L’Italia è un paese WWE centrico? Assolutamente sì. Guardavo infatti nei giorni scorsi i commenti alle nostre news dei nostri lettori ed ho constatato come sia facile per ragazzi grandi e piccoli esaltarsi per quelle WWE e snobbare quelle TNA.
Ad esempio martedì scorso abbiamo puntato sul Live della TNA: pensavamo che il ritorno on screen di una federazione comunque discretamente seguita e buon interesse potesse suscitare diversi consensi. Ed invece pochi hanno avuto voglia di commentare, discutere, trovare punti di contatto. Perché? Un lettore ha così commentato: “Siamo tutti figli di Vince McMahon”. Ed ha ragione. Ha ragione da vendere poiché gli italiani seguono la storia dei vincitori, si appassionano a ciò che piace alla massa e non a ciò che potrebbe piacere a se stesso. Non è un caso che permanga un certo buonismo di fondo sugli errori WWE mentre vi sia un accanimento terapeutico sulle sorti della TNA.
Basti pensare alla passione travolgente per i 4 NJPW che a breve debutteranno in WWE: quanti di voi seguivano la fed giapponese? Quanti seguivano AJ Styles in TNA e quanti seguivano Karl Anderson in ROH? Pochini rispetto a quanti hanno alzato le braccia in segno di giubilo. Tutti ora si aspettano match a cinque stelle, sbavano dietro questi quattro talenti. Se avessi chiesto di seguire Gallows e Anderson in GFW pochi lo avrebbero fatto. E nessuno si sarebbe sognato di spendere mezzo secondo per esaltarsi per i match in Pro Wrestling Guerrilla e Ring Of Honor di Rocky Romero o per le gesta nipponiche di Bad Luck Fale e Tama Tonga. Ho letto invece su Facebook e forum di ragazzini che definivano “Romero un ottimo wrestler se la WWE lo prende come allenatore” (senza aver mai visto un suo match), di Fale come “il gigante forte di cui ha bisogno la WWE dopo che si ritira Big Show” (avendo visto solo una sua foto su google immagini) o di Tama Tonga come del prossimo Batista (solo perché è grosso ed è samoano).
Siamo figli di Vince McMahon e accettiamo tutto, ci esaltiamo per quello che non conosciamo e che non abbiamo mai voluto conoscere. Ci basta il sentito dire, per essere felici. Senza dover aprire gli orizzonti, guardarsi intorno, informarsi bene. Siamo figli di un consumismo smodato dove chi segue il wrestling non solo è pigro ma è anche menefreghista: glielo ha detto la WWE. Poiché la storia la fanno i vincitori e nel 2001 Vince McMahon prese tutto dal piatto e se ne andò via con una miniera d’oro.
Ed oggi continua a farlo: esser aggressiva anche sulla maggiore promotion Giapponese è sinonimo di un rapporto che è venuto meno, di un rispetto deteriorato dove contano soprattutto i soldi prima che il talento. Non è un caso che il lancio del WWE network avvenga di concerto col debutto di questi quattro. Dunque ancora una volta Vince sta riuscendo nell’intento di cambiare la mappa del wrestling mondiale, investendo pesantemente per recuperare in futuro. È la carta della disperazione: la WWE è in perdita ovunque, NXT è un progetto in rosso, gli house show americani non fruttano e i recenti infortuni non aiutano il prodotto ad esser appetibile abbastanza. Così si attacca le rivali scavando in banca i risparmi, capendo dove si può colpire e dove si può recuperare terreno.
È un rischio e la WWE fa bene a prenderselo. Ha i piedi in bilico, la caduta può essere atroce ma finché non accade possono tener sogni tranquilli. Nel mentre sorgeranno nuovi figli di Vince, nuovi “appassionati” di wrestling che si muoveranno solo per la WWE alla ricerca dall’emozione perduta, e si esalteranno come sempre su quel che non conoscono. AJ Styles, Shinsuke Nakamura, Doc Gallows e Karl Anderson sono i nuovi idoli finché non cadranno nel midcarding a favore del Roman Reigns di turno, e lì torneranno tutti a bistrattarli.
Buon wrestling a tutti voi. Anzi, buona WWE.