“Ahi. Un’altra mattina che mi sono svegliato. Grazie signore. Grazie. Come sempre la unica cosa che ti chiedo e arrivare al giorno dei morti, un’ultima volta. Non voglio morire semplicemente, senza lasciare il segno. Voglio che un uomo che ha interpretato la morte per quasi tutta la sua carriera, se ne vada incrociando le anime che tornano nel mondo dei vivi per una notte, a salutare i propri cari. Dammi almeno questo. Lo so, non sono un santo, ma alla fine ho fatto tanto per la nostra cultura, per il nostro paese, per te. Perché io è soprattutto pensando a te che combatto. Ok, va bene, non continuerò a insistere a dirti che non lo faccio anche per chi mi guarda, ma alla fine, se nessuno mi guardasse, come farei a mandare un messaggio, a trasmettere qualcosa. Tu mi guardi sempre, è vero, ma non mi hai mai parlato. Mai. Non sei mai venuto ai miei spettacoli, non mi ha mai visto dare il meglio di me. Non mi hai raccolto mentre cadevo rovinosamente, l’ultima volta, ai piedi di Rush. Rush. Quale nome, mio signore, sarebbe stato più appropriato? Rush. Quello finale. Il mio Rush finale.

Va bene, non riderò della morte, tu decidi, lo so, però mi sento tanto stanco.. Ho provato un sacco di volte ad alzarmi da quando sono finito in ospedale, e non riesco. Non ci riesco proprio. Mi manca il quadrato, mi mancano i sei lati, o i quattro. A proposito, signore, tu quale preferisci? Io credo che tutto faccia brodo, il vero Luchador e quello che si sa adattare. Me lo diceva sempre il vecchio Peña, il buon Antonio: Un vero Luchador deve sapersi adattare ragazzo. Da oggi sarai La Parka Jr. Non mi sembrava una grande idea a dire il vero, però chi se ne frega, lui era il capo, mi pagava, io guadagnavo e lavoravo. Ma soprattutto, cosa più importante di tutte, anche con una maschera non sarei stato sordo. Le urla della gente, i complimenti, gli insulti, tutto, avrei potuto ascoltare ancora.

Sai quale la cosa che rimpiango di più signore? Non aver salutato. Non ho potuto dire nemmeno ciao, nemmeno alzare il braccio. L’altro giorno, alla TV, ho potuto vedere Jushin Thunder Liger fare il suo ultimo incontro. Che bella celebrazione c’è stata poi. Avrei voluto poterlo fare anche io. Perché io e lui, alla fin fine, siamo come due lottatori paralleli, non pensi? Una vita sotto la stessa maschera, vincendo, perdendo, costruendo, disfacendo e scrivendo storia. Però tu decidi, signore, lo so. Forse lui meritava più di me, oppure lui.. No no, ci sei solo tu, ma certo. Forse è per questo che non mi hai sorretto, quel giorno. Ti sarai confuso con l’altro, quello vestito come me, in realtà ero io vestito come lui. Stavi facendo attenzione a lui vero? Ti sei distratto. Beh nessuno è perfetto, e se tu sei come noi, perché noi siamo come te, forse nemmeno tu sei perfetto. Però ti perdono. Alla fine sono ancora qui, a parlare con te.

Mi è sempre piaciuto parlare. Non parlare molto, velocemente, ansiosamente. Però si parlare. Scambiare opinioni, dire la mia. Forse ho parlato troppo poco nella mia vita, ma spesso gli interlocutori non avevano tanta voglia. Sai? Sempre quella maschera fra le mie labbra e il mondo reale.. Una volta ero sul quadrato, mi stavo preparando a saltare dalla terza corda e ho gridato al mio avversario di posizionarsi meglio. Avrei anche potuto sfondargli una tempia col ginocchio, sai? Fortunatamente nonostante le mie parole fossero ovattate dalla maschera della morte, tu le aiutasti a viaggiare verso di lui. Atterrai bene, e anche lui incassò bene. Fortunatamente.

Ma allora, qual è il tuo Ring preferito? Non rispondi mai signore. Stai sempre li a dare segni. Ma non rispondi mai. Perché? Non mi senti pregare? Devo forse urlare. E dai, insomma. Non ho più nemmeno la maschera adesso, in questo letto bianco, che piano piano prende la mia forma, che piano piano assorbe la mia anima. Non mi vedi? Ho saltato per una vita e adesso devo stare inchiodato a un maledetto materasso, ho sempre vissuto pregando e adesso tu, signore, unico e incontrastato signore dei cieli, tu, nemmeno mi rispondi? Mi calmo, mia calmo. Va bene. E’ che non capisco, a volte, perché sei cosi. Me ne farò una ragione, prima di morire. Però non dimenticarti eh, almeno questo, devo morire nel giorno dei morti, non in un giorno qualsiasi.

Perché devo morire vero? Cioè, in realtà so bene che devo morire, tutti dobbiamo farlo. Intendo dire però, devo morire adesso no? Non mi sto sbagliando. Capisco, per questo non rispondi. Sai che fra poco parleremo di persona. Però signore che male che fa. Fa un male cane, un male che non ha niente a che vedere con l’intorpidimento di quella caduta ai piedi Rush, quando alle mie spalle c’era uno vestito come me, e anche un altro, ma dalla caduta ho dimenticato alcune cose, non ricordo chi fosse. Non è un male che ha niente a che vedere con tutto questo, è un male che stritola lo stomaco senza farti sentire dolore. Un male che non ti permette di sfogare l’agonia con le urla, è un male che consuma dentro, e che aumenta sempre di più, man mano che questo materasso, spugna inesorabile, assorbe la mia anima.

E se penso, che tutto è cominciato quando non eri li a sorreggermi.. Ma no. Non è colpa tua, l’ho sempre saputo. Ogni volta che vestivo la maschera, che i miei occhi assorbivano la luce che passava dai fori, ogni volta che parlavo ovattato, sapevo che stavo rischiando. Lo sappiamo tutti. Cosa signore? Perché?Perché lo facciamo? Sono contento di rispondere a questa domanda, finalmente mi hai parlato. E allora ecco, questa è la mia risposta: lo facciamo perché sei stato tu, qualcuno per te, o chissà quale altro Dio, a crearci cosi. Non siamo persone che scelgono, siamo persone scelte. Niente è come la Lucha Libre, puoi chiamarlo anche Pro Wrestling se vuoi, i giapponesi lo chiamano Puroresu. Niente è cosi. Nessuno sport, perché non è proprio uno sport. Nessuno spettacolo, perché non è proprio uno spettacolo. Niente è cosi. La Lucha Libre è a parte, ed è fatta solo per quelli come noi. Per noi che amiamo sacrificarci, che siamo eroi incompresi di un’età disillusa, abbandonati alla poesia che troppo spesso chi ci guarda ha dimenticato che c’è, e che deve essere presa in considerazione. Siamo anime uniche, ribelli, folli, in corpi normali. E i corpi normali si rompono. Se poi non c’è nessun Dio ad afferrare le tue membra e le tue ossa che si distruggono contro il suolo, allora è finita.

Mi dispiace che non mi sia concesso morire il giorno dei morti. Mi dispiace tanto, però capisco che le richieste saranno a centinaia e non puoi accontentare tutti, perché altrimenti in Messico si morirebbe soltanto quel giorno. Ti perdono signore, per questo e per non essere stato li sotto, quel giorno. E ti ringrazio per avermi chiesto il motivo, la ragione, il senso, del mio e del nostro essere, per noi non c’è domanda più importante alla quale rispondere, non c’è domanda migliore che un Dio possa farci, qualunque Dio sia. E non arrabbiarti se non ti considero proprio sempre l’unico, sono fatto cosi.

Adesso non ho più tanta voglia di parlare, non so perché, ma mi sembra come di avere un’altra volta la maschera. Mi sembra che le mie parole siano di nuovo ovattate, mi sembra di sentire poco e lontano, mi sembra di vedere.. No. Non vedo nulla. I miei occhi sono chiusi forse? O non trovo le fessure per veder attraverso il mio vestito di scheletro. Va beh, fa niente. Vado a dormire, proprio non ce la faccio più. Grazie della chiacchierata, anche se in realtà hai parlato quasi niente. Grazie dell’ascolto comunque. Grazie ancora. Vado a dormire. Devo risposare, essere in forma per quell’ultimo discorso, quell’addio. Buonanotte, e per favore, non lasciare cadere più nessuno come hai fatto cadere me, almeno quest’ultima volta, sarò servito a qualcosa.