Mi tocca di nuovo. Un’altra settimana arriva il mio turno, dopo giorni di reclusione, coordinazione, consigli, rimproveri, correzioni. Mi tocca di nuovo mettere mano alla tastiera nel momento più difficile della nostra generazione. E’ sempre molto difficile, a tratti non realmente comprensibile, ma se anche un una piccola goccia nel mare come quello che facciamo noi, può essere il motivo di una riflessione, un sorriso, uno svago, o qualunque cosa porti per qualche secondo via da ciò che sta succedendo, allora è giusto, adesso più che mai, andare avanti e farlo. Scrivere, anche se si scrivono solo cazzate. Anche se solo il disgustare per la pessima grammatica, o l’inorridire per le idee strampalate, possono essere il modo di lasciarsi per un po’, alle spalle, il caos, allora è giusto farlo. E allora eccomi, eccoci, qui, per noi e per voi, perché se è vero che siamo solo una goccia, è anche vero che il mare non esisterebbe senza le stesse.
Ed è vero, soprattutto, che quest’anno l’edizione di Wrestlemania sarà storica, e mai come stavolta lo sappiamo prima ancora di vederla. Il Granddaddy of Them All per ben 35 edizioni ha avuto critiche, positive e negative, edizioni belle e brutte, migliori e peggiori, e soprattutto storiche, e non. Già, perché non tutte le Wrestlemania sono uguali, come normale, non tutte sono state grandiose, incredibilmente pessime o semplicemente normali. Ci sono Wrestlemania che fanno parte della storia per un motivo preciso, proprio come succederà quest’anno.
Come non considerare storica la primissima edizione di Wrestlemania? La numero uno, quella nella quale Vince McMahon investì ogni sua moneta, quella nella quale si giocò tutto, cercando di diventare l’imprenditore potente che è adesso, cercando di dare al Pro Wrestling un nuovo volto, globale, universale, galattico. Wrestlemania 1, al Madison Square Garden, sarà soltanto la prima di tre edizioni che, a mio modo di vedere, vanno ricordate per qualcosa.
La numero due infatti, seppur diametralmente opposta a la numero uno, deve prendere necessariamente posto nella storia. Una delle edizioni più brutte, mal riuscite e caotiche della storia. La tripla sede, Uniondale, Rosemont e Los Angeles, fu un vero fallimento. La messa in onda al lunedì e ad essere sinceri anche la Card, furono delle scelte incomprensibili e disastrose, mosse che, se considerate e attuate l’anno prima, quando davvero tutto era in gioco, avrebbero potuto mettere ben presto la parola fine sul dominio di Vince sul Wrestling americano.
E’ chiaramente, poi, c’è la tre. L’edizione svoltasi al Silverdome di Pontiac, di fronte a decine di migliaia di spettatori, in uno stadio, con idee che facevano tesoro della prima e della seconda esperienza, con un nuovo passo in avanti, a osare, ancora una volta, dove nessuno aveva mai osato. Vince McMahon vinse ancora, di nuovo, fra le lacrime nel ricordare suo padre e fra i suoi più grandi alfieri, da Hulk Hogan a André the Giant, da Macho Man a Ricky Steamboat.
Wrestlemania ha poi vissuto di alti e bassi non particolarmente importanti, con un picco durante il Main Event di Wrestlemania 6, quando per la prima volta due grandissimi e amatissimi Face si affrontarono, Hulk Hogan e Ultimate Warrior, e quando per la prima volta ci fu, per qualche momento, un doppio campione, intercontinentale e WWF. Per tornare però a un’edizione davvero storica, dobbiamo arrivare fino al 1994, quando, per un decennale d’eccezione, si torna al Madison Square Garden di New York, con Vince McMahon saldo sul trono del potere e ignaro che questo stava per scricchiolare, con Shawn Michaels e Razor Ramon, con Yokozuna e Lex Luger, con Bret Hart. Una nuova generazione che di li a poco avrebbe, seppur con difficoltà immense, slavato la baracca e protetto l’impero del proprio signore.
Wrestlemania c’è stata ogni anno, e se andiamo a guardare, quasi sempre potrebbe esserci qualcosa da ricordare. Dopo la 10 però, il vero punto di svolta, storico e legato al futuro, è stato senza ombra di dubbio il momento nel quale Stone Cold Steve Austin, nella numero 14, ha sconfitto Shawn Michaels, in quel di Boston, Massachussets, per diventare campione del mondo della WWF, consacrando quella vittoria del King of the Ring di due anni prima che aveva sancito il lento e inesorabile ritorno alla vetta della compagnia di Vince McMahon, da un sacco di tempo ormai vessata da Ted Turner ed Eric Bischoff.
Con Wrestlemania 15 e 16 anonime e distratte, la compagnia si rende conto che c’è bisogno di una svolta, e proprio quando la WCW e la ECW diventano proprietà della WWF, acquisti che sanciscono che sanciscono la sua vittoria finale, ecco che la WWF tira fuori quella che da molti è considerata la più bella ed emozionante edizione di Wrestlemania di sempre: la numero 17. Siamo al Reliant Astrodome di Houston, in Texas, e lo spettacolo è eccezionale. I migliori nomi dell’epoca, da Triple H a Undertaker, da Stone Cold Steve Austin a The Rock, le leggende, le Divas migliori, Kurt Angle, Chris Jericho, Chris Benoit, insomma, il meglio di quell’epoca.
Dopo l’edizione numero diciassette, soltanto un anno dopo, potremmo paragonare ciò che successe nella diciotto a qualcosa già visto durante la sei. Stavolta non ci sono titoli in palio, però, ancora una volta i più amati Face del momento si affrontarono in un uno contro uno che divise il mondo del Wrestling: Icon vs Icon, allo Skydome di Toronto, Ontario, Canada, The Rock vs Hulk Hogan. Potrei anche nominare la 19, ma è più una cosa personale, ritengo invece che oggettivamente si tratti di una bella edizione di Wrestlemania, ma non inseribile nell’annovero di quelle che hanno lasciato qualcosa di storico, se non una Shooting Star Press botchata da Brock Lesnar. La venti invece, proprio come la dieci, torna al Madison Square Garden di New York, con il ritorno della Hall of Fame e la presentazione dei nuovi introdotti anche durante lo svolgimento dello Show. 5 ore di spettacolo, nel quale la maggior parte del Roster ha avuto il suo spazio e nel quale, soprattutto, abbiamo visto quello che probabilmente è il più bel Main Event della storia di Wrestlemania, con Chris Benoit che sconfigge Triple H e Shawn Michaels in un Triple Threat Match, laureandosi campione del mondo.
Per quanto mi riguarda, a livello temporale, bisogna andare avanti adesso di 10 anni per ritrovare un’altra storica edizione di Wrestlemania. Bisogna finire al Superdome di New Orleans, Louisiana,a per la numero 30. Direi che, oltre al Main Event, nel quale Daniel Bryan ha sconfitto Randy Orton e Batista laureandosi campione del mondo, il fatto che più di tutti si è scontrato contro tutti i fan nello stadio e in giro per il mondo, è stato Brock Lesnar che, per la prima volta nella storia, è riuscito a mettere le spalle di Undertaker al tappeto, facendo segnare un numero “1” nel suo record, cosa fino a quel momento impensabile.
E ahimé, la prossima edizione storica di Wrestlemania, che questa venga rinviata o no, sarà quella di quest’anno. La numero 36, purtroppo, sarà quella storicamente peggiore, perché costretta all’oscurità, alla visione a metà, alla clausura. Un’edizione di Wrestlemania che entra nella storia, dentro un’epoca che entrerà nella storia. Un’edizione schiacciata dalla forza maggiore causata da qualcosa che non si è mai visto in era moderna. Qualcosa che dobbiamo continuare a combattere, e che, sono sicuro, sconfiggeremo. Ma questo non cancellerà ciò che sta succedendo e non cancellerà, tantomeno, i motivi terribili per i quali anche Wrestlemania 36 sarà ricordata per sempre da qualunque fan di Wrestling.