Nel Wrestling è un evento ciclico.
Una federazione, spesso anche importante, attraversa un momento di crisi: lottatori non più motivati, calo di pubblico, calo di incassi, in genere culminante con l’addio più o meno in massa di un gruppo di atleti di punta o veterani della stessa.
Negli USA l’abbiamo visto diverse volte: dalla TNA alla ROH ad altre realtà; in Giappone il fenomeno in passato è stato presente ma raro: dalle ceneri della storica JWA di Rikidozan, i due allievi della leggenda del Puroresu (e destinati a diventarlo a sua volta anche loro) Giant Baba e Antonio Inoki dettero vita alle due sigle che per diverso tempo si divisero equamente pubblico e dominio del Sol Levante, ossia l’AJPW di Baba e la NJPW di Inoki.
Fiera portatrice della tradizione e dell’eredità di Rikidozan la prima, voglia di innovazione e di portare lo stile “entertainment” americano la seconda: gli anni 80 e i primi anni 90 videro questo dualismo protarsi senza sosta, tradizione Vs rinnovamento.
Poi fra la fine degli anni 90 e i primi anni 2000 avvenne la prima crisi, che colpì principalmente l’AJPW: molti lottatori volevano il loro “posto al sole” volevano portare un linguaggio nuovo, lo volevo soprattutto Misawa, che aveva preso le redini dopo la morte di Baba, ma Motoko, la vedova della Leggenda AJPW, voleva mantenere invece la linea della “tradizione”, non capendo che il pubblico stava cambiando, si arrivò così allo storico strappo; Misawa, Kobashi, Akiyama e altri storici lottatori cresciuti all’ombra di Baba lasciarono la compagnia e dettero inizio alla “Terza Via” del Puroresu, che prese il nome di NOAH.
Il colpo per l’AJPW fu notevole, ma non mortale, nonostante avesse anche perso un anno prima la sua storica guida nonché fondatore Baba; prende le redini la vedova del gigante, Motoko, ma è una presidenza temporanea, fino a che nel 2002 ne prende il posto e viene in “soccorso” della federazione Keiji Mutoh.
Mutoh è un veterano della scena, una delle leggende del Puroresu: con Chono negli anni 90 ha gettato le basi del moderno Puroresu, si è fatto conoscere a livello mondiale prima in NWA e poi nella WCW (dove con Chono ha fondato il NWO Japan), ha quindi esperienza e conoscenza per risollevare la storica federazione e i primi tempi della cura sembrano funzionare, ma con il passare del tempo emerge anche il lato problematico della gestione Mutoh: il lottatore non vuole limitarsi a dirigere la federazione e promuoverla, ne vuole essere il centro di attenzione, la massima stella, l’immagine pubblica …. La presenza insomma inizia ad essere ingombrante
E una presenza ingombrante a volte porta a scontri interni, discussioni accese, litigi: così Mutoh, complice anche un nuovo cambio di dirigenza (la breve e disastrosa presidenza di Shiraishi), lascia la compagnia con un bel pezzo del roster AJPW (che viene quasi dimezzato) e fonda una sua compagnia, la WRESTLE-1 (riprendendo il nome di una vecchia sigla del 2005 che macina a malapena due show).
Mutoh propone la sua “terza via”: un misto fra l’entertainment WWE e il Puroresu, la stessa che ha provato a portare con alterne fortune in AJPW.
Ha un roster di tutto rispetto per il panorama giapponese: ha veterani come Masakatsu Funaki (da non confondersi con il Funaki WWE), Koji Kanemoto, Taiyo Kea o Manabu Soya, giovani talenti come Seiya Sanada o KAI, e nel 2014 ottiene anche dei discreti colpi tattici come la collaborazione con la TNA (il cui culmine è l’organizzazione di Bound For Glory in Giappone, salvo poi rivelarsi semplicemente uno show WRESTLE-1 con atleti TNA in sostanza) e realtà come la ZERO1 o la WNC di Tajiri (che di fatto alla fine assorbe con tutto il roster) …. Nel 2014 insomma la WRESTLE-1 sembra raccogliere le redini della NOAH ormai in crisi profonda dal 2013 (dalla partenza dei BURNING per l’AJPW allo scandalo Yakuza) e dell’AJPW sopravvissuta a fatica alla fallimentare gestione autarchica di Shiraishi.
Invece nel 2015 ci troviamo alla creatura di Mutoh in crisi evidente: da fare show ogni settimana in tutto il Giappone ad appena un paio di show mensili a Tokyo; Funaki, Kea e Sanada hanno lasciato la federazione; la collaborazione con la ZERO1 sembra già ai titoli di coda (e delle due a beneficiarne era stato di più la ZERO1, in cronica e perenne crisi di atleti da mettere nel Roster), Idem mandata in malora quella con la TNA e morta prima del nascere quella con una Indies USA minore (la APWA), e Mutoh che ha affidato la dirigenza della GEN Sports Entertainment (la società che gestisce la WRESTLE-1) a Sanshiro Takagi, attuale presidente della DDT.
Cosa ha sbagliato Mutoh? Forse le stesse cose che hanno portato quasi alla chiusura l’AJPW sotto la sua dirigenza: pensare solo alla sua immagine e non al risultato, scelte di booking e gestioni atleti sbagliate (aver ridotto Sanada da futuro atleta di punta della scena giapponese a ennesimo “clone” di Muta con serie di ridicolizzanti sconfitte in Giappone, per dire) e collaborazioni estere e interne gestite e bruciate in poco tempo.
La WRESTLE-1 poteva essere qualcosa di interessante, sembrava poter addirittura unificare sotto la sua insegna realtà che da troppo stagnano nel limbo della sopravvivenza come la ZERO1, come aveva fatto con la WNC di Tajiri, è diventata invece l’ennesima creatura a immagine e somiglianza del fondatore, come altre realtà viste in passato e anche nel recente periodo (qualcuno ha detto IGF? O Cho Hanabi? O la “rediviva” FMW?) che offrano l’ennesima minestra riscaldata.
In Giappone l’unica federazione Major che non sembra conoscere crisi o rivali è la NJPW, che si sta permettendo di fare il bello e cattivo tempo anche in casa altrui, come in NOAH, dove la Suzuki-gun (nella pratica, una stable di seconde linee che non trova più spazio in NJPW) domina la federazione che fu di Misawa, tanto che ormai sembra palese che si parli di vero e proprio “acquisto” della federazione della “Grande Arca Verde” da parte della NJPW stessa, che vista la situazione economica della NOAH, potrebbe essere anche la cosa migliore che gli possa capitare; nel mentre, altrove, l’AJPW sopravvive, in attesa di una rinascita dall’ennesima crisi della sua vita, nella speranza del ritorno dei “bei vecchi tempi” ….
Enrico Bertelli “Taigermen”