Il mondo del wrestling è qualcosa di meravigliosamente complesso nella suo essere binario: un buono ed un cattivo che lottano per un obiettivo, per orgoglio, o per vendetta. straordinario constatare la longevità della WWE ed altrettanto impressionante risulta osservare quante federazioni eteronome rispetto al monopolio di Stanford stiano vivendo una solta di rinascimento culturale o, per alcuni, anticulturale: AEW, TNA, ROH, NJPW, NWA e chi più ne ha più ne metta.

Come scritto in precedenza, la rivoluzione promessa dalla AEW, almeno al momento, non ha avuto luogo. Questa non vuole essere una critica gratuita, intendiamoci: lo show su TNT offre una valida alternativa per tanti talenti, è un ottimo show di wrestling ma resta comunque ancorato ad un canovaccio classico, se pur ottimamente eseguito. Lo stravolgimento copernicano così fortemente spinto alla vigilia, in fin dei conti, non è avvenuto e probabilmente non avverrà mai: tuttavia ciò non significa, ripeto, che la AEW non possa crescere in modo esponenziale come qualità e forza. Ma quali sono state in epoca recente le compagnie che hanno realmente cambiato il wrestling?

Restando nell’ultimo trentennio, la ECW ha basato il suo enorme successo su un altissimo coefficiente di violenza perfettamente incastonato in un’epoca che aveva bisogno proprio di quello. Sangue, violenza uomo/donna, brutalità, highflying, senso di esclusività: su queste basi la compagnia ha creato una piccola rivoluzione, costringendo pian piano la WWE ad assorbirla ed anemizzarla. Senza dubbio, l’unico vero elemento fortemente rivoluzionario dell’epoca recente.

La TNA, per un brevissimo periodo, ha creato qualcosa di simile valorizzando nuovamente i pesi leggeri e soprattutto il wrestling femminile come NESSUNO prima, ma anche qui, il conformarsi ha poi portato ad un naturale e fisiologico ridimensionamento. La NJPW, al giorno d’oggi, probabilmente offre il prodotto per rapporto qualità/originalità migliore in circolazione ed ha senza dubbio alterato fortemente lo stile nordamericano, rendendolo piu´realistico e tendente allo stiff (NXT è fortemente influenzato come prodotto dal wrestling proposto dalla NJPW) ed anche la UFC, a modo suo, ha influenzato il prodotto attuale rivoluzionandolo in certi ambiti. Menzione d’onore per la NWA, ma piu´che una rivoluzione si tratta di un ritorno alle origini: tuttavia la federazione capace effettivamente di creare qualcosa di totalmente originale, al pari della ECW, è stata Lucha Underground.

Capisco innanzitutto le critiche mosse a questo prodotto: esageratamente splatter/fantasy/b-movie oriented in molte delle sue sfaccettature, al punto da poter risultare effettivamente poco digeribile per un pubblico poco abituato al chili ed avvezzo a pasta al sugo e merluzzo gratinato. A me personalmente faceva impazzire, ma al di là dei gusti personali è innegabile come il prodotto offrisse specificitá e sfaccettature uniche, originali e per certi versi rivoluzionarie: Lucha Underground manca a me come fruitore ed anche al wrestling in generale.

Guardare LU per me era un’esperienza davvero rinfrescante. La presentazione del “Tempio” come una dimensione isolata ed a se stante, gli intermezzi girati con altissimi valori produttivi (ridotti nella quarta stagione per motivi di budget), la presenza come direttori e produttori di gente come Burnett e Rodriguez, i match limati in post produzione ma sempre rapidi, coinvolgenti ed originali assieme a quella fittissima, irresistibile aria “pulp” che permeava tutto lo show mi dava l’impressione di assistere qualcosa di diverso rispetto alla routine comunque gradevole degli show di wrestling canonici.

Gli elementi base sono, se ci pensiamo, sempre gli stessi: un multi-man match, due o tre segmenti “parlati” di cui un talkshow, due match femminili dal minutaggio più o meno generoso, due showcase matches per il main eventer di turno e una manciata di interviste e videopackages, tutto assemblato in modo logico o randomico a seconda delle esigenze e della sapienza produttiva. Capita molto, molto di rado di assistere a scene da film collegate in modo sequenziale a ció che accade sul quadrato bell to bell, o di rivalità che evolvono in modo lento verso un chiaro obiettivo finale: oggi le storyline sono quasi sempre preriscaldate e monoporzione, almeno nel main roster WWE.

Piaccia o non piaccia, dunque, LU proponeva senza dubbio alcuno qualcosa di diverso, coadiuvata da una serie di elementi asserviti allo scopo: il format in tapings, la post produzione, la durata limitata dello show, un roster folto ma non troppo e, soprattutto, una divisione in stagioni. Il concetto di “Ultima Lucha”, ossia le due puntate conclusive che sancivano la fine della stagione gettando in pochi minuti finali  semi per quella successiva, era qualcosa di vincente, in grado di sciogliere senza dubbio alcuno tutti gli incroci, le rivalità, le corde narrative tese nel corso di 30 o 40 episodi. Lo stesso concetto, in piccolo, che avevano anni fa i primi PPV. E questa differenza produttiva è stata notata, come evidenziato nell’ultima intervista condotta da Chris Van Vliet con ospite Vampiro, sia dalla AEW che dalla WWE, che hanno attinto a piene mani dal roster.

Ricochet, Morrison, Swerve Scott, Killer Cross (tenetelo d’occhio) sono attualmente in WWE e quest’ultimo in particolare potrebbe divenire in brevissimo tempo uno dei talenti di punta al pari se non piu´dello stesso Ricochet per una questione di talento microfonico. Angelico, Jack Evans, Lucha Brothers, Sammy Guevara, Luchasaurus, Jeff Cobb (da vedere in che termini), Jake Hager costituiscono una delle due colonne portanti della AEW, assieme al gruppo “Elite” che ha abbandonato la NJPW per imbarcarsi in questo ambizioso progetto. Taya, The Mack e Brian Cage, infine, militano ad Impact! e soprattutto quest’ultimo rappresenta una delle maggiori attrazioni proposte e proponibili dalla ei fu TNA.

Morale della favola, se tutti questi talenti oggi costituiscono parte integrante dei roster delle tre maggiori federazioni del panorama Nordamericano, gli occhi erano evidentemente puntati su LU già da molto tempo. Il problema di questa federazione, probabilmente, è stata la fisiologica incapacità di trattenere talenti al termine di ogni stagione, perdendo pezzi sempre più importanti non riuscendo a sostituirli adeguatamente e non capitalizzando, dopo la stagione uno, andando on the road e proponendo altre entrate in grado di poter effettivamente sostenere il livello di qualità proposto (ed in calo netto con la quarta ed ultima stagione). I soldi di un network modesto come El Rey e quelli di Netflix, evidentemente, non sono bastati.

A me Lucha Underground manca, ma so che oramai è un prodotto morto e sepolto: il suo coefficiente rivoluzionario, tuttavia, è evidente ed innegabile guardando i roster odierni. Ora giro la domanda a voi: quanto questo prodotto è effettivamente ascrivibile come rivoluzionario e quanto è difficile sostenere questa esigenza di rinnovamento ed originalitá nel 2020?