Da diverse settimane c’è un costante “arrancare” da parte del team creativo di Smackdown. Sopratutto per ciò che concerne la storyline principale, quella che oramai regge lo show da Aprile ossia Cody contro la Bloodline, mi sembra che si stia forzando un po’ la mano. Intendo che, quando la strada da percorrere è quella più semplice, dritta davanti a noi, il team creativo di Smackdown sembra sempre preferirle scorciatoie ripide e piene di ostacoli. I match, perlomeno quelli decisivi, vengono conclusi in maniera artificiosa e illogica, spesso lasciando l’amaro in bocca per ciò che sarebbe potuto succedere, e che invece non succede mai. La Bloodline 2.0 stenta a consolidarsi (eccetto Jacob Fatu, affermatosi in poco tempo non per la sua gestione, ma per le indubbie qualità dell’atleta). Solo Sikoa, che per quanto sia bravo, si è trasformato in una parodia di ciò che era all’inizio, o quantomeno di ciò che la stessa WWE aveva voluto presentarci. Infine Cody Rhodes sul quale le aspettative erano inevitabilmente alte, che sembra non saper raccontare nulla in più rispetto al suo motto “finishing the story”.
Nel Main Event dell’ultima puntata di Smackdown si sono affrontati Jacob e Solo e il duo Orton\Owens. Un match dal finale già scritto: I due Anoa’i, che avrebbero dovuto affrontare la coppia blasonata di Roman Reigns e l’American Nightmate a Bad Blood, avrebbero dovuto vincere in maniera incontrovertibile, al fine di rendere l’atteso match del 4 Ottobre un tantino più incerto e appetibile. Invece si è scelto di farlo trionfare in seguito ad innumerevoli interferenze esterne, e ad un fortuito incidente tra Cody e l’arbitro, rendendo la vittoria di Fatu e Solo sporca e priva di valore. Capisco l’esigenza di portare avanti il feud tra Kevin Owens e Cody Rhodes, ma questa scelta si è rivelata la peggiore possibile, danneggiando tutti i partecipanti in gara. Ecco cosa intendo per “preferire la scorciatoia ripida”. Ciò denota una certa pressione nella ricerca dell’effetto “schock”, che porta inesorabilmente a rendere tutto troppo cervellotico.
Credo che il principale, e fino ad ora unico, grosso problema della gestione Triple H (visto che c’è tanto desiderio su internet di trovarne uno), è questo continuo anelito a stupire il pubblico. Il che di per sé è un pregio del wrestling. Tuttavia, quando non calibrato, questo desiderio porta il team creativo a complicare inutilmente i passaggi. E, tra un passaggio e l’altro, ogni tanto si perde qualcosa. Credo che ad oggi si stia perdendo l’occasione di alimentare l’hype sulla sfida tra le due Bloodline. Allo stesso modo, si sta mancando di valorizzare appieno i personaggi secondari di questa storia. Questo nuovo capitolo del regno di Cody Rhodes deficita di reali antagonisti, nemici di un certo peso (eccettuati i ricicli come Owens e gli evergreen alla Randy Orton). Ciò porterà inevitabilmente ad attirare tutta l’attenzione sull’unico, reale, avversario dell’American Nightmare, ossia Roman Reigns. Ma sarà quell’attenzione nociva per il figlio di Dusty, ovvero quell’attenzione del pubblico che rischierà di scalzare Cody dal podio dei favoriti, cestinando di fatto tutto quanto di buono lui ha rappresentato negli scorsi due anni. Quando si lavora si lascia sempre un po’ di polvere. Temo però che questa sarà difficile da scrostare.