Un clima strano e insolito permeava il City Gymnasium quella sera. Il pubblico giapponese, solitamente pacato e corretto, urlava e acclamava i contendenti sul quadrato. L’elettricità era già nell’aria, forse. O forse il ritorno in Giappone del gigante aveva animato tutti i presenti a slegarsi delle loro solite usanze per ritrovarsi a incitare senza sosta i combattenti. Sta di fatto che quella atmosfera si stendeva perfettamente su ciò che stava per succedere e in quell’ambiente ovattato fatto di immagini gommose, le storie di tre persone si incrociarono dando vita ad uno spettacolo tanto brutto quanto significativo. The Akira & André Incident.

Lo Tsu City Gymnasium Hall si trova a Tsu, nella prefettura di Mie, in Giappone. Era una delle sedi che negli anni ottanta la New Japan pro Wrestling, soprattutto nella persona del suo padre padrone Antonio Inoki, utilizzava maggiormente per i suoi Show, soprattutto televisivi. Inoki, stella incontrastata oltre che eroe indiscusso del Puroresu, la scelse anche quando decise di riportare in Giappone André the Giant, una delle massime rappresentazioni del Professional Wrestling occidentale, che ancora prima, però, aveva già impressionato le folle giapponesi calcando i Ring della NJPW e della International Wrestling Enterprice.

Antonio Inoki sapeva che avrebbe venduto il nome del francese facilmente e per questo lo convinse a tornare in Tour in Giappone nonostante André, con un corpo ormai semidistrutto, stesse pensando seriamente di lasciarsi alle spalle il Pro Wrestling, dando cosi il meritato riposo alla sua schiena e alle sue gambe. Quello però non era l’unico motivo. Inoki infatti, ricordandosi un André the Giant in forze e capace nonostante la mole, gli affidò anche un altro incarico, ben più complicato e, nonostante tutto, ben più difficile.

Il terzo protagonista di questa storia si chiama Akira Maeda, uno che diventerà famoso per la sua carriera nelle MMA col passare degli anni, ma anche, e per quanto riguarda il Puroresu soprattutto, per essere uno che sul Ring le dava forte e le dava per davvero. Lo sa bene Riki Coshu, che con lui sul Ring rischio di perdere un occhio nel momento in cui un calcio gli spaccò l’orbita oculare, per fare un esempio. Inoki però ci vedeva qualcosa di buono, tanto da proporgli un programma con lui in grande stile, per tirare su un sacco di soldi e trasformarlo in uno dei nomi più importanti della compagnia. Maeda però non accettò. Si considerava uno dei migliori se non il migliore e sapeva che un Feud con Inoki lo avrebbe visto perdente, e sapeva anche che nella NJPW avrebbe sempre vissuto nella sua ingombrante ombra.

Per questo André the Giant arrivò nel momento più opportuno per Inoki. Al gigante, diede l’incarico di mettere al suo posto Akira Maeda sul Ring, cosi che imparasse la lezione e il rispetto che si deve avere nel loro Business.

André the Giant però partiva già in svantaggio, per due motivi: il primo era la quantità enorme di birra che consumava ogni giorno; il secondo era il suo Status di Pro Wrestler occidentale, da Main Stream, di quelli che l’unica cosa che facevano era uno stupido spettacolo di intrattenimento. Maeda cosi la pensava e a dire la verità non era affatto l’unico. Fuper questoi, che in un incrocio di parametri potenzialmente esplosivi, le variabili impazzirono.

Il Match cominciò e non cominciò. Per un sacco di tempo i due contendenti si studiavano sul Ring accennando l’azione che non arrivava mai. Dopo diverso tempo cominciarono le azioni. Maeda attaccava e André non vendeva. Il giapponese cominciò a innervosirsi e a chiedersi che cosa stesse succedendo, anche se più che altro addebitava quello schifo all’alcol che correva nelle vene di André, visibilmente ubriaco.

Ulteriori minuti passarono senza che niente succedesse fino a quando Maeda non si decise a portare al tappeto André, che in più di un’occasione riuscì a liberarsi e a rialzarsi. Quando il tutto si limitò a due enormi corpi stesi al tappeto e intrecciati, decise di intervenire Antonio Inoki. Il vero creatore di uno dei Match più brutti mai visti nella storia della lotta, cercò di parlare a entrambi, soprattutto ad André, ma non ci fu verso. Il gigante alla fine si stancò, restò al tappeto e chiese a Maeda di schienarlo. Maeda però, giovane testardo e maledetto, si rifiutò di vincere in quella maniera stupida.

Niente da fare, dovette intervenire ancora una volta Inoki. Il Promoter salì sul quadrato e mise in scena una pantomima, anche quella abbastanza ridicola, con altri lottatori e secondi che erano presenti a bordo Ring. Tutto nel tentativo di distrarre la folla da quello che ormai, a tutti gli effetti, era un No Contest. Quello che ormai era un pareggio, il pareggio della stupidità, il pareggio del non-Wrestling, oltre che del nonsense.

Fu una sera brutta. Un Match brutto. Fu però anche l’occasione per imparare qualcosa, per tutti. André the Giant, se non l’avesse ancora capito, imparò che salire sul Ring ubriachi e lavorare tanto per mettere in mostra semplicemente il suo corpo mostruoso dando per scontato che a chi ti guarda questo basterà, è una cosa ridicola. Akira Maeda imparò che l’orgoglio non è un fattore che fa diventare grandi Wrestler, perché per essere grandi Wrestler non bisogna essere i più cocciuti e i più forti, bisogna essere semplicemente Wrestler, e il Wrestling è un’arte che si impara, non basta avere doti fisiche e forza bruta, non basta nemmeno avere tecnica e coraggio. Forse è per questo che deciderà, alla fine, di darsi alle MMA, dove puoi far valere le tue caratteristiche e dove, se davvero sottovaluti l’ambiente, rischi di uscirne con le ossa rotte. Antonio Inoki imparò, in primis, che certe cose devono essere fatte da chi firma gli assegni, da chi ha la responsabilità di ciò che la gente guarderà. In secundis, che non è quello il modo per far stare al suo posto un ribelle. Talentuoso, ma ribelle.

Antonio Inoki era già Antonio Inoki, e questo resterà per sempre. André the Giant era già André the Giant, e questo resterà per sempre. Akira Maeda non sarà mai grande come sarebbe potuto essere, rimane un nome fra tanti, famoso per uno Match Shoot orribile e per una carriera nelle MMA discreta, ma che non lo ha reso un immortale. Probabilmente lui fu quello che ci perse più di tutti e probabilmente se lo meritava, ma nonostante questo, le giustificazioni per gli altri due non possono essere prese in considerazione. Le vere vittime, quella sera, furono le persone sedute nella City Gymnasium Hall di Tsu, che si aspettavano di vedere uno spettacolo, ma videro l’anticamera della stupidità umana, in un teatrino adatto soltanto per ricordarsi che cose come quella è meglio non succedano mai più.

Direttore di Zona Wrestling. Appassionato di vecchia data, una vita a rincorrere il Pro Wrestling, dal lontano 1990. Studioso della disciplina e della sua storia. Scrive su Zona Wrestling dal 2009, con articoli di ogni genere, storia, Preview, Review, Radio Show, attualità e all'occasione Report e News, dei quali ha fatto incetta nei primi anni su queste pagine. Segue da molti anni Major ed Indy americane e non.