Il 10 gennaio è stato il giorno in cui David Bowie è morto, l’11 gennaio è stato il giorno in cui Steve Borden è stato introdotto nella Hall of Fame. Avevo passato tutta la serata della domenica a ascoltare l’ultimo disco di Bowie, perché sì, l’ho sempre sentito vicino e ho sempre trovato ammirevole la sua controllata genialità e ogni lavoro portava la cura e l’innovazione necessaria; necessaria alla persona che ero e sono, all’epoca e adesso.
Appena mi sveglio al mattino, complice il dover bloccare la sveglia del cellulare, apro le app dei social network, l’abitudine. Leggo le notizie, leggo la notizia. I sentimenti che ho provato non si spiegano, o meglio, non ho la capacità di raccontarveli, quella ce l’hanno tre, quattro persone al mondo, ad essere ottimisti.
Vado a lavorare con un peso nel cuore. Pausa pranzo, torno in ufficio, rimango solo, leggo dell’introduzione di Sting. Sting, che ho seguito da quando ero ragazzino, che ho un paio di t-shirt ripiegate nel cassetto di camera. Avrete capito che non è solamente wrestling ora, potete andare su wikipedia, se volete, per la sua biografia, i titoli e i nomi delle sue finisher.
Avete presente quando parlate con qualcuno, di un argomento qualsiasi, e la vostra mente pensa ad altro, anzi meglio dire fa una sorta di link mentale e passa a piè pari a parlare di qualcosa che apparentemente non centra niente. Apparentemente può risultare complicato raccontarvi cosa Sting ha significato per me, quando lessi il suo nome per la prima volta su un giornalino comprato nei primi novanta; periodo in cui la WWF di Hulk Hogan, Randy Savage e Ultimate Warrior era teletrasmessa in Italia; ricordo vagamente un paio di pagine dedicate alla “esotica” WCW e sentire parlare (probabilmente in maniera superficiale) di Lex Luger, Ric Flair e Sting, mi faceva sentire un super esperto. Ricordi d’infanzia, sommati ai Nitro visti di sfuggita di notte sui canali Mediaset alla fine degli anni novanta quando ero adolescente e quell’aura di grande leggenda che mi incuriosiva sempre di più.
Probabilmente non si tratta di parlarvi del miglior lottatore in assoluto, ma si tratta di uno dei migliori a saper accendere l’entusiasmo in me e milioni di persone che lo hanno incrociato in un modo o nell’altro della loro vita. In un mondo quello del wrestling così spesso condizionato da persone che diventano personaggi, per via dei propri vizi, Sting è il signore che ha fatto della professionalità la sua forza.
Una carriera perfetta, tanto potrebbe bastare, ma dicevo prima, non è solo wrestling. Vi auguro di tutto cuore di vedere un giorno introdotto nella Hall of Fame il vostro lottatore preferito, sia John Cena o Undertaker, vi auguro di sorridere di fronte a un monitor per una persona che non conoscete personalmente e che, visto da occhi estranei, vi faccia sembrare strambi. Vi auguro di piangere con il groppo in gola, quando elencherà i nomi delle persone che lo hanno aiutato, vecchi colleghi, amici con cui ha iniziato, familiari e chi adesso è sotto le luci della ribalta tributi quel riverente rispetto. Chiunque sia il vostro preferito, il mio è Sting per la cronaca, anche se non sono stato abbastanza bravo da scrivere l’emozione che ho dentro, quel giorno la capirete.