Dopo Bound for Glory, ho cercato di capire cosa mi avesse fatto storcere il naso a fine evento. I match sono stati tutti più o meno sopra la sufficienza, ci sono state le sorpresine di turno, diversi cambi di titolo… Evento nel complesso davvero buono, però… C’è un però.

Ciò che ho visto (non intendo la qualità dei match, ma proprio l’impatto visivo) è stata una normale puntata di Impact, ma in blu. L’introduzione di Ken Shamrock nella Hall of Fame è stata davvero poca roba, nessun ring attire particolarmente sfarzoso tra i wrestler della card, per non parlare della coppa del Gauntlet match. Ecco cosa c’è di sbagliato. Quando vedo un film, per quanto possa piacermi la trama, il cast, la recitazione, le luci, per me una componente fondamentale è la scenografia, la location, l’effetto speciale, in poche parole, il contesto in cui i personaggi si trovano. A Impact manca il contesto, manca quel qualcosa di accattivante che faccia venir voglia ad uno spettatore casuale di dare una possibilità ad uno show, che poi, è buono. Partiamo dalle puntate settimanali: negli uffici ci sono delle piante terribili, soprammobili che nessuno acquisterebbe mai, divani color topo, e ambienti completamente bianchi che smarmellano ancor di più la luce. Non c’è credibilità in una scenografia che sembra allestita frettolosamente e superficialmente, allora vedo dei personaggi galleggiare in spazi che non raccontano niente. Passiamo ora ai ppv, e prendo d’esempio NXT, che fa scuola al main roster per quanto riguarda la caratterizzazione dello stage negli eventi importanti. È vero che la disponibilità economica è diversa, ma è mai possibile distinguere una normale puntata di Impact dall’evento più importante dell’anno solo grazie al tema blu? A Bound for Glory è mancata la patinatura, l’imbellettata di rito per un evento che, ragazzi miei, è importante. È mancato quello sforzo in più per rendere appetibile un prodotto che non lo è più da tempo, per quanto riguarda lo starpower. Parliamoci chiaro, Christopher Daniels vs. AJ Styles vs. Samoa Joe lo vedrei pure se lo trasmettessero dal giardino di mia nonna, ma ormai quei tempi sono passati. Per quanto il discorso possa sembrare superficiale, a volte è impossibile non giudicare il libro dalla copertina. E Impact ha bisogno di tornare a vestirsi bene, a tenere un po’ di più alle piccole cose, ad impreziosire un prodotto che può dare tanto ai fan, lontano dalle lotte dei più grandi, che ha bisogno di ritrovare il suo pubblico, quello che gridava “TNA” a squarciagola.

Andrea Di Noi