La Progress Wrestling è stata concepita e creata da Jim Smallman e Jon Briley nel 2011. Grandi amanti del “strong-style” wrestling, in particolare quello Giapponese, hanno saputo coniugare diversi stili in un solo tappeto, garantendo la spinta decisiva per il boom attuale della scena britannica. Il loro lavoro ha fatto crescere i wrestler di casa, ha garantito guadagno e successo per tutti, legando il proprio nome ad una certa fedeltà di fondo che poche volte si è vista in passato.

Londra Islinghton e Londra Camden. Quindi Manchester e Birmingham, il WrestleCon ad Orlando, a breve Colonia e New York. E anche piccoli match durante il Sonisphere del 2014 e il Download Festival del 2015. Tre titoli (Progress Champion, Tag Team Champions, Atlas Champion) ai quali se n’è aggiunto un quarto, quello femminile. Una serie di import straordinari come Finn Balor, Ricochet, Tommy End, Sami Callihan, Matt Riddle, Jeff Cobb. Eppure la luce è sempre e solo sui ragazzi di casa, sulle loro evoluzioni, sulla loro crescita collettiva diventata materiale anche per WWE, TNA, ROH e NJPW. Un valido motivo di questa progressione è stato non solo accendere feud infuocati ma anche apportare tornei utili a testare i propri ragazzi come la Natural Progression e il Super Strong Style.

In particolare il Super Strong Style è la fase del momento. In questi giorni (sabato 27, domenica 28 e questa sera) si sta tenendo un testa a testa a 16 uomini in grado di assumere via via un significato sempre più rilevante. Un weekend di passione scoppiato nel 2015 con la vittoria di Will Ospreay. Una operazione certosina che seguiva un periodo di push crescente, col feud con l temibile (e temuto) Jimmy Havoc pronto a scrivere la parola fine. È stata sicuramente la prima volta in cui la Progress ha osato prepotentemente facendo capire al mondo la propria grandezza. Non capita tutti i giorni avere sul proprio ring Roderick Strong, Tommaso Ciampa, Zack Sabre, Tommy End, Mark Haskins, Marty Scurll, Damo O’ Connor (attualmente Killian Dain ad NXT) e Jack Gallagher.  Ospreay battè nell’ordine El Ligero, Haskins, Strong e Sabre in finale liberandosi di tutte le paure e i timori dei mesi precedenti, facendo un salto in avanti corposo e decisivo. Seguiranno un regno titolato tutto sommato buono e il passaggio in America e Giappone.

Lo scorso anno la cifra è rimasta alta pur accogliendo le grazie dei giovani della scuola, come la presenza di Damon Moser e TK Cooper. Le chiamate internazionali sono da urlo: Chris Hero, Sami Callihan e Matt Cross. Il torneo porta match straordinari, con un Hero ispirato e ben supportato da avversari teoricamente fuori logica come Mark Andrews, WALTER e Tommy End. Quest’ultimo vince con tutti gli onori davanti allo stesso Andrews, ripescato all’ultimo per il forfait di Mark Haskins (colpito da un malore dopo la prima serata). Anche qui il salto di categoria è bello, interessante, convincente. C’è però un problema: la WWE chiama, saltano tutti i piani. Saranno costretti a pescare dal cilindro il buon Pete Dunne, un altro che in due mesi verrà chiamato per il WWE UK Tournament.

Quest’anno il torneo ha già dato assurdi risultati al primo turno e potrebbe lanciare un nuovo insospettabile nome: Travis Banks. Liberato dalla partenza dei suoi partner in crime (TK Cooper & Dahlia Black) sta lentamente avanzando e prendendosi uno spazio più che meritato. Le chiamate internazionali sono di minor spicco ma non di minore qualità: Flamita, Jeff Cobb, David Starr e Matt Riddle (attuale Atlas Champion). Non mancano Sabre, Haskins, Andrews, Seven, Bate e Havoc (prima partecipazione). Non manca il calore del pubblico che continua a rendere sold out ogni show e non mancano le sorprese. Anche quest‘anno si incoronerà un futuro top player della scena europea.