Adesso il paradiso ha due guardie del corpo di eccellenza. Adesso gli angeli possono mangiare tranquilli, dormire, leggere e sognare senza che nessuno gli dia fastidio. Alle loro spalle possono contare su due individui, angeli a loro volta, che vegliano su di loro, controllando che la porta del paradiso del Wrestling, stanca, troppo stanca di aprirsi e chiudersi, non venga violata da qualche essere alato della morte. Non temete più, nessuno attaccherà il riposo: sono tornati i 3 Minutes Warning.
Nemmeno stavolta ci siamo riusciti. Nemmeno dopo che gli Stati Uniti d’America hanno sganciato la madre di tutte le bombe sull’Afghanistan, nemmeno poco prima di Barcellona – Juventus, nemmeno sull’orlo di una potenziale guerra nucleare nella penisola coreana. Non riusciamo proprio mai a non sentirci toccati perché un singolo perde la vita, confronto a migliaia che muoiono e cadono in disgrazia in tutto il mondo. Non ci riusciamo, no.
Non ci riusciamo perché questi uomini sono quelli che hanno formato e cementato la nostra passione per il Pro Wrestling, hanno dato un senso alla parola passione di coloro che non amavano il calcio sopra ogni altra cosa, che non amavano i manga, piuttosto che le serie. Questi uomini sono i nostri personalissimi James Deen, Will Smith, Jennifer Aniston, Batman, Goku. Hanno colorato la nostra vita in una fase importantissima quanto delicatissima.
La regola non cambia nemmeno per un lottatore di basso profilo, per uno che ha dato relativamente poco al Pro Wrestling, in definitiva. Non cambia perché in quei primi anni 2000, la WWE tornava sui teleschermi italiani prepotentemente, scatenando la voglia di vederla nei cervelli che non la conoscevano, risvegliando la passione assopita nei cervelli di chi ci aveva rinunciato. Rosey, in quegli anni, era uno dei protagonisti.
Rosey era un ragazzo in sovrappeso, senza addominali, senza pettorali. Era il ragazzo domabile e docile che doveva rappresentare quelle centinaia di maldestri chiusi nelle loro case per paura di fare degli errori, ma che grazie a qualcun altro riescono a spiccare il volo e diventare magari campioni di coppia. Quello che bisognava fare era allenarsi, allenarsi tanto, essere un S.H.I.T, un Super Hero In Training, acronimo divertente che faceva ridere gli adulti ma non era troppo importante per i piccoli.
E Rosey tanto si era allenato. Aveva sudato nella scuola dei suoi zii insieme a suo cugino, soprattutto. Suo cugino Jamal, o chiamatelo Umaga, se preferite, o chiamatelo direttamente Eddie, il suo vero nome. Suo cugino che adesso ha potuto rincontrare e col quale potrà proteggere le altre anime perdute, volate in cielo troppo presto, troppo in fretta, troppo e basta. La loro vita era stata quasi un parallelo, dalle palestre alle piccole compagnie indipendenti, dalle piccole compagnie indipendenti alla WWE.
Quando vinse quel titolo di coppia poi, insieme a Shane “Hurricane” Helms, tutto aveva trovato la giusta dimensione. La sua vita, parallelo della sua carriera, era arrivata ad un punto infondo al tunnel dell’impegno e delle costanza, cosa non sempre possibile per i Professional Wrestler, anche se tuo padre è Sika Anoa’i, anche se tuo cugino è The Rock, anche se tuo fratello è Roman Reigns. Il Wrestling ed il successo non sono automatici, non sono matematica, non sono scienza. Lui però, in un modo o nell’altro, per poco, era riuscito a salire sul tetto del mondo, prima arrivando nella WWE, poi vincendone le cinture di coppia.
Anche Matthew ci lascia qualcosa. Ci lascia in eredità la voglia di farcela. Ci lascia in eredità un monito: essere legato alle persone, non significa essere tirato automaticamente dentro, bisogno impegnarsi, sempre, comunque, lavorare duro. Ci lascia in eredità, forse cosa più importante di tutte, dei ricordi. Ricordi che alla fetta più grande della fan base italiana di oggi, riportano ad un’infanzia vissuta a vedere un supereroe arancione che cercava di averla vinta sul male, senza super poteri, senza volare, senza una forza estrema, senza nulla, con semplicemente tanta voglia di realizzare un sogno.