolo del jobber in WWE, nella maggior parte dei casi, è quello di perdere il prima possibile contro il wrestler di turno da mandare over. In genere gli incontri durano due, tre minuti scarsi e al jobber viene concesso, quando gli va bene, di eseguire un paio di mosse. Il jobber, dall’inizio alla fine, non da mai l’impressione di poter vincere l’incontro, neanche per un secondo. Già riacquistare credibilità agli occhi dei fan dopo una sconfitta del genere è difficile, figuriamoci se questo trattamento viene riservato per più e più volte alla stessa persona, settimana dopo settimana. Poi tutti noi sappiamo che il wrestling è predeterminato e che non si tratta di un vero combattimento, eppure ai nostri occhi un wrestler che perde nel giro di due minuti senza aver dato il minimo segno di offensiva non risulta più credibile, come se si creasse una distanza incolmabile di status. Facciamo di questi ragionamenti tutti i giorni, anche non solo riferiti ai jobber: Shayna Baszler ha sconfitto tutta la divisione femminile, Becky Lynch ha sconfitto Shayna Baszler, quindi adesso l’intera divisione femminile è distrutta e farà una gran fatica a rialzarsi. Vengono create delle scale di valori continuamente, magari involontarie, magari non giuste, ma restano lì.
Cosa si potrebbe fare per migliorare questa situazione?
La prima ipotesi, banalmente, se un wrestler deve fare un promo, si potrebbe eliminare lo squash match di un minuto e mezzo precedente a tale promo, in cui un povero malcapitato viene sacrificato solo per ricordare quanto quel wrestler sia temibile e pericoloso. Allunghiamo i promo di un minuto e la risolviamo, anche perché, ad esempio, proprio per il valore “infimo” che diamo ai jobber, fa davvero così tanta differenza batterne uno in un minuto?
Seconda ipotesi, si potrebbero ridurre i match negli show settimanali, ma concedergli più minutaggio, facendo sì che i “jobber match” diventino degli incontri da sette, diedi, dodici minuti l’uno, in cui magari il jobber continua a non avere possibilità di vittoria, ma in dieci minuti dimostra di poter rappresentare una sfida per l’avversario, il quale verrà maggiormente legittimato da una vittoria più sofferta, in quanto ha sconfitto un avversario tosto.
Terza ipotesi, affidarsi ai wrestler locali, i tanti wrestler indipendenti che pullulano le città di tutta America, come si faceva una volta, in questo modo si avrebbero due vantaggi: in primo luogo, uno squash sarebbe giustificato dal fatto che il wrestler proviene dalla WWE, è realmente ad un altro livello, ha a disposizione la migliore scuola e i migliori allenatori, l’avversario sicuramente nella sua piccola realtà è bravo, ma lo standard WWE attualmente per lui è irraggiungibile; in secondo luogo, il wrestler potrebbe vantarsi di essere apparso a Raw e fare pubblicità a sé, alla sua federazione e alla sua scuola di wrestling, che sono comunque state scelte della WWE. Ovviamente si sta parlando di federazioni locali, con un bacino di utenza limitato alla sua città o alle zone limitrofe, non sto dicendo che voglio vedere Braun Strowman squashare un wrestler che lotta regolarmente in ROH, ecco.
Rivalutare il concetto di “jobber match” e di low-carder, per far sì che un domani salire o scendere dalla nostra immaginaria scala di valori sia più semplice e meno dannoso per qualsiasi atleta, match da cui entrambi gli atleti dovrebbero uscire rafforzati, per il bene di tutti.
Voi cosa ne pensate? Avete altri suggerimenti in merito, oppure credete che la WWE dovrebbe continuare su questa strada?
Anyway, #RespectTheJobbers