E alla fine si sono riuniti definitivamente. Non c’è più spazio per rinfacciarsi le occasioni perse, per gli appuntamenti mancati. Adesso c’è solo lo spazio per la redenzione reciproca, per le scuse, per il dialogo. Un dialogo che andrà avanti per l’eternità, un’eternità che sarebbe stata tale ugualmente, vent’anni prima o dopo, non faceva differenza, e allora perché?
Perché dopo un po’ di tempo a pensare a ciò che il Wrestling ha offerto di buono, controverso o curioso nel corso degli anni, si deve tornare a parlare dell’abitudine angosciante della prematura dipartita che affligge il nostro svago e il loro motivo di vita. Questa morte che non può fare a meno di falciare il prossimo sulla lista, ormai senza cappuccio per nascondere le sue orribili fattezze, senza nemmeno un po’ di silenzio attorno, senza farti giocare nemmeno l’ultima partita a scacchi.
Se ne va Road Warrior Animal, e insieme a lui se ne va inevitabilmente Joseph Michael Laurinaitis. Chi era in realtà? Lo dicono tutti, una delle cose più difficili per un lottatore e essere qualcun altro fuori dal Ring, ed è per questo che quella cresta non l’ha più tagliata. Ormai era un animale, di quelli che zoppicano, che non possono più cacciare da soli, ma restava un animale, e restava sulla strada.
Restava là, a chiedersi giorno dopo giorno se la sua vita era stata troppo giusta con lui e troppo poco giusta con il suo vecchio amico. Alzava gli occhi al cielo ogni notte e lo cercava fra le stelle, ma i falchi la notte non si vedono e soltanto dopo tante notti, si rese conto che l’unico animale rimasto a odorare l’aria era lui. Hawk, che ormai era rimasto soltanto un Michael Hegstrand qualsiasi, non lo si poteva più vedere.
Forse era anche un po’ il suo desiderio, incontrarlo di nuovo. Con due moto fiammanti e chilometri di strada, avrebbero potuto tornare ad essere un’unica entità, capace di cambiare completamente le sorti e gli equilibri di una disciplina, torcendo con forza l’abitudine della massa e ricucendo gli strappi ovunque, dai piccoli palazzetti del mid-west, fino ai grandi stadi in Europa.
Se n’era andato nell’ormai lontano 2003, Hawk. Se n’era andato per davvero, libero dai vizi e libero dalle virtù che a quei vizi lo avevano spinto. Se ne va adesso Animal, libero dalle sue virtù, anch’egli, e libero dal vizio di pensare che aveva perso qualcosa dal quel giorno lontano di 17 anni fa.
Si possono passare ore a cercare di capire e sapere che cosa si sia portato via Animal, che lascia su questa terra una famiglia di successo, un fratello, un figlio. Lascia su questa terra una schiera di fan che tante volte avevano cercato di difenderlo puntando il dito verso il suo vecchio partner, incapaci di capire che nel mondo del Wrestling, essere una coppia come furono una coppia i Legion of Doom, non era una cosa che capita tutti i giorni. Tutti a puntare il dito incapaci di capire che lui, quel dito, aveva smesso ormai di puntarlo da anni, e adesso guardava al cielo per cercare una speranza, e non una scusa.
Muore a 60 anni Animal, troverà alle porte del paradiso un giovane 46enne ad aspettarlo. 46, tanti erano gli anni cavalcati da Hawk prima di morire. Morti premature, tristi. Morti purtroppo abituali. Morti che ci fanno pensare una volta in più che forse, la normalità, nel mondo del Wrestling non è uguale alla normalità del resto dell’universo. E’ agghiacciante, dirlo, ma è la realtà, purtroppo. E’ la realtà che per un Pro Wrestler cresciuto negli anni 60 e attivo negli anni 80 e 90, morire a 40, 50 o 60 anni, non è prematuro.
Gli dei che guardano da lassù, forse, vogliono i migliori e i migliori si prendono. Forse sono loro che tentano col dolce sapore delle dipendenze, mostrandole come fossero demoni, scaricando le colpe delle conseguenze dei loro desideri. Forse, semplicemente, il Professional Wrestling è uno stile di vita che porta dentro qualcosa di marcio, che spinge a non fermarsi, a non smettere mai, perché non da garanzie, di resa né di successo. Forse gli dei non c’entrano.
Saranno sdraiati su una nuova accanto alle motociclette parcheggiate, Hawk ed Animal. Saranno sereni in qualche discussione da bar pessimo, ricordando il passato e guardando a un lunghissimo futuro. In veglia eterna, custodi di ciò che hanno lasciato e di ciò che hanno costruito. Penitenti per ciò che si sono portati dietro e per ciò che hanno distrutto. Ma sempre, e comunque, in un olimpo riservato ai più grandi, quelli che anche se gli dei non hanno fatto niente per averli, adesso non li possono lasciare andare via.