In questi tempi di tumulto mondiale, fra pericolosi virus e crisi economica, di tanto in tanto spunta fuori qualcosa che purtroppo, dall’alba dei tempi, è sempre stata una piaga straziante, incontrollabile, e ancora purtroppo, fino a questo punto, invincibile: il razzismo.

Gli Stati Uniti d’America negli ultimi anni sono stati spesso e volentieri il campo di battaglia delle proteste più feroci. Campi di battaglia nei quali Nelson Mandela avrebbe sparso il sale della conoscenza, e Martin Luther King avrebbe sputato il sangue, per la seconda volta, dando la vita in nome di un “sogno”.

La madre ignoranza però, che oltre ad avere migliaia di figli, ne ha adottato altrettanti, non è portatrice di un velo oscuro soltanto quando di fronte ai suoi adepti c’è una persona di colore, lo è, per le lacrime della giustizia, anche davanti ad altre persone, considerate “strane” o “diverse” solo perché provenienti da un altro posto, o perché portatori di un’altra parola, o di un altro gusto.

Il Wrestling per cercare di portare il mondo alla tolleranza cerca di fare il suo. Le mele marce, ormai puzzolenti, non mancano nemmeno nel nostro ambiente, ma in linea generale ogni tipo di persona, aldilà della provenienza, della credenza o del sesso, ha la possibilità di salire sui Ring per dimostrare se è capace di diventare una stella.

Per esempio, nella nuovissima All Elite Wrestling, c’è una lottatrice che si chiama Nyla Rose, una lottatrice che nasce uomo, ma che attraverso sofferenza, attraverso problematiche e paranoie, è finalmente riuscita a tirare fuori il suo essere, mostrando al mondo la sua vera essenza: la femminilità.

Siamo tutti contenti per Nyla, che brava o scarsa che sia, è riuscita a raggiungere il suo sogno, grazie alla sua forza e grazie alla possibilità che Tony Khan, Cody Rhodes e compagni gli hanno dato. Ma queste non sono le uniche cose o persone alle quali Nyla Rose deve ringraziare. Ci sono altri Wrestler, che vengono da un’altra cultura, da un altro posto, da un’altra realtà e da tempi molto più duri, che con il loro lavoro e la loro perseveranza hanno illuminato la strada per coloro che sarebbero venute. In Messico, li chiamano Luchadores Exoticos.

Immagino che questo appellativo sia una scappatoia che, ai loro tempi, le ragazze avevano adottato per poter mostrarsi al mondo come volevano, senza dire esplicitamente che volevano essere e considerate delle donne. Lottavano e lottano contro gli uomini, e solo qualcuna, grazie ad anni di esperienza e lavoro, si è guadagnata la fiducia di un pubblico spesso difficile, che nella maggior parte dei casi non supera le poche centinaia di persone. Pimpinela Escarlata, un lottatore omosessuale che si chiama Mario Gonzales Lozano, fu uno dei primi a colorarsi tanto, anche se non fu esattamente il precursore del movimento, che aveva già visto forme simili di esibizione, anche se meno esplicite, come quelle di Adorable Rubi, o Sergio El Hermoso.

Un’ apripista che da il via a un sacco di altri Character, una scia che non solo apre il mondo messicano a una tendenza che non solo li, ma in tutto il mondo, ancora oggi si fatica a considerare naturale, ma che toglie anche decine di ragazze dalla strada. Molte infatti, soltanto col sogno di poter essere lottatrici ed esprimere il loro io, avevano talmente poco da essere costrette a prostituirsi.

Per anni i Luchadores Exoticos hanno fatto ridere oltre i confini del Messico. Tutti coloro che le guardavano erano inconsapevoli di ciò che c’era dietro quei Character, ignari degli sforzi, delle ingiustizie e delle sofferenze. Oggi per fortuna le lottatrici esotiche, chiamiamole come giusto, sono quasi la regolarità negli Show di Lucha Libre, si sono guadagnate la fiducia dei propri colleghi e le grandi compagnie stanno guardando a loro.

Loro, con un grande sforzo, con il sangue e le lacrime, abbandonate dalle famiglie, sfuggite alla delinquenza legata al narcotraffico, sfuggite alla prostituzione, sfuggite all’essere niente, hanno disegnato una pista nella quale un sacco di persone oggi possono fare tutti i giri che vogliono, con dei diritti, con il rispetto e con una cintura femminile alla vita. Ecco, Nyla, a chi altro devi ringraziare, chinando il capo e sforzandoti di portare in alto una bandiera che per tanti anni è stata sventolata con uno sforzo estremo e senza mai arrendersi.