Quando muoiono persone come “Superfly” Jimmy Snuka, o se volete James Wiley Smith, ci si trova sempre ad un bivio. Nel corso della sua vita infatti, soprattutto gli ultimi tempi, il mondo era diviso: togliergli la Hall of Fame della WWE e lasciarlo marcire nell’infamia di un omicidio, oppure fare finta di niente, perché tanto ormai sta morendo, e ricordarlo soltanto per l’imbarazzante quanto enorme contributo dato al mondo del Professional Wrestling? Alla fine, come un fulmine letale, la morte ha messo tutti d’accordo.
In effetti il buon Jimmy era stato assolto, prima negli anni 80 poi pochissimi giorni prima della morte. In realtà la seconda volta le accuse sono cadute e non si è svolto un vero e proprio processo fino in fondo. Diciamo che la corte incaricata di giudicarlo, ha pensato che forse non avrebbe avuto senso condannarlo, non avrebbe avuto senso nemmeno giudicarlo davvero, dato che senza la sua testimonianza, senza qualcosa di nuovo che soltanto lui avrebbe potuto aggiungere, non sarebbe cambiato nulla da quella prima retrodatata sentenza.
E allora Nancy Argentino rimane la vittima di un incidente. E a me piace pensare che davvero sia cosi. Perché voglio che Jimmy Snuka sia ricordato per il Wrestling, per la lotta. Voglio poter pensare che la giustizia ha fatto il suo corso, e lo ha fatto bene.
Quindi parliamo di quell’uomo duro, selvaggio e innovativo nato nel 1943 nelle isole Fiji. Parliamo di uno che ha fatto del Pro Wrestling la sua vita trascinandoci dentro non soltanto migliaia di fan, ma anche decine e decine di lottatori che grazie a lui hanno deciso di salire su un quadrato per la prima volta, e magari diventare campioni del mondo ed icone del Ring. Tutti sappiamo di Mick Foley, ma lui non è che uno dei tanti che rimase ammaliato in quel lontano 1983, quando Superfly salì sulla gabbia, durante quello Steel Cage Match valido per il titolo intercontinentale, al Madison Square Garden di New York, e si lasciò cadere per il più famoso e leggendario Superfly Spalsh. Perse quell’incontro Snuka, che si aggiudicò il campione in carica Don Muraco, ma vinse una consacrazione.
Ha combattuto ovunque, sia nel Main Stream che non. Jimmy Snuka ha attraversato due ere, quella dei territori e quella del monopolio della WWF. Nella prima è stato un simbolo, nella seconda una leggenda. E non si è dato per vinto nemmeno quando le porte della WWF si sono chiuse per uno ormai avanti negli anni. Non si è dato per vinto nemmeno quando la WCW non dimostrò quel grande interesse che si sarebbe potuti aspettare. E’ andato nella ECW, la prima, quella Eastern, nella quale è diventato il campione. Ha contribuito a lanciarla, ha renderla, seppur a livello embrionale, una compagnia che avrebbe cambiato il Business.
Intanto ha fatto l’attore, fatto tanti figli, due dei quali li abbiamo visti nella WWE, James, meglio conosciuto come Duece prima e Sim Snuka poi, e Sarona, che tutti noi apprezziamo nella WWE col nome di Tamina, e fatto il Wrestler, come sempre. Ha fatto il Wrestler con umiltà nelle palestre delle università, delle scuole superiori. Ha fatto il Wrestler nelle compagnie indipendenti. Ha fatto il Wrestler, oltre tutto questo, anche nella WWE. Nel 1996 infatti, è entrato nella Hall of Fame della WWE, e combattuto ogni qual volta il buon Vince l’ha chiamato, anche solo per aiutare la sua situazione economica non sempre limpida.
E cosi, fra sorprese durante la Royal Rumble e rimpatriate con vecchi amici del quadrato, Superfly è diventato vecchio, come tutti. In questa parte della sua vita poi, si è ammalato, di una di quelle malattie che si portano via spesso e volentieri i giovani, quelli forti e volenterosi, figuriamoci i logorati settantenni.
Nonostante tutto Jimmy ha lottato, con un tumore alle viscere ed alcuni problemi al cuore. Ha lottato con una storia vecchia 30 anni, che sembrava uscita da Cold Case. Ha lottato con tutto, ma alla fine si è arreso. Superfly muore in questo 2017 e lascia al mondo del Pro Wrestling un’immensa eredità. Lascia due figli lottatori e tanta voglia di continuare ad essere guardato, nei suoi incontri, nei suoi voli e in ogni dove, dai lontani anni settanta ad oggi.